Andare
a Palmarola diventa un pensiero fisso, quasi un’ossessione, appena la
si vede circondata da tutte le sfumature del rosso e dell’oro durante i
sempre differenti tramonti.
Non a caso un vecchio detto ponzese dice:
<<Parmarola m’ha ccuòtte u core.>> (Palmarola mi ha cotto il cuore).
Ma
questa attrazione per la piccola isola gioiello dell’arcipelago, si
trasforma in amore totale solo quando si inizia a scorgere il verde-blu
indescrivibile delle sue acque, il colore “verde di Palmarola” come dice
l’artista Ike.
Palmarola
è un vero luogo dell’anima, in cui solo ascoltando le armonie del mare e
il silenzio della terra, si ritrova se stessi rigenerati a vita nuova.
Non
a caso si dice <<Chiste è u paese addò nun se jastémme né se
prèche a Ddje.>> (Questo è il paese dove non si bestemmia né si
prega Iddio).
Infatti,
non c’è bisogno di pregare, perché la presenza del divino è in ogni
singola roccia ed anfratto, immanente nella Natura stessa.
Altrimenti non è spiegabile come abbiano potuto solo il mare e il vento creare la Cattedrale a Cala Tramontana, o la Grotta di Mezzogiorno, solo per fare due esempi esaustivi.
Palmarola è l’isola paradiso dei ponzesi, l’isola sacra perché San Silverio ha colto qui la palma del martirio.
Palmarola è isola di cristallo, per la presenza dell’ossidiana, il vetro vulcanico che attirò l’uomo preistorico.
Palmarola
è il tesoro nascosto che ogni ponzese ha nel cuore, non a caso per dire
<<hai trovato un tesoro>> si dice << È truvate a rène
i Parmarole>> (Hai trovato la sabbia di Palmarola).
E
quando la barca mette la prua verso Ponza, Palmarola ti strappa una
promessa in fondo al cuore, a fior di labbra: <<Ritornerò>>.
Forse ho trovato << a rène>>.
<<Chiste è u paese addò nun se jastémme né se prèche a Ddje.>>
“Perché la vita stessa è preghiera materializzata, la Natura è monumento inimitabile, simbolo ed emblema della religiosità dell’uomo sa o non sa cogliervi”. Gin Racheli, “Le isole ponziane, rose dei venti: natura, storia, arte”,
Milano, Mursia, 1986.