Tutto iniziò con una bustina di semi che un'amica di famiglia regalò a Lavinia Taverna...
Nel 1956 il Marchese Gallarati Scotti e la moglie Lavinia Taverna acquistarono, ad un'asta giudiziaria, una proprietà rurale vicino ad Ardea, sul litorale laziale.
Quel posto era brullo, c'erano ancora le mine e bombe che erano una conseguenza dello Sbarco di Anzio.
Piantarono pini ed eucalipti per proteggere il casale dal vento che sul litorale soffia spesso.
Ma da una bustina di semi è nato un giardino bellissimo...
"Gouache" di Alessandro D'Anna nel 1820. Raffigura il porto di Ponza. Si vede la palazzina a due piani, la cupola della chiesa e la Torre. Al molo la lanterna. D'Anna qui documenta che il bianco calce è per tutte le abitazioni. E' bianco anche il Foro Borbonico. Nota: "Gouache" alla francese è la tecnica del guazzo che utilizza un tipo di colore a tempera reso più pesante con l'aggiunta di un pigmento bianco (gesso) mescolato con la gomma arabica
Con la data del 25 aprile ricordiamo la Liberazione dell'Italia dall'occupazione nazifascista e non dobbiamo dimenticare quanti hanno sacrificato la loro vita per la libertà. Alcuni non sono riusciti a vedere l'Italia libera... Antonio Camporese è tra questi... Fu ucciso dai tedeschi il 28 aprile 1945 a Porta Savonarola, una delle vie d'accesso di Padova, proprio mentre era in corso l'ultimo scontro armato in quella città. Aveva solo 39 anni...nel pieno della vita... Era nato a Padova il 21 febbraio 1906 ed era un operaio meccanico che durante il regime fascista, per le sue idee, venne mandato in carcere e poi al confino, anche nell'isola di Ponza. E proprio all'isola di Ponza conobbe e sposò una donna ponzese, Carolina Guarino, che condivise con lui anni difficili e di persecuzioni visto il momento ed il contesto in cui si trovarono. Antonio Camporese, dopo la sua morte, venne insignito, dallo Stato Italiano, della medaglia d'argento al valor militare con questa motivazione: "Distintosi in azioni di sabotaggio durante tutto il periodo dell'occupazione tedesca, partecipò attivamente ai combattimenti, intesi ad impedire l'accesso al nemico alla città di Padova, al momento della ritirata, per preservare l'abitato da inevitabili distruzioni, incontrando gloriosa morte". Onore a questi eroi, spesso dimenticati, che hanno fatto grande l'Italia...
Antonio Camporese
Porta Savonarola, a Padova, il luogo in cui fu ucciso Antonio Camporese
Maria Vitiello, sorella di don Mario, sindaco di Ponza verso la metà degli anni settanta, è stata una delle prime partigiane. Dopo settanta anni da quel 25 aprile, giorno della Liberazione, è importante ricordare queste figure che tanto hanno dato alla nostra Italia. Maria Vitiello, a Ponza lavorava nella farmacia di famiglia e nel retrobottega erano in affitto alcuni confinati. Tra quei confinati c'era Gianbattista Canepa e tra i due sbocciò l'amore. L'amore tra le ponzesi e i confinati era ostacolato dai fascisti e dalle loro famiglie ma, nonostante le avversità, molte coppie riuscirono a sposarsi. Maria Vitiello sposò Gianbattista Canepa, nel 1931, il loro testimone di nozze fu Lelio Basso. La giovane Maria condivise in pieno le idee di Canepa, nome di battaglia "Marzo", anzi lo aiutò nella lotta contro il nazifascismo. Dopo l'otto settembre 1943, "Marzo" ebbe un ruolo molto importante per la Resistenza in Liguria e Maria raggiunse i partigiani in montagna diventando una di loro. Ha rischiato la vita ed è uscita da alcune brutte situazioni grazie alla sua prontezza di spirito ed al suo coraggio. Grazie a persone come lei che oggi possiamo festeggiare il 25 aprile, giorno della Liberazione.
Buon 25 aprile!
Maria Vitiello, la prima partigiana d'Italia, accanto al marito Gianbattista Canepa, il comandante "Marzo"
Maria Vitiello con la figlioletta Enrica (Le foto sono tratte dal libro "All'isola di Ponza" di Silverio Corvisieri) Nota: Pare che Maria Vitiello sia stata la prima partigiana d'Italia. A tal proposito ecco cosa scrive Silverio Corvisieri in Zi' Baldone: "Raggiunse i partigiani sulle montagne e divenne una di loro: secondo molte fonti fu la prima donna ad essere accettata nelle file dei partigiani che, oltretutto, nel settembre del 1943, non erano molto numerosi."
Questa Cisterna, situata in pieno centro storico, è stata dimenticata per molto tempo, se ne era persa la memoria. Un sito archeologico a cui tengo molto, di cui ho scritto tanto in altri post (qui e qui), è la grande Cisterna di Via Parata, anticamente chiamata anche Palazzo di Pilato, che è posizionata proprio dietro casa mia. Sicuramente era collegata attraverso un condotto con quella del Corridoio in via Comandante che è sottostante. Non ci sono mai entrata e non la conosco se non attraverso le foto, le mappe o i racconti di persone che si rifugiavano in caso di allarme aereo durante la seconda guerra mondiale. Mio nonno, Salvatore Conte, contadino di sopra i Conti, aveva una concessione grazie alla quale nella Cisterna di Via Parata poteva preparare il concime per i suoi terreni a base di alghe con l'aiuto dei coatti. Questo a dimostrare i molteplici usi nel corso dei secoli... Oggi praticamente è impossibile entrarci...addirittura ci sono costruzioni abusive all'interno... Ma possibile che non interessi a nessuno recuperarla??? Eppure è raccontata in molti libri... Tanto per citarne qualcuno... Il Tricoli nella Monografia per le isole del Gruppo Ponziano, del 1855, così descrive la Cisterna di Via Parata o del Bagno: "Sono due grotte incavate l'una sopra l'altra nel masso del colle, di palmi 300 lunga, e 200 larga ognuna, le volte sostenute da piloni sovrapposti ai primi, formano ciascuna di esse otto spaziose navate; è magnifico il cavamento, avendo la volta di mezzo massiccia non più di palmi 15. La inferiore anticamente per tradizione, come ci dice ancora Pacichelli, era chiamata grotta di Pilato. Ora i due terzi sono ridotti a prigione con quattro fori nella volta." Così scrive Giovanni Maria De Rossi in "Ponza, Palmarola, Zannone" : "Nella grande cisterna, ubicata oggi in via Parata, fu ricavato l'alloggio per i forzati, con la creazione ed il ripristino delle antiche prese di luce e aria, al fine di rendere meno disagevole il soggiorno. Nella pianta di Winspeare si dice espressamente "quartiere per i forzati coi suoi lucernaj". A quanto pare la storia di Ponza passa pure da lì... I trecento di Pisacane erano rinchiusi in quel Bagno penale. Per quanto riguarda le cattive condizioni in cui versano le Cisterne di Ponza scrive così Carla M. Amici nel libro "Le isole Pontine attraverso i tempi": "Attualmente la maggior parte delle cisterne è in cattivo stato di conservazione per i cedimenti della roccia; alcune inoltre, in mancanza di precisi vincoli archeologici, vengono utilizzate come scarico di immondizie o adatte a abitazione murandone le aperture e approfondendone i vani praticabili." Ma come si fa a distruggere delle opere così imponenti solo in virtù di allargare qualche camera o costruirsi un bagno in nome del dio denaro??? La Cisterna di Via Parata è paragonabile per imponenza alla Piscina Mirabilis di Bacoli o al Cisternone di Formia. Oggi le vie d'accesso a questa Cisterna sono in mano ai privati...dentro c'è di tutto...addirittura gente senza scrupoli si è spartita gli spazi per i propri interessi... I materiali di risulta delle varie abitazioni della zona che hanno fatto lavori di ristrutturazione sono stati scaricati lì dentro...e già per liberarsene bisogna portarli alla discarica di Penitro, vicino Formia, ovviamente pagando. Ma chi ce lo fa fare quando abbiamo una discarica a portata di mano...e soprattutto gratis...avranno pensato questi incivili. Uno schifo!!! Delle antiche prese di luce e aria qualcuna è stata murata e dall'esterno non è più visibile ma dall'interno si può vedere come quella accanto al palazzo rosa, chiusa con uno strato di mattoni negli anni sessanta. Qualche anno fa sulla stradina, sempre dietro al palazzo rosa, è stata aperto un antico varco per poter entrare nella Cisterna. Da lì si scende per sette o otto metri. Poi ci sono i due pozzi con delle grate come protezione finiti in proprietà privata... Purtroppo questa è Ponza... Io continuerò a porre l'attenzione su questa Cisterna che è un Bene Archeologico di tutti noi.
E' situata in pieno centro storico
Proprio qui, dietro il palazzo rosa c'è la maestosa Cisterna di via Parata
Sotto questo muretto bianco c'è l'ingresso alla Cisterna di via Parata e questa stradina veniva chiamata "Via del Bagno Penale"
Il varco aperto sulla stradina lo scorso anno per accedervi, era una delle prese di luce e aria
Qui si vedono i due pozzi ricoperti da una grata di protezione
Uno dei due pozzi
In questa piantina è disegnata anche la Cisterna di via Parata
In questa piantina si vede il quartiere dei forzati con i suoi lucernaj
Una pianta della Cisterna di Via Parata o del Bagno realizzata nel 1770 da Giovanni D'Alessio
I pescatori ponzesi sono conosciuti in tutto il Mediterraneo per la loro bravura per la loro capacità a svolgere questo mestiere.
Si sono spinti con le loro barche, un tempo a remi, in luoghi lontanissimi pur di lavorare, di far campare la famiglia.
Sono approdati in un'isola a nord di Tunisi, La Galite, dove costituirono una piccola Ponza.
A tal proposito ecco cosa scrive Corvisieri: "Come raccontano tante leggende sulle fondazioni di città, anche per la Galita c'è un delitto all'origine della nuova comunità. Antonio D'Arco, un uomo rude e coraggioso, forse collerico, certamente autoritario, proprio nel 1867, a 41 anni, era dovuto fuggire da Ponza dopo aver ridotto in fin di vita un domiciliato coatto. Si era imbarcato su una corallina torrese e, una volta giunto nelle acque africane era disceso a Le Calle dove più tardi si era fatto raggiungere dalla moglie, cinque figli e un fratello. Come i renitenti alla leva o altri ricercati dalla giustizia italiana, anche Antonio D'Arco non poteva più tornare indietro, ma a differenza degli altri, non si adattava alla nuova vita. In una dichiarazione resa alle autorità tunisine sostenne che a Le Calle soffriva di febbri malariche. In realtà egli amava quel senso di totale libertà, se si vuole, quell'illusione di libertà che soltanto l'isola può dare. E la Galita era lì a portata di mano. Nel 1872 ruppe gli indugi; caricò su una barca moglie, figli, pochi mobili, ben sette fucili da caccia, un pò di sementi, qualche animale, e con questa mini-arca di Noè approdò all'isola deserta per fondarvi una comunità: la sua!"
Furono raggiunti in questa isola da altri ponzesi dove portarono i loro costumi, le loro tradizioni ed anche il culto di San Silverio. Alcuni iniziarono a coltivare la terra, costruirono parracine, scavarono le grotte per alloggiare proprio come fecero i coloni quando giunsero a Ponza nel '700.
Nel 1983 sull'isola era rimasto solo Giovanni D'Arco che era un pronipote di quell'Antonio che fondò la comunità ponzese.
Anche questa è una pagina di storia ponzese.
Un pò di foto de La Galite reperite in rete
La piantina dell'isola La Galite
Il video in cui i pescatori di Ponza, Salvatore Schiano e Silverio Conte raccontano della Galite...molto interessante con belle immagini...c'è anche un intervento di Ernesto Prudente Il video è stato realizzato da Rossano Di Loreto
La cappella votiva che si trova proprio sulle scalette che portano sopra Giancos, all'isola di Ponza, è dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Fu costruita nel 1929 per volere di don Luigi Coppa e fino a che visse il sacerdote veniva celebrata la ricorrenza religiosa. Don Luigi Coppa morì sette anni dopo la costruzione di questa Cappella.
La Cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù (estate 2016)
La Cappella votiva di Giancos e don Luigi Coppa
La celebrazione del Sacro Cuore davanti alla Cappella di Giancos...quanta gente!!! (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Già prima della colonizzazione Borbonica i pescatori ischitani con le loro veloci feluche si spingevano fino a Ponza. Probabilmente, qualche volta, si saranno trovati in difficoltà ed avranno pregato la Madonna della Salvazione, protettrice dei marinai.
Nella chiesa dello Spirito Santo ad Ischia Ponte c'è un dipinto di un Anonimo che deve essere un ex voto, pare sia del XVII secolo.
Eccolo...
Nel dipinto, in basso, si legge la parola PONZA. Ai piedi della Madonna è rappresentato il litorale con il Circeo e sotto Ponza, Ischia. Su Ponza si vede una chiesa ed una torre. Nel mare in tempesta le barche. A proposito della Madonna della Salvazione così scrive Vincenzo Bonifacio in "Pontio l'isola di Pilato": Il culto della Madonna della Salvazione è stato importato a Ponza intorno ai primi del Seicento dai pescatori ischitani che, durante la bella stagione, vengono a pescare intorno al nostro arcipelago. In base ai pochi elementi che emergono dalle documentazioni si può ipotizzare che, in origine, la piccola chiesa fosse localizzata in una grotta, in seguito il culto fu trasferito in una nuova costruzione ai margini della vicina falesia; sul finire del Settecento anch'essa fu abbandonata e fu inaugurata una nuova chiesa detta del "Purgatorio" all'ingresso del cimitero nella quale è tuttora presente un'antica statua della Vergine col Bambinello che reca, alla base, l'iscrizione M.D.S."
Questa foto è del 2013
Questa foto è del 2016...stessa Madonna, vestito diverso ma soprattutto dov'è finito il Bambinello??? Qualche giorno fa c'è stato il gemellaggio tra Ponza e l'isola madre, Ischia, da cui provengono buona parte degli antenati dei ponzesi. Con gli ischitani abbiamo in comune il dialetto, i costumi, il cibo...anche il culto della Madonna della Salvazione.
Il matrimonio, un tempo, a Ponza, era un evento...ne ho già scritto in questo blog, qui, nel post "'U spusalizio i nà vota".
Un pò di foto che ho trovato nell'album di famiglia
Bella questa coppia...la sposa è Giuseppina Mazzella...sotto c'è la firma del fotografo Aristide
Questa coppia di sposi sono Giuseppe Iacono (figlio di Silverio e Candida Califano) e Civita Cristo. Hanno vissuto negli Stati Uniti.
Questa coppia di sposi sono i miei genitori, Ciro Iacono ed Elvira Conte. Era il 18 settembre del 1947.
Questi sposi sono Aniello Iacono e Renata Iossa. Accanto a Renata c'è uno zio mentre vicino ad Aniello mio nonno Peppino Iacono. Vivono negli Stati Uniti. La foto è stata scattata nel settembre 1959 al ristorante Bellavista.