martedì 28 settembre 2021

A Prièzze

 A Prièzze è il nome di una casa che si trova, all'isola di Ponza, sugli Scotti di sopra ed è oggetto dell'ultimo libro dell'architetto Giuliano Massari.

Il titolo del libro è "PONZA Scotti di sopra. Un fabbricato speciale della metà del sec. XIX"

Giuliano analizza i vari aspetti architettonici, racconta un pò la storia di questo edificio, costruito su uno sperone di roccia, con le varie testimonianze, con vecchie foto prima della ristrutturazione. Una bella testimonianza è quella di Adriana Scotti che racconta la casa appartenuta a sua nonna con molta nostalgia. In quella casa ha abitato dal 1963 al 1967 anche un pittore americano, Paul Thek e proprio lì dipinse diversi quadri.

Nel 1984 la casa fu venduta e ristrutturata.

Ecco il racconto di Ernesto Prudente in uno dei suoi libri:

"...Una terrazza che dominava un vasto settore della costa orientale dell'isola. Uno scenario che va dai faraglioni del Calzone muto ai faraglioni della Madonna passando per le Formiche, e arriva a Le Forna,a Zannone. Sotto, un mare dai colori diversi perchè di diverso è il fondo marino. Un mare maestosamente bello in ogni sua dimensione..."

"...All'ingresso della casa di Roberto notammo, cementata nel muro, una mattonella con sopra scritto: "A Prièzze". Che bella parola. Che magnifica espressione.

"A Prièzze" è una parola di origine partenopea, di grande finezza, di grande squisitezza, di immensa delicatezza. Era usata anche nel vocabolario ponzese. Una parola in declino sia per la decadenza della parlata dialettale ma soprattutto perchè è meno frequente, se non raro, oggi, con i valori della vita moderna, vedere, incontrare o sentire uno che è "priate".

"A Prièzze" è un qualcosa che sta dentro, nell'animo, nel cuore, e che si riesce a esternare e a palesare più con lo sguardo, con la manifestazione, che con le sole fredde e aride parole..."

"..."A Prièzze" è un insieme di allegrezza, letizia, gaudio, contentezza, gioia, esultazione, giocondità nel senso di gratificazione che appaga, che premia, che allieta, che soddisfa. Essa esprime sia il piacere dell'animo che il piacere dei sensi..."

Ernesto aveva suggerito quel nome al proprietario della casa.





Il portoncino d'ingresso della casa con la mattonella "A Prièzze"




A destra la casa

Il panorama con i Faraglioni della Madonna


I Faraglioni del Calzone Muto

(Luglio 2009)


La copertina del libro di Giuliano Massari

domenica 26 settembre 2021

La tragedia della Capovento

 Un naufragio avvenuto nel novembre del 1965 di una nave vinacciera poco lontano dall'isola di Palmarola, nell'Arcipelago Ponziano.

Per saperne di più su questo fatto di cronaca ho cercato tra i fascicoli di Ponza Mia. 

Ecco il brano che ho trovato:

"La sera di martedì 16 novembre 1965 alcuni marittimi di Ponza corrono in Capitaneria per avvertire di aver visto segnali luminosi giungere da qualche miglio a sud delle Formiche. Sono le 16 circa. Il Comandante  del Porto maresciallo di II cl. Giovanni Trovato, di concerto con il Comandante la Stazione dei Carabinieri Brig. Aldo Bedronici, predispone di uscire col motoscafo "Carabinieri 3" e col motoveliero "Papà Vincenzino" di Ponza, al cui comando Peppino Mazzella (Sigaretta). 

Giunti sulla zona indicata scorgono una nave al centro di un fuoco di riflettori provenienti da altre navi anche esse accorse. Quando vi arrivano ad una distanza di qualche centinaio di metri vedono il piroscafo partire  e un peschereccio staccarsi da babordo. Onorino Mazzella comandante del peschereccio (il cui equipaggio è tutto ponzese) , dice che una nave straniera gli ha consegnato una lancia col cadavere di un marinaio dentro e lo ha fatto per ordine dell'Autorità Marittima di Napoli. A fianco del peschereccio è una piccola imbarcazione con a bordo il capitano marittimo Umbertino Conte. Questi, che è stato il primo a correre sotto la nave e a salire a bordo, appena nel porto consegna al Comandante della Capitaneria un dispaccio di pugno dal Comandante della nave..."

"...I caratteri stampati sembrano russi ( dopo Onorino stesso troverà un secondo dispaccio sul "Maestrale", su cui è scritta la nazionalità (Bulgara della nave). Dietro la Caletta una folla di persone si accalca. Il cadavere di un bel ragazzo giace supino sul pagliuolo di una lancia di salvataggio. La lancia è sfondata e dentro, accanto al morto, vi è un'accetta. Fotografie; misurazioni; appunti vari. Quindi il Comandante del Porto e il Comandante la Stazione dei Carabinieri ascoltano i loro Ufficiali superiori. Verso le 20,30 il Compamare Gaeta comunicava essere stata avvistata da nave Russa il relitto di una nave capovolta a circa quattro miglia da Palmarola. Peppino Mazzella col "Papà Vincenzino" e Peppino Feola col peschereccio "Pola" sono già pronti ad uscire alla ricerca di eventuali naufraghi. Ma un gruppo di esperti, marittimi li sconsiglia perchè, mancando la necessaria illuminazione, non possono avvistare naufraghi in mare; anzi data la forza del mare, potrebbero addirittura speronarli. Alle 21, 50 il Pretore di Gaeta dr. Frunzio autorizza la rimozione del cadavere dalla spiaggia all'obitorio. alle ore 1,30 di mercoledì la redazione de "Il Mattino" telefona ai Carabinieri di Ponza per sapere se stavano giungendo sul posto dove è stato segnalato il relitto, la Corvetta "Danaide", partita da Napoli e altre unità partite da Gaeta. Il Comandante del Porto e il Comandante del Carabinieri si recano sulle alture dell'Isola e scorgono solo verso le tre luci di riflettori al largo di Punta Fieno. Ai primi albori il "Papà Vincenzino" con a bordo oltre l'equipaggio, Capo Trovato, un Carabiniere e un gruppo di ponzesi, parte per collaborare alle ricerche. Queste risultano vane. Verso le 12 viene segnalato da parte degli aerei l'avvistamento dello scafo capovolto. Si muove allora la "Pola" che riviene il relitto esattamente a cinque miglia a NW di Palmarola nella direzione "punta tramontana - secca di tramontana". Sul posto si trovano già i rimorchiatori "Mastino" di Gaeta e "San Cataldo" di Napoli che hanno già iniziato i tentativi di aggancio per il traino del relitto a Gaeta.

Intanto il mercoledì sera giungono a Ponza due uomini che si presentano ai Carabinieri come parenti di uno dei marinai componente l'equipaggio della motocisterna "Capovento" di 150 tonnellate. Nella caserma al solo vedere la fotografia del cadavere scoppiano in un pianto dirotto: sono proprio i parenti di Vito Barraco di 24 anni da Trapani, marinaio da poco imbarcato sulla "Capovento". Analoga scena si ripete nell'obitorio del Cimitero quando avviene l'incontro con le spoglie dell'estinto. Attraverso il loro racconto riusciamo a sapere che la motocisterna "Capovento" era partita da Cagliari nella giornata di sabato 13 novembre carica di vino, diretta ad Anzio. In un primo momento, per la violenza del mare avevano fatto un accostamento verso Arbatax e successivamente non avevano dato più notizie."


Palmarola con il mare in tempesta

(Foto di Marianna Licari)


Il relitto capovolto della nave "Capovento"  a Gaeta ed accanto il rimorchiatore "Mastino"

(Dal sito "La voce del marinaio")


Il bastimento "Papà Vincenzino" di Peppe Mazzella (Sigaretta)


giovedì 23 settembre 2021

La Dragonara...perchè si chiama così?

 In  un video di Folco Quilici Mari dell'uomo. Bestiari degli abissi  mi sono imbattuta nella figura della Dragunara. 

Secondo una tradizione calabrese la Dragunara è una donna drago abitante gli abissi marini che provoca le trombe marine che si combatte con l'arte delle parole e la forza di magici coltelli.
Mi sono incuriosita... ho cominciato a cercare ed ho scoperto qualcosa.
Il termine Dragunara (Tracunara) proviene da tracon che in greco vuol dire condotto di acque.
A Miseno c'è la grotta della Dragonara (Tracunaria) che è una cisterna d'acqua, scavata nel tufo, proprio come quella che abbiamo a Ponza, con opus reticolatum, ricoperta da uno stucco bianchissimo adatto ad un serbatoio d'acqua.
Ma anche a Sassari scorrono fiumi sotterranei i dragunaggi, vene d'acqua che scavano strade nel sottosuolo ed attraversano la città.
A quanto pare la parola Dragonara ha sempre a che fare con l'acqua (grotte o cisterne d'acqua)
Potrebbe essere che la zona della Dragonara, a Ponza, abbia preso questo nome proprio dalla cisterna e non viceversa.
Questa cisterna è già citata dal Pacichelli nel 1685 così: Più avanti è quella della Dragonara, che raffigura una peschiera di acqua sorgente assai buona, dove fanno acqua i navili, che talvolta per tempesta vi approdano...
Invece il Tricoli la descrive così: Vedesi incavata nella roccia in quadro per 150 palmi ogni lato, sostenuta da cinque ordini di piloni, è spalmata d'intonaco. Oggi è conserva d'acqua.




La scalinata che porta sulla Dragonara


In questa piazzetta un tempo c'era questo pino


Uno scorcio



Antico palazzetto



La Cisterna della Dragonara

lunedì 20 settembre 2021

Buon Compleanno Papà!!!

Non c'è giorno in cui non parliamo di te, sei sempre nei nostri pensieri. 

Buon Compleanno Papà ovunque tu sia!!! 

Il ricordo non muore mai...


Mio padre Ciro Iacono, maestro d'ascia dell'isola di Ponza, mentre sta costruendo un modellino di barca


venerdì 17 settembre 2021

Una splendida corte interna nel centro storico di Ponza

 All'isola di Ponza, a due passi dal porto borbonico, all'interno dell'Hotel Feola, c'è una corte interna splendida, ricca di piante ed oggetti che creano una bella atmosfera. Tutto curato con ingegno e passione da Maria Feola, una splendida signora sempre sorridente.

Un tempo era una piccola pensione creata dai suoi genitori Salvatore ed Assunta poi è diventato un Hotel curato nei minimi particolari.

Nel 1953 vennero ospitati anche Auguste Piccard ed il figlio Jacques che raggiunsero con il batiscafo Trieste la profondità di più di 3150 metri.

Complimenti a Maria Feola per la sua creatività!!!


































Le foto sono di Annalisa Sogliuzzo  (Giugno 2021)

mercoledì 15 settembre 2021

Il cappottino di Mirella

 Nella sala consiliare del Comune di Ponza c'è una stanza dedicata al Santa Lucia, piroscafo affondato il 24 luglio 1943 quando stava per giungere a Ventotene. La maggior parte delle vittime erano ponzesi. 

In quella stanza sono raccolti reperti ritrovati in fondo al mare,oggetti, foto di persone disperse  ma, quando l'ho visitata, molti anni fa, il mio sguardo è finito sul cappottino di Mirella.

Le era stato regalato dal papà Carmine Romano, nel febbraio del 1943, quando si trasferirono lei e la mamma a Gaeta per raggiungerlo poichè era finanziere di mare in quella cittadina.

Mirella aveva solo due anni e quello fu l'unico regalo del suo papà, non ne ebbe il tempo di riceverne altri. La mamma lo aveva conservato gelosamente per tanto tempo.

La tragedia del Santa Lucia ha sconvolto tante vite ma soprattutto quella di Mirella che perse il padre in quell'affondamento. Per anni erano circolate voci, leggende ma nessuna verità.

Mirella appena ha potuto si è data da fare per raggiungere questo obiettivo: conoscere la verità e ci è riuscita.

È stata un’operazione di guerra in quanto gli alleati volevano fiaccare l’Italia bombardando tutto quello che capitava.
Quella mattina del 24 luglio 1943 gli aerei erano otto ed erano partiti dalla base di Protville, in Tunisia.
Quattro si lanciarono sul Santa Lucia mentre gli altri colpirono una piccola imbarcazione, presumibilmente tedesca.
Nel 2008 è riuscita a ritrovare anche un superstite, per puro caso.
È Vincenzo Moretti, in quel tempo carabiniere, si trovava su quella nave insieme ad altri colleghi. Non sapeva nuotare e si salvò restando attaccato ad un pezzo di legno.

Io però ho una testimonianza di quella tragedia, quella di mia madre Elvira.
Era appena diciassettenne ed era andata a Ventotene il 18 luglio per aiutare sua sorella Olga che aveva due bambine piccole.
Racconta che su quella nave c’era anche una sua amica, Antonietta Galano e si dovevano incontrare a Ventotene.
Mia madre vide l’orribile spettacolo dell’affondamento dalla finestra di casa di don Aniello Conte, suo zio, che era cappellano dell’ergastolo di Santo Stefano.
In 28 secondi la nave affondò con il suo carico di vite umane, lasciando sulla superficie del mare un’enorme macchia.
Racconta anche che il giorno precedente all’affondamento, oltre al Santa Lucia, fu mitragliata la lavanderia di Santo Stefano, per fortuna senza danni. Lei ed altre persone trascorsero la notte in una grotta sotto l’ergastolo.
Anche se era molto giovane ricorda perfettamente quell’orrore.

Quel cappottino è lì come testimonianza che per un'impresa scellerata una bambina non ha potuto avere l'amore di un padre e che l'ha segnata per tutta la vita.
Non bisogna dimenticare...

Nota:
Qualche mese fa è uscito un libro "SILURATE 24 luglio 1943" di Luciano Zani in cui si documenta ampiamente questa immane tragedia



Mirella indossa il suo cappottino



Il modello del piroscafo Santa Lucia e Mirella


L'incontro con Vincenzo Moretti, il sopravvissuto


Il Santa Lucia all'isola di Ponza

(Le foto sono state gentilmente concesse da Mirella Romano)



Il Santa Lucia


Il Santa Lucia a Gaeta

(Foto di Carlo Di Nitto)

sabato 11 settembre 2021

San Silverio a New York

 Oggi 11 settembre sono trascorsi vent'anni da quel tragico giorno che sconvolse il mondo. Guardando il telegiornale e vedendo le Torri Gemelle mi sono ricordata che qualche anno fa avevo salvato sul computer una foto con l'immagine di San Silverio a New York.

San Silverio avvolto dalle nuvole è proprio sopra le due Torri. Negli Stati Uniti, soprattutto a New York, ci sono tanti ponzesi e sicuramente avranno chiesto protezione al nostro Santo Patrono.


L'immagine è stata reperita in rete


venerdì 10 settembre 2021

I pescatori Ponzesi in Sardegna dal Settecento ai giorni nostri

 E' il titolo di un libro molto interessante scritto da Gino Usai e appena pubblicato.

Gino racconta ampiamente i primi passi dei pescatori ponzesi in terra di Sardegna ma non solo. Possiamo leggere storie sconosciute, aneddoti,  incontrare personaggi, ci fa catapultare in quel mondo fantastico.

Molto toccante è il racconto di Silverio Conte detto Facciabruciata che Gino ha intervistato nell'agosto del 1996, ma ce ne sono altri interessanti. 

I pescatori ponzesi hanno portato le loro competenze in tutto il Mediterraneo, hanno insegnato il loro modo di pescare al popolo sardo che fino al loro arrivo erano dediti all'agricoltura, alla pastorizia,  non andavano a mare. Poi in seguito dopo un pò di diffidenza sono cominciati gli scambi, prima erano solo per la sopravvivenza. Scambiavano i pesci con formaggio, prodotti agricoli. Per i pescatori ponzesi la vita era durissima, stavano lontani mesi dalle loro famiglie, dalla loro isola. Alcuni, in seguito, si sono fermati in terra di Sardegna ed hanno fatto fortuna. Ancora oggi, in Sardegna, possiamo trovare nomi come la "Cala dei ponzesi",  testimonianza del loro passaggio.

Ovviamente il culto di San Silverio li ha sempre accompagnati ovunque nel loro peregrinare e in quei luoghi ancora ci sono testimonianze.

Un libro che, per chi come me ha sete di sapere della storia di Ponza, deve leggere.

Complimenti a Gino per questa bellissima opera!!!

Il libro è reperibile presso l'edicola di Ricciolino, sulla piazzetta di Sant'Antonio, all'isola di Ponza



In copertina i "Faraglioni del Calzone Muto" all'isola di Ponza


martedì 7 settembre 2021

La Madonna della Salvazione

 Già prima della colonizzazione Borbonica  i pescatori ischitani con le loro veloci feluche si spingevano fino a Ponza. Probabilmente, qualche volta, si saranno trovati in difficoltà ed avranno pregato la Madonna della Salvazione, protettrice dei marinai.

Nella chiesa dello Spirito Santo ad Ischia Ponte c'è un dipinto di un Anonimo che deve essere un ex voto, pare sia del XVII secolo.
Nel dipinto, in basso, si legge la parola PONZA. Ai piedi della Madonna è rappresentato il litorale con il Circeo e sotto Ponza, Ischia. Su Ponza si vede una chiesa ed una torre. Nel mare in tempesta le barche.

A proposito della Madonna della Salvazione così scrive Vincenzo Bonifacio in "Pontio l'isola di Pilato": Il culto della Madonna della Salvazione è stato importato a Ponza intorno ai primi del Seicento dai pescatori ischitani che, durante la bella stagione, vengono a pescare intorno al nostro arcipelago. In base ai pochi elementi che emergono dalle documentazioni si può ipotizzare che, in origine, la piccola chiesa fosse localizzata in una grotta, in seguito il culto fu trasferito in una nuova costruzione ai margini della vicina falesia; sul finire del Settecento anch'essa fu abbandonata e fu inaugurata una nuova chiesa detta del "Purgatorio" all'ingresso del cimitero nella quale è tuttora presente un'antica statua della Vergine col Bambinello che reca, alla base, l'iscrizione M.D.S."

I naviganti ponzesi, quando partivano verso mete lontane, passavano tra lo Scoglio Rosso e le Grotte di Pilato, volgevano lo sguardo verso la chiesetta del Cimitero, in cui c'è, anzi c'era, la statua della Madonna della Salvazione, toglievano il cappello in segno di rispetto, e recitavano una preghiera.
In quella chiesetta la mattina  dell'otto settembre,  all'alba, come ricorda Angelina Lamonica, scendevano da Le Forna i fedeli, cantando " venjmme a salutà a Ddje e a Madonne" . Nei giorni precedenti, quando iniziava ad albeggiare si facevano le novene, in onore della Madonna nella chiesetta del Cimitero. 


Il dipinto nella chiesa dello Spirito Santo ad Ischia Ponte


La Madonna della Salvazione che era sull'altare della chiesetta del Purgatorio nel cimitero di Ponza. E' molto antica, credo sia del  Seicento
(Estate 2013)


Sull'altare da molti anni c'è solo una foto della Madonna



La chiesetta del Purgatorio, all'interno del Cimitero di Ponza, dove, un tempo, sull'altare c'era la statua della Madonna della Salvazione venerata dai naviganti ponzesi

(Estate 2021)

domenica 5 settembre 2021

Considerazioni di fine estate

Ponza è un'isola sfruttata all'inverosimile durante l'estate ed abbandonata a sè stessa durante l'inverno, credo che il suo declino rischi di essere irreversibile,

Ogni giorno sbarcano da traghetti e aliscafi frotte di persone che un tempo chiamavamo villeggianti ma che oggi non saprei nemmeno come definire. È solo turismo giovanile in cerca dell'aperitivo, del chiasso, che spesso si ubriaca, ma della bella gente che veniva prima neanche l'ombra. Per strada solo urla disumane e musica a palla. Ma c'è davvero bisogno di tutto questo? 

L'isola quest'anno era molto più sporca degli anni precedenti. Le vie non sono state mai spazzate e degli operatori ecologici nemmeno l'ombra nelle strade secondarie. Questi si limitavano solo allo svuotamento dei cestini sul Corso. I cassonetti erano stracolmi d'immondizia, topi e blatte. E pensare che per questo servizio inesistente sono arrivate bollette con cifre stratosferiche...ci vuole un bel coraggio!!! La differenziata? Un sogno ormai.

Nella piazzetta di Giancos è impossibile fermarsi poichè si rischia una pallonata considerando i numerosi gruppi di ragazzini che vi giocano. Per carità è giusto che si divertano, però avrebbero bisogno di altri spazi. Per non parlare delle panchine che sembrano delle casse da morto, molto scomode e brutte, così la gente non si siede e i giovani hanno campo libero. Altro capitolo è la piazzetta di Sant'Antonio invasa dai tavolini dei ristoranti che rendono difficile il passaggio delle persone che già devono stare attenti alle numerose buche presenti sul marciapiede.

Il comune cittadino ha perso tutto, anche il sedersi in piazzetta e fare quattro chiacchiere con gli amici.

Parliamo ora del Corso che è diventato una specie di mercato in cui ognuno espone la propria "mercanzia" solitamente abiti. Tutto è uguale. Attraversare le strade è un continuo districarsi tra i tavoli dei locali e di gente in attesa di poter mangiare. Inolte nonostante l'Ordinanza di obbligo di mascherina all'aperto pochi la indossavano e i controlli sono stati quasi inesistenti.

Per non parlare dei Beni Archeologici fatti finire nell'oblio. Le Cisterne Romane continuano ad essere chiuse, non si sa perché. Inolte il pozzo sovrastante a quella del Corridoio, davanti al palazzo rosa, sopravvive solo grazie alle cure di mia sorella Olimpia e di suo marito. Avrebbe fatto una brutta fine senza le loro attenzioni. Infatti, qualche ignorante ha detto apertamente che dava fastidio a chi deve passare con l'auto. Evidentemente non sanno che il pozzo esisteva già molti anni fa, ma se ne era persa la memoria. Anzi un questo momento è uno degli angoli più belli di Ponza.

E' stato devastato anche il vetro che ricopriva la fogna borbonica sul piazzale della chiesa, era una testimonianza del passato. C'è una tale ignoranza!!!

Altro che cultura...si dovrebbe guardare la vicina Ventotene che zitta zitta con la visita del Presidente della Repubblica Mattarella di pochi giorni fa è finita nei Telegiornali nazionali.

Eppure Ponza ne ha di storia da raccontare...

Nelle altre isole ho visto molte auto elettriche invece a Ponza solo vetture puzzolenti e quindi inquinanti.

L'isola ha perso la sua identità ormai è solo una macchina per fare soldi.



Il muretto della Parata versa in condizioni pietose



Ancora il muretto della Parata, l'ordinanza è del 2009, bel 12 anni fa



Immondezzaio in Corso Umberto


Immondezzaio sopra i Guarini


Cestini stracolmi sul Corso


Buste piene d'immondizie abbandonate sulle scale


La recinzione della fogna borbonica sul piazzale della chiesa



Qui si vede la fogna borbonica illuminata ed il vetro rotto



Il vetro che copriva questo reperto archeologico è sprofondato




Sotto ad un balcone in Corso Pisacane qualcuno ha disegnato una svastica



Ecco una delle panchine che sembrano casse da morto



Macchine parcheggiate di fronte al pozzo della Cisterna Romana del Corridoio così si rischia di travolgerlo. Ma una volta non c'era il divieto di sosta??? Dove sono i vigili?

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