mercoledì 30 marzo 2022

Un vecchio proverbio marinaresco

 Decètte Pulecenèlle: pe mare nun ce stanne tavèrne

( disse Pulcinella: per mare non ci sono taverne)

Questo proverbio i marinai lo introducono spesso nei loro discorsi. Significa che per mare bisogna essere prudenti, che durante la navigazione non troverai un riparo aspettando che passi la tempesta.






Mare in tempesta all'isola di Ponza

(Foto di Dimitri Scripnic)

domenica 27 marzo 2022

San Silverio al Fieno

 All'isola di Ponza, in località Fieno, in questa lingua di terra, alle pendici del monte Guardia, si è sempre prodotto il miglior vino dell'isola fin dall'arrivo dei primi coloni.

Ci sono diverse cantine, fuori a quella di Giustino Mazzella, c'è una bellissima edicola votiva dedicata a San Silverio.

Non ne conoscevo l'esistenza ma pochi giorni fa Lina Raso ha postato la foto su Facebook.

Ho fatto qualche ricerca ed ho scoperto che dietro la statuetta del Santo è conservato il testo di un inno a San Silverio realizzato da padre Carlo Colafrancesco 


L'edicola votiva dedicata a San Silverio al Fieno

(Foto gentilmente concessa da Lina Raso)




La Punta del Fieno

(Foto di Rossano Di Loreto)

venerdì 25 marzo 2022

NO alla guerra

 In questi giorni, attraverso i telegiornali, rimbalzano nelle nostre case immagini di sofferenza e di paura  provenienti dall'Ucraina, nel cuore dell'Europa. Case devastate, gente che cerca in tutti i modi di scappare dal paese d'origine, che sofferenza...i suoni delle sirene che invitano le persone a ripararsi in caso di bombardamento.

Immagini che pensavamo di non vedere più.

Durante la seconda guerra mondiale anche all'isola di Ponza spesso suonavano le sirene quando c'erano aerei in avvicinamento. La gente della zona del porto cercava rifugio nella grande Cisterna di via Parata..

Gianni Rodari in questa poesia cerca di far capire il significato della guerra ai bambini che in questo momento scappano con le  madri in altri paesi europei mentre i  papà combattono per la loro terra.

Promemoria

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno, né di notte,
né per mare, né per terra:
per esempio, la guerra.

Qualche foto della manifestazione per la pace che si è svolta a Ponza il 6 marzo


I bambini di Ponza dicono NO alla guerra


Alcune donne ucraine presenti nell'isola 


La bandiera della pace


Nina, dolce signora ucraina ma ponzese d'adozione, con la nipote 

(Foto di Rossano Di Loreto)



martedì 22 marzo 2022

U summarièlle

 Quanne a marine fa a fonte

( quando la marina fa la pozzanghera)

E' un fenomeno che avviene sulla spiaggia di Sant'Antonio quando si crea ad alcuni metri una pozzanghera. A Ponza viene chiamato summarièlle, la bassa marea.









Isola di Ponza, spiaggia di Sant'Antonio, u summarièlle

(Foto di Giovanni Pacifico)

domenica 20 marzo 2022

I spàlece

 In dialetto ponzese i spàlece sono gli asparagi. 

Ernesto Prudente in un suo libro così scrive:

" Pianta selvatica della macchia mediterranea. Nasce a cespuglio e i rami sono ricoperti da foglie spinose, rigide e pungenti. Una volta con i rami dell'asparago si confezionavano ghirlande.

In primavera dalle radici, che sono dei rizoma, nascono i germogli o turioni che costituiscono la parte commestibile della pianta. I ricercatori sono tanti anche se la raccolta, per vari e differenti motivi, non è cosa semplice. Si cucinano in diversi modi: in primo luogo a frittata con uova, pecorino grattugiato, prezzemolo, sale e pepe. A tal proposito bisogna ricordare che i vecchi contadini di Palmarola nella frittata aggiungevano qualche uccelletto tritato e poi, cosa molta importante, le uova che usavano erano quelle di gabbiano.Le raccoglievano dai nidi, situati sempre su rocce scoscese e pericolose, tanto che spesso si legavano con una fune, e prima di romperle, le mettevano in un recipiente pieno d'acqua. Quelle che si posavano sul fondo erano buone mentre quelle che rimanevano a galla erano "sciacque" , contenevano già il pulcino. Il risotto con gli asparagi è cosa sublime. Eccellenti  sono lessi conditi all'insalata con olio crudo, aglio e limone. Ninotto Scotti, il papà del dottore Isidoro, ne usciva pazzo. Infine, lessati leggermente in acqua e aceto, asciugati per bene vanno riposti in un barattolo riempito di olio di semi . Formano un componente dell'antipasto che per pregio sovrasta gli altri."

A Ponza c'è la Macchie i spàlece una zona chiamata così sopra gli Scotti, verso il Bagno Vecchio probabilmente ricca di asparagi.



 


Gli asparagi
(Immagini reperite in rete)



  In lontananza l'isola di Palmarola                                                                                                                    
(Foto di Rossano Di Loreto)


Entroterra dell'isola di Palmarola 
(Foto di Dimitri Scripnic)

venerdì 18 marzo 2022

La festa di San Giuseppe

 Nel mese di marzo a Ponza, nella frazione di Santa Maria, si festeggia San Giuseppe dove a due passi dalla spiaggia c'è una chiesa che è un gingillo, un amore, tenuta benissimo, dedicata proprio al Santo.

La chiesa di San Giuseppe fu costruita sul terreno donato da Pietro Mazzella detto "Pietr uapp", ma pare che già nel 1228 esistesse una chiesa a Santa Maria.
 Infatti il "Codex Cajetanus", riporta, sotto la data del 1 dicembre 1228, l'accettazione da parte di Leone, prete della chiesa di Santa Maria, nell'isola di Ponza, di un legato a favore di detta chiesa fatto da D.Maria Gattola (fonte: Fabrizio M.Apollonj Ghetti "L'arcipelago pontino nella storia del Medio Tirreno")
La prima pietra venne benedetta il 4 marzo 1828, dal vescovo di Gaeta Monsignor Parisio ma i lavori furono interrotti dall'improvviso crollo del tetto.
E pensare che gli abitanti di quella zona ci tenevano tanto alla loro chiesa, avevano trasportato le pietre durante i lavori per costruirla.
Il 15 novembre 1886, dopo aver sperato inutilmente che riprendessero i lavori, gli abitanti di Santa Maria e dei Conti mandarono una petizione al papa Leone XIII chiedendo un aiuto.
Già in quella petizione scrivono di San Giuseppe come Protettore.
Fanno presente che la chiesa di Ponza Porto è distante e durante l'inverno non riuscivano ad andare a Messa.
Finalmente i lavori della chiesa ripresero ed il 21 giugno 1895 venne consacrata dal vescovo di Gaeta.
Venne affidata al sacerdote don Antonino Conte, anche lui si era prodigato scrivendo una lettera al Re chiedendo il completamento  della chiesa. E poi ancora don Aniello Conte, nipote di don Antonino Conte, di cui ho già raccontato in altri post.
Per molti anni è stato parroco della chiesa di Santa Maria don Salvatore Tagliamonte.













Festa di San Giuseppe, marzo 2018 (foto di Rossano Di Loreto)


La frazione di Santa Maria nei primi anni del '900


Don Antonino Conte a cui fu affidata la chiesa nel 1895

martedì 15 marzo 2022

Una bellissima goletta

 Il San Ciro era una bellissima goletta con due alberi costruita a Torre del Greco nel 1923 dal maestro d'ascia Giuseppe Porzio.

Durante una terribile tempesta nel 1925 all'isola La Galite, in Tunisia, molte imbarcazioni ponzesi affondarono, il San Ciro fu l'unica che scampò. Il comandante grazie alla sua prontezza e abilità, con molta fatica, riuscì a portarla a ridosso.

Silverio Conte, fratello di Giuseppe i Mamène, comandante della goletta legò alla cima la statuetta di San Silverio che avevano a bordo, la gettò in mare dicendo che l'avrebbe ritirata sopra solo quando il mare si fosse calmato.

Si racconta che dopo la tempesta recuperando la cima dal mare non c'era più la statuetta ma la ritrovarono poco dopo in un angolo a prua.

Il San Ciro successivamente fu acquistato da Antonio Feola, Tatonno primo, che cambiò il nome alla goletta dandogli quello di Maria Pace Feola.

(Notizie attinte dal libro "Ponzesi gente di mare. storie di barche di pesca, di navigazione" di Silverio Mazzella)



La goletta Maria Pace Feola ex San Ciro al porto di Ponza


La Galite, 1939


Una piccola statua di San Silverio

domenica 13 marzo 2022

Un dipinto di San Silverio

 La pittrice Florentine Wallner di origine tedesca ma ponzese d'adozione qualche settimana fa ha postato sul suo profilo Facebook un bellissimo dipinto di San Silverio.

Florentine ha realizzato anche un affresco sulla deposizione di Papa Silverio, nel 1989,  nella chiesa del porto. E' la figlia del tedesco della Ravia, Claus, pittore anche lui.



Il dipinto di San Silverio



L'affresco che raffigura la deposizione di San Silverio realizzato nel 1989

(Foto di Marianna Licari)

venerdì 11 marzo 2022

La canzoncina della Madonna della Salvazione

 O Vergine bella 

madre d'amore

tu sei la stella che guarda il mar

per te stan l'onde

stan l'onde quiete

se fischia il turbo, 

si freme il mar.

A te ricorre

il buon nocchiero 

prima di porre

la nave in mar

e se confida

confida in te,

in te, sua guida.

D'ogni periglio

sa di scampar.

(Tratta dal libro di Gino Usai "I pescatori ponzesi in Sardegna dal Settecento ai giorni nostri")

I marinai ponzesi quando partivano da Ponza con i loro bastimenti per andare in Sardegna passavano sotto il cimitero tra lo Scoglio Rosso e le Grotte di Pilato. Sul promontorio nella chiesetta del Purgatorio c'era la statua della Madonna della Salvazione ed i marinai si toglievano la coppola, alzavano lo sguardo, chiedevano protezione intonando questa canzoncina. 




Tra lo scoglio Rosso e le Grotte di Pilato i marinai ponzesi passavano con i loro bastimenti

(Foto di Rossano Di Loreto)



La statua della Madonna della Salvazione che era nella chiesetta del Purgatorio all'interno del Cimitero. E' molto antica, credo sia del '600.


La chiesetta del Purgatorio dove c'era la statua della Madonna della Salvazione.


Goletta nel porto di Ponza



mercoledì 9 marzo 2022

U pàppece

 Con il  termine pàppece, in dialetto ponzese, viene chiamato il tonchio le cui larve mangiano i semi dei legumi e dei cereali bucando il loro interno.

Come sempre dobbiamo ringraziare il GRANDE Ernesto Prudente che ci ha tramandato attraverso i suoi libri il dialetto, le tradizioni, le storie dell'isola di Ponza. Credo che senza di lui il nostro patrimonio culturale sarebbe già disperso da tanto tempo.

Ma torniamo al termine pàppece...

Ernesto racconta che "...un alunno ne parlò ampiamente in un compito sull'economia del paese e sul lavoro del padre. Lo scolaro, ad un certo punto, sapendo che "pàppece" era termine dialettale, si rivolse al maestro chiedendogli come quello schifosissimo e ripugnante animaletto si chiamasse in italiano. Il maestro, ignaro della traduzione, senza farsi accorgere si rivolse al collega che stava nell'aula contigua. Anche qui ignoranza completa. Allora il maestro con una serie di perifrasi imbambolò l'alunno e gli fece scrivere "pàppece". I due insegnanti divulgarono la richiesta, dopo aver consultato tutti i libri di scienze a loro disposizione, enciclopedie comprese, tra queste la Treccani, ma nessuno in paese seppe dare la giusta risposta. Ognuno cacciava un eufemismo dal suo repertorio.

La cosa rimase a lungo lettera morta ma venne ridestata, come la principessa addormentata, da un involontario scartabellare. Il figlio del maestro a cui era stata chiesta la traduzione della parola dialettale, un bambino di sette anni, un pomeriggio sdraiato sul divano sfogliava uno dei volumi dell'enciclopedia Conoscere, per gli alunni della scuola elementare, era il sottotitolo. E così, a caso, gli capitò sotto gli occhi una pagina con baccelli di ogni specie, colorati in modo tale come se fossero reali. Il bambino più che leggere, perchè le parole scritte erano poche e le pagine erano piene di disegni e di foto. Guardò quei baccelli di ogni specie di legumi, c'erano anche i lupini, così ben colorati come erano ben colorati di nero quegli animaletti che cercavano di forare il legume. Il bambino,al secolo Paolo Scotti, ricordandosi della ricerca paterna, corse trafelato dalla mamma, pensando di aver scoperto la luna, mostrandole il contenuto della pagina della sua enciclopedia. La mamma, maestra anch'essa, dotata di intelligenza e di accentuato umorismo, guardò il figlio negli occhi dicendogli: " vai a trovare tuo padre (come se ogni cosa della vita: quella sbagliata o brutta è sempre paterna, il contrario appartiene alla mamma) e digli di venire a casa.

Totonno, che sembra quel monaco che canta e porta la croce, sto immaginando anche la reazione di Lola, femmina dotata di scheletro, rientra immediatamente, consulta il libro che gli dà motivo di allargare la ricerca. Forte dei dati acquisiti, si attacca al telefono per rendere edotto anche il collega, che di nome fa Ernesto, che si dà da fare nella sua più ricca biblioteca.

L'indomani due classi del plesso di Santa Maria trattarono l'argomento "Pàppece" come se fosse una lezione sul primo trapianto cardiaco."

Un vecchio proverbio ponzese a proposito del pàppece recita così:

Decètte u pàppece nfacce a fave: damme tièmpe ca te spertòse (disse il tonchio alla fava: dammi tempo che ti forerò)



L'isola di Ponza di tanto tempo fa


Le fave





I pàppece

domenica 6 marzo 2022

L'isola di Ponza nel XVI secolo

 Com'era Ponza prima delle costruzione realizzate dai Borboni? Non c'erano le strade di oggi ma solo antichi cammini.

Non riesco ad immaginarla...

Dal libro di Apollonj Ghetti "L'Arcipelago Pontino nella storia del Medio Tirreno" ho trovato una relazione interessante che ci dà qualche descrizione e osservazione.

"L'isola di Pònza"ha bonissimo e bello Porto", in esso "ci è una Torre circondàta dal mare alta canne ventidue e fonda altretante e, benchè dimostri esserneci stati quattro solari, nondimeno uno solamente sta in piedi e gli altri tre sono roinati".

Nell'isola "ci sono anche edifici antichi, però roinati, che dimostrano essere stata Terra abitata e bella"; vi sono anche "molte grotte di capacità di duemila persone e più, con l'acqua di cisterna"; v'è "un bello pozzo sorgente abbondantissimo che sta al Porto".

La relazione menziona inoltre " vestigi di belli giardini, Massarie, vigne, pascui, belli territori e campi da seminare".

Dice che l'isola è "abbondantissima di legnami belli e grossi, Peschiera di Pesci e coralli" e che, a quanto si riferisce, vi sono "saline e miniere d'oro e d'altri metalli, caccie di capri e conigli, e diverse altre comodità"

L'isola "è un luogo di bellissimo aere, che dimostra essere Fortalezza grandissima e che da tempo in qua è stata disabitata".

Il rapporto aggiunge tuttavia "che, per quello se v'intende, da alcuni mesi in qua ci sono andate da venti a trenta persone, che ci tagliano legna e ci pescano e cavano molto frutto".

Quanto a "li deritti che sono soliti esiggere li Castellani e Guardiani di detta Insula" , essi "consistono in esigere scudi (?) sei per ogni Nave grossa da due coperte, e da navi d'una coperta scudi(?) tre; da Caravelle quindici in venti carlini per ciasched'una, e da altri vascelli che applicano la pro rata; e dalli Pescatori la decima di quello che pigliavano tanto di pesce quanto di coralli, ed un rotolo di pesce per barca il dì al castellano per dignità". 

Il documento aggiunge che nell'isola " si è solita fare l'osteria, con potestà di vendere robba al doppio di quello compravano in Terra, ed esigere uno scudo per testa delli schiavi e meretrici che ci capitavano".

Questa relazione è del XVI secolo.



La Terra Aurunca e il Golfo di Napoli viste dai Saraceni, 1525, PIRI RE'IS



In questa carta del 1807 sono citate anche le località



Disegno di Ponza  fatto eseguire da Sir Hamilton nel '700

venerdì 4 marzo 2022

Ricordo di Lucio Dalla

 Ricordo di Lucio Dalla nato il 4 marzo 1943



Isola di Ponza, Lucio Dalla nella stradina che porta alla spiaggia di Santa Maria

Foto di Luigi Ghirri, anni '80

Tratto da un post di Isole Minori, progetto di ricerca sulle isole minori italiane

Isole minori su facebook @isoleminorifoto https://www.facebook.com/isoleminorifoto/ 

Isole minori su instagram https://www.instagram.com/isoleminori/?hl=it


mercoledì 2 marzo 2022

La Quaresima ponzese

 Durante la Quaresima, un tempo, si usava appendere alla porta una bambolina.

Di questa tradizione ne ho sentito parlare...ma io non la ricordo, credo sia ormai scomparsa ed è un vero peccato.
C'era anche una filastrocca che faceva così:
 " Na quareseme secca secche,
 se mangiaie na fechesecche,
 e decette dammene une 
se pegliaie nu cauce 'ngule. 
E decette dammene nate, 
ce menaie na scuppettate"
Maria Conte, la mia amica che abita a Padova, cultrice delle tradizioni ponzesi, così racconta la Quaresima ponzese:
La bambolina rappresenta una vecchietta con i capelli bianchi, che sta filando la lana, segno del tempo che scorre.
Sul capo, infilzate in una comune patata, si mettono 7 penne di gallina ovvero 6 nere ed 1 bianca.
Le 6 nere rappresentano le 4 Domeniche di Quaresima (I-II-III-IV), poi quella che si chiama Domenica di Passione ed infine Domenica delle Palme. Quella bianca significa la Pasqua di Resurrezione.
La vecchietta, la si poneva sotto l'arco della porta, esposta al bel tempo ed al brutto.
Ogni domenica, i piccoli di casa, a Ponza, un tempo, guardavano con ansia l'avvicinarsi della Pasqua con tutte le sue bellissime e suggestive funzioni religiose,..con il casatiello e facevano a gara a chi dovesse togliere la penna alla vecchietta.
Maria nella sua casa di Padova, insieme alla cugina Rosanna, ancora usano appendere la bambolina della Quaresima...è un pò come stare a Ponza...come ritornare bambini...


La bambolina della Quaresima che mi ha inviato oggi Maria Conte da Padova.
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