domenica 27 febbraio 2022

La partenza di una "mbrucchièlle" per la Sardegna

 Questo racconto è tratto dal racconto di Ernesto Prudente che da bambino ha assistito a questo episodio.

" Era bambino frequentava la seconda elementare, quando, in un freddo e ventoso mattino di marzo, accorse con altri compagni sul torrione del molo per assistere all'uscita dal porto di una"mbrucchièlle".

La " mbrucchièlle" era un bastimento, particolare per la sua struttura, adibito al trasporto delle aragoste vive. Seguiva i gozzi, già trasferitisi  lungo le coste della Sardegna, per raccogliere da ognuno le aragoste che aveva pescato e trasportarle a Marsiglia o in qualche altro porto dove erano richieste.

Soffiava, quel giorno, un vento fresco da levante e il mare era abbastanza mosso. Le onde si infrangevano contro la scogliera di protezione del porto elevandosi paurosamente. 

Si era radunato, come tutte le mattine, sulla Punta Bianca, con altri ragazzi, per avviarsi a scuola. Il vento si infilava in quel corridoio e loro, i ragazzi, si sbottonavano i cappotti e le giacche, se giacche e cappotti potevano chiamarsi quegli indumenti, che si gonfiavano come vele. Era quasi una gara ad andare controvento.

Lungo la balconata che dà sul porto e dai balconi soprastanti c'era, quel giorno, gente affacciata come per assistere ad uno spettacolo. Quelle case allora erano tutte abitate.

Decine e decine di ragazzi si appesero al muro, la cui altezza vietava la loro visuale, per vedere cosa stesse succedendo nelle acque del porto.

Un bastimento stava salpando l'ancora. Tre uomini, due da un lato e uno dall'altro, azionavano, a movimento alternativo, le leve dell'argano mentre un quarto sistemava in coperta la catena che veniva recuperata e il cui rumore diventava assordante con il sibilare del vento. E assordante era anche il frastuono ritmico della "castagna" che scorreva sugli ingranaggi de salpancora. 

Quando l'ancora fu a picco il capitano ordinò di alzare le vele. I marinai lasciarono il verricello e corsero ai paranchi. E in un baleno la randa e la maestra erano a riva sbatacchiando paurosamente. I marinai tesarono quelle cime come corde di chitarra.

"Adda partì! Jamme a ponte u muole", fu il grido di un ragazzo. E tutti vocianti in modo scalmanato, presero a correre per il molo dove arrivò tra i primi e prese posto su uno dei bastioni per avere maggiore e migliore visuale. 

Come prima cosa guardò il mare. Faceva paura. Grossi cavalloni correvano verso Ponza andando a morire sulle spiagge non prima, però, di aver schiaffeggiato e inondato la Ravia e sommersa la scogliera. Con l'animo pieno di paura indirizzò lo sguardo, senza mai staccarlo, sul bastimento per seguire minuziosamente quanto avveniva a bordo. I marinai erano tornati all'argano per svellere l'ancora dal fondo. Uno di loro prese un cavo da una barca, con tre uomini a bordo di cui due ai remi ed il terzo seduto a poppa, che si era portata sottobordo. La cima legata al baglio della lancia e a prua del bastimento venne messa in tiro dall'azione dei rematori. 

Il suono dei rintocchi di una campana, posta a prua e azionata da un marinaio, diede il segnale di : libero a prua.

I marinai tornarono alle vele issando due balacconi, quelle vele a forma di triangolo che tutti i velieri hanno a pruavia e che scorrono lungo i cavi d'acciaio, le draglie, distesi tra l'albero di trinchetto e lo spicone, il bompresso.

Quella barchetta a remi, posta a prua, aveva il compito di favorire il movimento del bastimento nelle acque portuali tenendolo con la prua in direzione dell'imboccatura del porto.

Quando il bastimento giunse al traverso del lanternino e le sue vele incominciarono a gonfiarsi per l'azione diretta del vento si udì, imperioso, il  comando del capitano: "molla a prua". Il marinaio che si trovava a prua e che fino a quel momento aveva provveduto a incatenare l'ancora alla murata del bastimento, come fosse corpo unico, per non farla sbatacchiare contro di essa, mollò la cima della barchetta che scivolò sotto vento come un proiettile. Il bastimento era libero di manovrare a suo piacimento. Diresse la prua in direzione della Ravia che raggiunse in pochi minuti. Sembrava quasi che la toccasse. Il commento dei ragazzi fu uno solo: "mò va a tuzzà". Ma quando il veliero stava per cozzare contro lo scoglio, si notò il movimento del boma della randa e il bastimento, come se facesse perno sul timone, modificò la sua prua in direzione dello scoglio Rosso.

Attoniti guardavano, quei ragazzi il cui numero era aumentato. All'altezza dello Scoglio Rosso il bastimento virò nuovamente e questa volta in direzione, molto al largo, dello Scoglio Bianco che divide la spiaggia di Frontone da quella del Core.

Giunto a quell'altezza un'altra virata per mettere la prua verso le Formiche, gli scogli al largo della Parata.

"E' andata!", disse il vecchio marinaio che si trovava tra quella nidiata di bambini, dopo aver aspirato una boccata di fumo dalla sua pipa di coccio la cui cannula teneva schiacciata fra i denti. E quando la barca si nascose dietro lo Scoglio Rosso lo si sentì augurare : " C'a Madonne v'accumpagne". Appoggiato ad un bastone prese ad allontanarsi, assorto, dal Lanternino. Forse nella sua mente rimuginava e riviveva le sue tante partenze nelle stesse condizioni di vento e di mare.

I ragazzi lo travolsero quasi per correre a scuola. Sulla Parata, che domina la zona di are dove sono poste Le Formiche, vi era altra gente ad assistere al passaggio del bastimento. Vi era anche il suo maestro che, poi, in classe, approfittò della circostanza e dell'interesse dei bambini per parlare della pesca delle aragoste e delle Mbrucchièlle adibite al loro trasporto."

Questo racconto dell'infanzia di Ernesto è tratto dal suo libro "Miscellanea"









Velieri nel porto di Ponza



Velieri pronti per la demolizione sulla spiaggia di Santa Maria

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

venerdì 25 febbraio 2022

La luna di Kiev

 La luna di Kiev

Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…

“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!

Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”.


Gianni Rodari


In questi giorni tristi per la guerra in Ucraina da questa bella poesia di Gianni Rodari dedicata ai bambini ma non solo, trapela un messaggio pacifista.

La luna con i suoi raggi illumina tutto il mondo, possono chiudere tutti i porti e le frontiere ma  lei è sempre la stessa. I suoi raggi viaggiano senza "passaporto" in tutto il mondo.


Nota:

Kiev è la capitale dell'Ucraina






La luna all'isola di Ponza 

(Foto di Rossano Di Loreto)


giovedì 24 febbraio 2022

Il ricordo non muore mai...

 Caro papà sono passati ormai sedici anni dal giorno in cui ci hai lasciati ma il tuo ricordo è sempre vivo in noi...

"I ricordi hanno bisogno di molto tempo per sparire. 

Ma gli basta un nulla per riaffiorare. 

Una voce, un suono, un'immagine, un profumo, un odore."

Giorgio Faletti



Mio padre Ciro Iacono, maestro d'ascia dell'isola di Ponza



Il modellino di una barchetta da lui realizzata 

(Le foto sono di Lou Embo tratte dal libro "Isole Ponziane")

mercoledì 23 febbraio 2022

Pulecenèlle quanne va ncarròzze...

 Pulecenèlle quanne va ncarròzze tutte u vèdene

(Pulcinella quando va in carrozza tutti lo vedono) 

Era ciò che diceva il lavoratore instancabile quando veniva schernito  dai frequentatori assidui e abituali della piazza in quelle poche e rare occasioni che disertava il lavoro. Lo diceva anche il povero uomo quando riusciva ad ottenere qualcosa che aveva sempre sognato e che le veniva rinfacciata.

E' un vecchio proverbio in dialetto ponzese.

(Da " A Pànje - i proverbi di Ponza -" di Ernesto Prudente)


Pulecenèlle  ncarròzze

(Immagine reperita in rete)



Corso Pisacane, isola di Ponza

(Foto di Annalisa Sogliuzzo, febbraio 2022)



domenica 20 febbraio 2022

Il Mitreo

 E' notizia di qualche giorno fa di una scoperta sensazionale ad Ostia dove, durante gli scavi,è stata rinvenuta in un Mitreo una statua del dio che uccide il toro.E' uno stucco dipinto in frammenti da ricomporre ma è una scoperta molto importante di cui ne hanno parlato i telegiornali.

Il Mitreo è un tempio dedicato al culto orientale di Mitra e pare che a Roma oltre a quello di Caracalla, riaperto qualche anno fa dopo un lungo periodo di restauro, ne siano stati scoperti una trentina.
Questi templi erano scavati sotto terra oppure ricavanti all'interno di grotte.
Anche Ponza ha il Mitreo che purtroppo non è visitabile e pare risulti molto rovinato.
E' situato in salita degli Scarpellini, nelle fondamenta dell'antico Palazzo Tagliamonte, in piazza Gaetano Vitiello, sulla Punta Bianca, inglobato in un negozio di nautica.
Viene descritto così dal Tricoli:
"TEMPIO DI MITRA- Nel cennato Palazzo vi è questo speco lungo palmi 50, e 32 largo, avendo nei  lati delle celle a fabbriche reticolate, nel mezzo un corridojo  largo palmi 8, colla porta a levante ed in fondo la nicchia con vari residui di bassi-rilievi e figure mutilate sulle pareti, non che gli avanzi dell'ara. Nella parte sinistra si veggono tre teste di cavalli ed altrettante di cavalieri, e al di sotto un uomo ignudo. Sulla volta, anche a basso rilievo col diametro di palmi sei, vi sono 12 segni dello zodiaco situati in forma circolare per indicare la grandezza del mondo, avendo nel centro un serpente di palmi cinque ripiegato col gobbo ad oriente, che, a seconda della teologia dei Fenici, denotava il demone felice, buono, e conservatore della natura vivente, per la sua lunga vita, e per l'annuale rinnovazione. Al dire di Plutarco e di Stazio, quivi si esercitavano i misteri di Mitra, mantenuti fino al quarto secolo."
Ma non solo il Tricoli racconta del Mitreo.
Il Dies sicuramente lo ha visitato  perchè ne fa un'accurata descrizione in Ponza perla di Roma.
L'archeologo olandese,Vermaseren lo ha visitato nel 1969 e lo descrive così:
"Nei pressi del secondo porto (Ponza, all'epoca, aveva tre porti: Venere, Circe e Diva) fu scoperto un Mitreo circa un secolo fa. Esso è rimasto pressochè sconosciuto e trascurato.
E' situato sotto palazzo Tagliamonte alla salita Scalpellini e vi si poteva entrare attraverso il fabbricato che lo ospitava lo studio fotografico di Biagio D'Arco.
L'entrata originale allo speleo è ora parzialmente ostruita dalle fondamenta del palazzo...Comunque il tempio mitraico dell'isola di Ponza è degno di attenzione per la decorazione della volta antistante la nicchia. Qui è rappresentato anche in stucco, ma ad alto livello artistico, uno zodiaco che desta interesse non solo tra gli specialisti dell'arte mitraica ma anche tra i vari studiosi dell'importante scienza dell'astronomia e della sua spesso tanto disprezzata ma influente sorella astrologica."
Pare, secondo Vermaseren, che ci fosse un'entrata laterale, chiusa da una porta di legno, sulla scalinata che porta sugli Scarpellini, scendendo otto gradini c'è un pianerottolo e dopo altri due ci si ritrova nel tempio. Forse Vermaseren è entrato proprio da qui.
Qualche anno fa, a proposito di Mitreo, Silverio Lamonica ha pubblicato un bellissimo libro, Il culto di Mitra a Ponza, che ritengo molto interessante.
Ecco un altro dei tesori che l'isola di Ponza possiede ma non fruibile!!!


Nota:

Il 17 gennaio 1925 fu notificata una diffida al proprietario Vincenzo Sandolo fu Gennaro "per lo scantinato del palazzo Tagliamonte di m. 10 x 8 circa, detto Mitreo, avente in fondo una nicchia nella volta della quale sono ricavati a rilievo i segni dello Zodiaco." 

Infatti il Mitreo figurava nell'elenco dei monumenti di notevole interesse archeologico della Soprintendenza delle Antichità della Campania, di cui Ponza faceva parte in quegli anni e quindi fu notificata la diffida per la tutela e la conservazione. (Fonte avvocato Luigi Sandolo)




Il Dies lo ha visitato sicuramente e scrive: "...possiamo scendervi per una comoda scala esterna al palazzo..."
Salita degli Scarpellini
(Foto estate 2015)

Piazza Gaetano Vitiello di sera. Sulla destra il palazzo nelle cui fondamenta c'è il Mitreo.

(Foto di Rossano Di Loreto)



Schema planimetrico del Mitreo



La nicchia del Mitreo




Schema dello Zodiaco.
Al centro l'Orsa maggiore e l'Orsa minore, poi il serpente, i segni zodiacali ed infine le divinità dei venti: Borea e Nato



Particolari della volta le due Orse, il serpente e qualche segno zodiacale



I segni zodiacali dei Gemelli e del Cancro



Altri segni Zodiacali

(Immagini tratte dal libro "Le isole Pontine attraverso i tempi"

venerdì 18 febbraio 2022

Puòzze aunnà...

 Puòzze aunnà comme aònne u mare

( possa prosperare come prospera il mare)

Il mare è sempre prolifico. Era l'augurio che i genitori facevano ai figli. Anche le vecchie usavano questa espressione come ringraziamento a chi faceva loro qualche cortesia. 

( Da "A Pànje - i proverbi di Ponza" di Ernesto Prudente)


Il bellissimo mare della Parata, in fondo i Faraglioni della Madonna, isola di Ponza

(Foto di Maurizio Musella, febbraio 2022)

mercoledì 16 febbraio 2022

Un rito antico

 Per liberare i legumi dal loro baccello il contadino usava batterli con un attrezzo agricolo u muille composto da due bastoni di diversa lunghezza tenuti uniti da una cordicella. L'asta lunga è nelle mani del contadino che agitandola fa roteare quella più piccola spingendola sulle bacche secche stese per terra  liberando così i legumi. 

Questo procedimento in dialetto ponzese viene chiamato scugnature. Poi i legumi venivano fatti saltare in un setaccio dai grandi fori.

Chissà quante volte nonno Salvatore, contadino di sopra i Conti, avrà fatto a scugnature...tutto fatto rigorosamente a mano.



Scugnature all'isola di Ponza


I Conti dove vivevano i miei nonni Salvatore Conte e Assunta Mazzella



Contadini mentre battono i legumi


U muille, attrezzo per battere i legumi


Lenticchie


(Immagini reperite in rete)

La razza umana si è staccata sempre di più dai ritmi biologici e fisici del pianeta. siamo passati da una stretta partecipazione ai ritmi della natura all'isolamento pressochè totale dai ritmi della terra...
Jeremy Rifkin

domenica 13 febbraio 2022

La spiaggia della Parata in febbraio

 Meraviglia delle meraviglie...giunge da Ponza un bellissimo scatto realizzato da Maurizio Musella della mia spiaggia del cuore, la Parata.E' una spiaggia a due passi da casa mia che in genere è sassosa ma dopo le mareggiate invernali può essere invece ricoperta da sabbia dorata.

Ora è piena di sabbia...

Purtroppo da settembre 2009 non possiamo più scendere in quella spiaggia e come si vede dalla foto la scala è distrutta.

Lungaggini burocratiche, mancanza di volontà ne hanno impedito lavori di recupero, per non parlare del muretto sovrastante che è un vero pugno in un occhio.

Possibile che non si possa fare nulla??? Eppure è in pieno centro storico



La spiaggia della Parata, isola di Ponza, febbraio 2022

(Foto di Maurizio Musella)

venerdì 11 febbraio 2022

Una parola...un ricordo...

 Quando ero ragazzina e c'era maletìempo, faceva freddo, mia madre Elvira voleva che restassi a casa per paura che mi ammalassi, soleva dirmi:

Vìde i nun piglià na scippacentrèlle

(vedi di non prendere un malanno)

Scippacentrèlle è una parola in dialetto ponzese ormai desueta ed ho voluta ricordarla



Isola di Ponza

(Foto di Rossano Di Loreto, novembre 2021)

mercoledì 9 febbraio 2022

U munacièllo del tunnel

 Questo racconto sul munacièllo è tratto dal libro di Silverio Mazzella "Le ore del giorno, i giorni dell'anno, gli anni della vita".

"Giovanni Feola, nato a Ponza nel 1918, fin da ragazzo intraprese il lavoro di pescatore. Tutte le notti, all'età di diciassette anni, raggiungeva la spiaggia di Santa Maria per uscire con la barca da pesca.

Anche quella volta percorreva la galleria romana che da Giancos conduce alla contrada Santa Maria; male illuminata era impossibile attraversarla se non aiutandosi con le mani per non urtare le pareti laterali. Quella notte a Giovanni era riservato uno scherzo  del munacièllo che lì risiedeva e che non l'avrebbe fatto dormire sonni tranquilli per molto tempo. A metà galleria ogni direzione che prendeva Giovanni era ostruita da un alto e solido muro. A tentoni cercava di trovare l'uscita in quel buio terribile e soffocante. Temendo di non uscirne vivo perse l'autocontrollo. Poi ricordando i consigli paterni e materni, recitò delle preghiere per chiedere aiuto a tutti i santi. Come per incanto i muri scomparvero e Giovanni riguadagnò l'uscita. Quella notte e per altre tre ancora Giovanni rimase a casa per superare il grande spavento causatogli dal munacièllo dispettoso."

Storie come questa ce ne sono diverse ed alcune persone preferivano passare da sopra Giancos pur di evitare di attraversare il tunnel.



Il tunnel che collega Giancos a Santa Maria com'è oggi



La spiaggia di Santa Maria dove Giovanni aveva la barca da pesca
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



U munacièllo (Immagine reperita in rete)

domenica 6 febbraio 2022

Chi tène a lèngue...

 Chi tène a lèngue va Nzardègne

(Chi ha la lingua va in Sardegna) 

Vuol dire chi osa chiedere supera ogni ostacolo, non ha problemi. Questo detto ponzese è nato dal fatto che per raggiungere la Sardegna poichè era lontana bisognava prendere diversi mezzi di trasporto. 

Questo vale anche per altre destinazioni...

Coloro che chiedevano sicuramente non si sarebbero perduti.


I cartelli che indicano le destinazioni davanti alla casa al Fieno, isola di Ponza, di Antonio De Luca

(Foto tratta dal blog "Nemesi Mediterranea" di Antonio De Luca)



Cartelli che indicano destinazioni sulla Piana dell'Incenso

(Foto di Dimitri Scripnic)





venerdì 4 febbraio 2022

L'avventura di Capitan Cefone

 Questo episodio accaduto nel 1650 lo raccontano Cisternino e Porcaro nel loro lavoro "La marina mercantile napoletana" e getta qualche ombra sul modo di amministrare l'isola di Ponza in quegli anni. 

L'ho ripreso dal libro di Fabrizio M. Apollonj Ghetti "L'Arcipelago Pontino nella storia del medio Tirreno"

Ecco il brano:

" Dell'anno 1650, et proprio del mese d'Agosto Padron Natale Cefone si partì da questa città con la sua felluca e marinari carrica di diverse mercantie, et quelle portò a vendere in Cagliari, et come hebbe venduto, là arrivò un Bergantino Messinese  carrico di diverse mercantie, dalle quali detto Natale comprò una balla di seta, un'altra di cannella, uno sacco di garofali, una balla di pepe, et un Cantaro di cera rossa, et comprò anche in detta Isola sette cantara di caso, quali suddette robbe ascendevano alla somma di ducati ottocento, et havendo  quelle imbarcate  sopra detta sua Felluca si partirno da detto luoco per venirsene in questa Città di Napoli, et per il male tempo di mare capitorno nell'Isola di Ponza et essendo entrati nel porto di quella andorno lì Grandonio e Berardino Moneta figli di Giovan Lorenzo Moneta Castellano di quella, et avendoli mostrata la sua patente, quella vista, li diedero licenza d'ingradare detta felluca in terra, la quale havendono ingradata, perchè le suddette robbe erano bagnate le sparsero in terra al sole et il detto giorno, mentre si stavano reposando, li suddetti Grandonio e Berardino da sopra detto castello li tirarono una Cannonata, che colpì poco da costo da essi, il che havendono visto detto Natale e marinari s'accostorno sotto detto Castello, et li dissero: che vi havemo fatto, che ci volete occidere?...Et il suddetto Grandonio li fece ordine che fussero saliti , a due a due, sopra detto Castello, com'in effetto essendocene saliti, li pose dentro un fondo di torre, et standono in quella, li suddetti Grandonio e Berardino li dissero:  che vi risolvete di morire loco dentro o dire che  sete stati sbaliciati da turchi o francesi, che ve ne mandammo; per la qual causa per non morirse in detta torre furono forzati  dire che volevano fare come essi volevano, et dopo haverli tenuti ventiquattr'hore in detta torre li fecero salire sopra un salone  di detto castello, nel quale stavano le suddette robbe ch'averia portate  con la suddetta felluca, et tutte le sartiami, et vele di quella, il che havendo visto Padron Natale li disse: che l'havessero data la sua felluca, acciò se havessero ritornare, la quale non ce la volsero dare dicendo che gli haveriano data la Comodità di potersene ritornare, et essendono calati al porto li diedero una barca scassata con la quale arrivati a Gaeta detto Natale la vendè ventiquattro carlini, et perchè Francesco Taballo, uno de' detti marinari, hebbe paura  d'annegarsi con detta barchetta, restò in detta Isola, quale felluca di detto Natale valeva da ducati duecento." 

Quindi Capitan Cefone fu derubato dai figli del Castellano della sua feluca e della merce.

Ma la storia non finisce qui...

" Informato, quindi , il Giudice Arrietta di Gela della prepotenza dei castellani Moneta ai danni del Capitano Procidano, quel magistrato subitamente ordinò le opportune indagini ed accettò la querela di Padron Cefone, non solo, ma interrogato anche, in prosieguo di tempo, il marinaro Taballo, questi depose come essendo rimasto in Ponza per paura d'annegarsi con una barchetta scassata venne obbligato dai Moneta per lo spazio di otto mesi, a zappare " lj loro territori, e lì vidde che la balla di seta la diedero ad un padrone di tartana trapanese per tanto sale, et il pepe, cannella e garofali lo mandorno a vendere in terra ferma et lo Caso se lo tennero per loro uso."

" Arrestato dopo circa otto mesi dal fatto uno dei Moneta, il Grandonio, venne rinchiuso nelle carceri della Vicaria ed escarcerato, a seguito di indulto, il 27 luglio 1658. La Giustizia, quindi, ebbe il suo sfogo ed il suo riconoscimento sia pure alla distanza di otto anni, e nonostante la torbida situazione politica e sociale."



Il Castello

(Disegno di Pasquale Mattei, aprile 1847)



Il Castello


Carta del 1562 realizzata da Giovanni Antonio Magini



La feluca ponzese "Re del Fuoco"
(Foto di Marianna Licari)



Il disegno di una feluca sorrentina

mercoledì 2 febbraio 2022

A San Biàse...

 A San Biàse u sòle pi càse

Significa che in questo giorno, il 3 febbraio, il sole illumina tutte le case anche quelle meno assolate

Ma San Biagio protegge anche dal mal di gola...

Secondo la tradizione San Biagio salvò miracolosamente un bambino che aveva una lisca di pesce conficcata in gola







Isola di Ponza

(Foto di Rossano Di Loreto, febbraio 2021)




San Biagio e il bambino                                                                                                                      

(Questa immagine mi è stata inviata da Maria Conte, ponzese che vive a Padova)


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