Alcuni confinati politici ci raccontano la Ponza di quei tempi, anni '30. Cesira Fiori racconta anche il 20 giugno, festa di San Silverio, patrono dell'isola.
Ecco cosa scrive:
" Era il venti giugno la festa di San Silverio, patrono dell'isola, patrono dei confinati!
Raccontavano i vecchi isolani che San Silverio I°, papa, fosse stato confinato proprio a Ponza nei primi tempi del cristianesimo...
Poi, perchè non facesse più proseliti fra le guardie romane gli abitanti dell'isola lo avevano portato nella deserta selvaggia Palmarola ad ovest di Ponza, ricca di selvaggina, e ve lo avevano lasciato marcire, in compagnia degli uccelli, delle lepri, dei cinghiali, unici abitanti dell'isoletta...
Il 20 giugno avveniva la fastosa, spettacolare festa di San Silverio, e Ponza città adornava le finestre ed i balconi, come tutti i paesi meridionali, di sgargianti coperte da letto, di tappeti variopinti, e palloncini veneziani e lampadine multicolori per la luminaria della sera.
Un'aria speciale, grassa, greve, carica di odori diversi che ti prendevano alla gola. Frittura di pesce, di peperoni, di frittelle, freschissimo sentore di frutta, inebriante fragranza di zucchero filato, di mostaccioli al miele.
Richiami, risate, vocio, caos, grida di venditori e scampanii festosi e spari di mortaretti.
Verso le undici, nel suono a distesa di tutte le campane, di tutte le sirene del porto, tra gli assordanti colpi di petardi e delle castagnole usciva dalla chiesa la processione.
Sotto il baldacchino di broccato cremisi, ritta su una sedia gestatoria, sulla grande "macchina" portata a spalla da otto pescatori la ingenua statua,dipinta in rosso scarlatto; turchino cielo, con un grande manto di broccato ricamato a palme d'oro, la testa sormontata dal triregno.
Su una mano a conchiglia, un globo d'oro e il braccio destro teso a benedire. La cosa strabiliante di questa simbolica, severa personificazione del confino, era una cascata di dollari.
Dollari pendenti dal braccio benedicente, dollari appesi al collo e oscillanti sul petto a guisa di medaglioni, dollari infilati alla cintura.
Dollari, dollari, dollari e la povera gente guardava estasiata ed inorgogliva di tanta ricchezza.
E le due bande a rincalzare tutte quelle grida di poveri inebriati alla vista di tanti dollari che, avrebbero sollevato tutte le loro miserie.
Ci si poteva ricomprare la barca perduta nella tempesta, farsi una casa bianca, un bel piccolo cubo col tetto piatto su cui seccare tanti fichi d'india, e le foglie dure, spade verdi e grigie, della pianta del sapone.
Suonavano sempre più frenetiche le due bande, dietro, salmodiando file e file di preti che benedicevano i piccoli ponzesi per la loro fede che si esprimeva in tanti dollari sudati nelle miniere, dollari sudati sottoterra a far fondamenta di case, dollari sudati nelle campagne razionalmente coltivate a cogliere frutta, omaggi umili dei meschinelli che avevano mangiato pane e pomodoro a risparmiarli, omaggi munifici per onorare il santo del confino.
Poi, dietro, il direttore della colonia che recava solennemente un gran cero in mano e al collo una gran catena dorata, a grandi maglie, da cui pendeva una decorazione, anch'essa aurea, una grande patacca larga quanto un piattino da caffè che gli sbatteva nel centro del petto..."
"...Dopo di lui tutte le autorità della colonia e del paese. anch'esse recanti, compuntamente gran ceri per il protettore "ab aeterno" di tutti i confinati defunti, presenti e da venire.
La processione passò per tutte le stradette tortuose, s'inerpicò, ridiscese sul lungomare...con la laude sempre più frenetica.
E si avviò al porto.
Nel porto erano pronti tanti barconi, barche, barchette e sui bordi drappeggiate eran coperte sgargianti di seta, di velluto, e damaschi ricamati a fiori ed uccelli di seta in oro, in argento.
Il santo ascese nella più grande in un alone azzurrino d'incenso, e lentamente, si staccò da terra seguita dal corteo delle imbarcazioni in cui si issavano gli stendardi, i candelabri, i ceri, gli emblemi, le croci; le coperte e i damaschi sfioravano le onde azzurre in mezzo al fragore delle sirene, degli scoppi, mentre le navi alzavano il gran pavese per salutare il santo esiliato che tornava a salutare le bestie di Palmarola"
(Dal libro della confinata politica Cesira Fiori "Una donna nelle carceri fasciste")
San Silverio sul trono. Il signore con la camicia bianca, accanto al marinaio, è mio nonno Peppino Iacono
La processione torna dal porto
Le barchette seguono il Santo
San Silverio a Sant'Antonio
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)