Questo racconto è tratto dal libro di Giovanni Hausmann "La Filuga ponzese".
"Aniello si svegliò di soprassalto, guardò fuori dalla finestra e vide che era ancora buio pesto. Pensò che era ora di alzarsi, presto avrebbe albeggiato e lui doveva uscire a pesca. Erano infatti diversi giorni che il grecale sveva soffiato forte ed il mare aveva montato per tre giorni. Per fortuna già la sera prima era andato in calata e dalla finestra si vedeva che era rimasta solo un pò di onda lunga.
Aveva passato i giorni a sistemare le reti che nell'ultima pesca si erano impigliate e si erano rotte in più parti. Si alzò in silenzio e vide che faceva ancora freddo: Maria si rigirò con un sospiro pensando che anche lei, prima di andare alla miniera, doveva alzarsi per dar da mangiare alle galline ed accudire l'asina.
Aniello si mise la maglia di lana pesante che Maria aveva comprato al mercato americano l'ultima volta che era stata a Formia con il vapore. Pensò al figlio Silverio che era da qualche anno imbarcato e che non vedeva ormai da qualche mese.
Si avviò verso la cucina e con qualche rametto secco riattizzò il fuoco per scaldare un pò d'acqua. Prese la "napoletana" ci versò un pò di polvere e mentre aspettava il bollore si accese una sigaretta. La prima boccata e l'odore del caffè lo svegliarono completamente. Mise in una tasca un pò di pane della sera prima e nell'altra una bottiglia di vino, uscì dalla porta mettendosi il giaccone blu ed il cappello da marinaio che gli aveva portato il figlio da chissà dove l'ultima volta che era venuto a Ponza.
Le mani gli facevano male ed erano ancora intorpidite dal freddo. Si avviò verso Cala Feola lungo la strada di terra de Le Forna Grande. Ci voleva almeno mezz'ora di cammino per raggiungere il gozzo e a quell'ora della notte un pò di movimento gli avrebbe giovato.
Passando davanti alla chiesa dell'Assunta si segnò sperando in una buona pesca. La notte incominciava a rischiarare con qualche raggio dietro a Campo Inglese.
Era l'alba quando arrivò a Cala Feola. Era da solo anche se sapeva che altri stavano avviandosi nella stessa strada. Tirò la cima di prua di "Cicerenella", una " varchetta" di 4,50 metri costruita da Ciro Iacono giù al porto. Aniello si ricordava, ridendo tra sè, che quando Ciro l'aveva finita, dato che avevano dovuto allargare i bagli per far post al motore, avevano dovuto abbatterla sul lato per farla uscire dal locale dove era stata costruita.
Era bianca con una fascia rossa. Aniello l'aveva armata con una vela latina il cui picco era stato ricavato da una canna di bambù che aveva trovato da un amico che veniva ogni tanto da Terracina con i velieri da trasporto. La vela l'aveva cucita Maria con una stoffa che lei stessa aveva trovato al mercato a Gaeta ed era di cotone leggero e resistente, di derivazione dei paracadute che gli americani avevano utilizzato negli sbarchi sul litorale pontino.
Appena a bordo sgottò l'acqua di sentina e diede una sistemata alla rete ammonticchiata sopra la coperta, controllò ancora una volta le cime e mise a posto la barra del timone.
Provò ad accendere il motore con un primo giro di manovella ma il " Bolinger" non aveva alcuna intenzione di partire. Era troppo freddo ed il gasolio era quasi congelato. Scaldò meglio la testa del motore e provò di nuovo. Alla terza girata del volano partì con una fumata nera dallo scarico e con il tipico rumore secco dello scappamento non silenziato.
"Questi motori sono un inferno per farli partire ma una volta partiti non si fermano più, anche se entra acqua nel serbatoio" si consolò. Nel frattempo il sole iniziava a farsi vedere e l'aria si andava scaldando.
Mollò le cime di poppa del corpo morto e con una botta di gas si scostò dallo scoglio.
Il mare dentro la cala era abbastanza calmo e senza fatica si avviò verso il largo. Aveva deciso di andare a sei miglia a nord di Palmarola. Era diverso tempo che non ci andava e questo aveva sicuramente tranquillizzato le sarde.
Il rumore ritmico del motore monocilindrico era forte e rimbombava sulla parete bianca di Punta Corte fuori le Piscine Naturali. Sapeva che questo avrebbe attirato l'attenzione di Ciccio nel giro di poco tempo.
Aveva fatto un miglio scarso quando sul lato sinistro vide il "suo delfino".
"Ciccio!!!" urlò per farsi sentire al di sopra del rumore del motore. Il delfino si avvicinò rapidamente puntando direttamente sulla murata salvo poi scartare sotto la chiglia velocemente. Fece questo gioco almeno tre volte per poi affiancarsi a prua come volesse indicare la rotta. Aniello fu molto rincuorato dai giochi del delfino ed anzi il suo umore, non sempre particolarmente allegro anzi piuttosto taciturno, cambiò improvvisamente. "Sarà una buona giornata" pensò staccando un pezzo di pane e tirandolo a Ciccio.
Il delfino appariva e scompariva ma Aniello sapeva che stava nei paraggi. Alle volte riappariva improvvisamente davanti alla prua ed usciva con un salto facendo a gara con Cicerenella. Altre volte appariva lontano facendo salti sull'onda morta.
Dopo circa due ore erano tra Palmarola ed il Circeo ed Aniello, togliendo gas, rallentò a un nodo guardando la superficie dell'acqua. Il delfino tirò avanti verso dritta allungando il passo e facendo cerchi di segnale. Aniello lo seguì per circa mezzo miglio poi cominciò a calare la manaide.
Il sole era ormai alto ma il freddo ancora si faceva sentire. La calata però lo riscaldò e con un giro largo pose la rete in cerchio a mezz'acqua mentre Ciccio girava a largo effettuando strane evoluzioni.
Passò un'ora e Ciccio tornò verso la barca. Era il segnale che la caccia era finita. Ciccio aveva raccolto tutte le sarde che stavano nei paraggi e quindi era l'ora di salpare la rete.
Aniello iniziò a recuperare le due estremità della rete e piano piano la riportò dentro il pozzetto. Saranno stati almeno dieci chili di sarde, forse di più, "era stata una gran bella pescata". Man mano che salpava la rete riponeva le sarde nelle cassette di legno, in bella mostra tutte in fila per il lato lungo. Ciccio si aggirava nelle vicinanze, sembrava volesse controllare che nessuna delle sarde che aveva trovato scappasse.
"Quattro cassette di pescato, tre per noi ed una per Ciccio" pensò Aniello versando un terzo della cassetta di sarde in mare. "L'altra parte gliela darò sulla via del ritorno, così mi farà compagnia". Ciccio guardò il pescatore e con un segno di intesa si gettò sulle sarde con grande allegria."
Cala Feola
Barche da pesca a Cala Feola
Il disegno della "varchetta Cicerenella" di Aniello (Tratto dal libro di Giovanni Hausmann)
Il maestro d'ascia Ciro Iacono, mio padre, che ha costruito la " varchetta Cicerenella" (Foto di Giovanni Hausmann)
Il delfinoUna cassetta di sarde