San Silverio è sempre presente nella vita dei ponzesi anche in quelli molto lontani dall'isola di Ponza.
Questo storia è raccontata da Ernesto Prudente che ha raccolto la testimonianza del protagonista, Pasquale, ponzese emigrato giovanissimo in Argentina con i suoi genitori dopo la seconda guerra mondiale.
In un paese della provincia di Buenos Aires Pasquale conobbe Giuseppina i cui genitori erano ponzesi, si sposarono e la loro vita fu tranquilla fino al 2004. Nell'ottobre di quell'anno Pasquale fu colpito da un malattia al fegato che sfociò in un'infiammazione della pelle con croste.
Dice Pasquale:" Sembravo un pesce ricoperto di squame, e un prurito mi faceva impazzire. Girai una serie di ospedali dove venivo visitato e curato da medici illustri senza, però, raggiungere un risultato positivo. Ero arrivato al punto di invocare la morte come liberazione. Non ne potevo più di sopportare quelle atrocità provocate dal dolore e, soprattutto, dallo spasimo del prurito".
Persone amiche consigliarono di portarlo nell'ospedale "Mayor de Rosario". Andò e venne ricoverato. "Il primario del reparto di Dermatologia era una donna - racconta Pasquale - una brava e gentile dottoressa che passava tutte le mattine e aveva sempre una parola di conforto, di sollievo per ogni ammalato. Ero ricoverato da oltre un mese quando una mattina vidi la dottoressa, seguita dai due soliti assistenti e dalla solita infermiera che trascinava il solito carrello su cui erano poggiate le cartelle cliniche dei malati, che si era fermata all'ingresso della stanza per parlare con un medico di passaggio nel corridoio.
La sua figura di donna si stagliava netta tra quelle maschili. La guardavo con attenzione. La vidi salutare il collega sfoggiando il solito sorriso che, entrando diresse anche a noi con il saluto del buongiorno."
" Quando, varcando la soglia, mise piede nella stanza notai subito che si dirigeva verso il mio letto, posto sul lato destro della camera e il più lontano dall'ingresso. Nella stanza eravamo in tre ammalati. Nell'avvicinarsi parlava. Non so cosa dicesse ma mentre si avvicinava al mio letto notavo un cambiamento nella sua figura e nella voce. Non era più una donna il personaggio che si era avvicinato al mio letto. Vedevo un uomo, avevo davanti agli occhi la figura di un uomo che si accostava risoluto al mio letto e il timbro della sua voce non era quello dolce e mite della dottoressa. Le mie orecchie percepivano la cadenza ferma e decisa di un uomo. Avevo davanti a me la sagoma di un uomo. Non potevo sbagliarmi, aveva anche la barba."
"Ero totalmente imbambolato da non capire più niente. Ricordo solo di aver sentito che ero guarito e che domani o dopodomani mi avrebbero dimesso. Come si allontanò dal mio letto misi la testa sotto le coperte e piansi. Così mi trovò mia moglie quando venne per la solita visita mattutina."
"Cosa è successo? mi disse scoprendomi la testa, perchè piangi?"
"Le raccontai la mia tribolazione, lei aprì la giacca del pigiama e constatò la mia guarigione. Le incrostazioni erano sparite come per incanto, di un giorno all'altro. Stringendomi la mano mi guardò negli occhi mentre i suoi si riempirono di lacrime.
Capimmo cosa era successo ma nessuno dei due fiatò.
Nessuno ha mai saputo spiegarmi le cause che hanno determinato la mia guarigione.
Quel giorno era il 20 dicembre.
Per un ponzese, in qualunque parte del mondo si trovi è la giornata di San Silverio.
Ventiquattro ore dopo fui dimesso dall'ospedale. Quella figura di medico, durante le mie visite di controllo, e ne ho fatte tante, non l'ho mai più vista.
L'ho incontrata, rivista e ringraziata solo questa mattina quando è uscito dalla chiesa per essere portato in processione. Quel medico era Lui, era San Silverio. Sono venuto apposta dall'Argentina, appena ho potuto per guardarlo in viso e rendergli devozione e riverenza.
Questo mio viaggio è stato un pellegrinaggio".
San Silverio all'isola di Ponza
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