venerdì 30 novembre 2018

La grotta del Segreto

La grotta del Segreto si trova all'isola di Ponza vicino Chiaia di Luna, pare oggi venga chiamata Grotta della Maga Circe.
Il Graeser viaggiatore dell'Ottocento la racconta così: "Doppiamo la Punta del Fieno. Davanti a noi si allarga l'ampia cala di Chiaia di Luna racchiusa da rocce colorate e violentemente incise.
Qui si trova l'imponente grotta del Segreto dalla volta alta e buia, sulle cui pareti sembra di scorgere, alla luce delle fiaccole, figure raccapriccianti."
"...In questa stessa Grotta del Segreto però non più di qualche mese fa venne catturata una foca e portata all'Acquario di Napoli. Era un cucciolo di foca monaca, del cosiddetto Monacus Albiventer, lungo già oltre un metro. Da adulto, poi l'animale raggiunge e supera i quattro metri.
Nel Mediterraneo tale specie è in via di estinzione per la continua e insensata caccia che vi viene data. Quello di Ponza è il primo esemplare catturato per l'Acquario di Napoli, che lo ricercava da oltre 25 anni."
Quindi secondo il Graeser la foca monaca era già in via d'estinzione alla fine dell'Ottocento.
Ma ritorniamo alla nostra grotta del Segreto...attraverso un cunicolo lungo 110 metri si arriva ad una piccola spiaggia che è protetta da alcuni massi.
Ecco la magia della natura!!!


Proprio qui c'è la grotta del Segreto






La grotta del Segreto

(Foto di Rossano Di Loreto, aprile 2018)



Un esemplare di foca monaca che in dialetto ponzese si chiama vòje marine

martedì 27 novembre 2018

San Silverio in Argentina

A Ingeniero White, in provincia di Buenos Aires, a dieci chilometri dalla città di Bahia Blanca, in Argentina, c'è una comunità ponzese emigrata in questa parte del mondo nel Novecento e quindi non può mancare il culto di San Silverio.
E' proprio vero che i ponzesi stanno ovunque...
Nell'immediato dopoguerra anche mio padre Ciro aveva deciso di andare in Argentina in cerca di lavoro seguendo suo cugino Alfonso Di Lorenzo ma poi il progetto non ebbe un seguito perchè con l'arrivo del turismo a Ponza cominciò a costruire barche.
E gli andò bene...
Ma ritornando a San Silverio...
La comunità ponzese nel mese di novembre celebra San Silverio con tanto di processione, anche in mare proprio come a Ponza.
San Silverio è il Santo patrono di Bahia Blanca e dei pescatori.
Dove ci sono i ponzesi c'è sempre San Silverio...
W San Silverio!!!

































Quest'anno San Silverio è stato portato in processione il 25 novembre. Anche qui la statua è posizionata in una barca con i garofani rossi.

(Le foto le ha pubblicate Patricia Feola Branca sul gruppo Centro Laziale Bahia Blanca)




domenica 25 novembre 2018

La miniera di bentonite all'isola di Ponza

E' una ferita ancora aperta nel paesaggio di Le Forna, all'isola di Ponza.
Molte case non esistono più, sono state distrutte perchè la miniera pian piano si è estesa sempre di più. Intere famiglie si sono trasferite lontane dall'isola.
Già il Tricoli nella metà dell'Ottocento nomina un materiale adatto per le ceramiche, il Bianchetto.
Ma ebbe l'intuizione che in quella zona ci fosse un grande giacimento di bentonite l'ingegner Francesco Savelli e iniziarono a perforare la prima galleria nell'ottobre del 1935.
La zona di questo giacimento minerario era nella parte nord dell'isola di Ponza, a Le Forna, precisamente tra Cala dell'Acqua e Calacaparra.
La bentonite è impiegata per le ceramiche ma è utilizzata in svariati campi.
Questo minerale forma nel terreno uno strato impermeabile e quindi l'acqua piovana non può penetrare negli strati sottostanti. L'acqua scivola sulla bentonite per poi raggiungere uno strato diverso in cui infiltrarsi.  Proprio da queste parti, sfruttando le caratteristiche del territorio, i Romani realizzarono un magnifico acquedotto creando una serie di cunicoli per raccogliere l'acqua che filtrava da quelle zone avendo come base la bentonite.
Inizialmente si scavò sottoterra ma poi si passò a scavare a cielo aperto per dare un impulso maggiore all'attività estrattiva.
Un'intera zona fu devastata.
La gente veniva sfrattata dalle proprie case e uno dei proprietari, Agostino Feola, usò la vela della sua barca come tenda sostando sul piazzale della chiesa.
Vennero cancellati terreni coltivati, intere colline, strade.
Venne cancellata l'identità di quella zona.
Quanto dolore!!!
Tutto ciò andò avanti per anni fino a quando un sindaco coraggioso, don Mario Vitiello, riuscì per miracolo a fermare quella macchina distruttiva.
Era il 1976.


La zona devastata dalla miniera di bentonite



Proprio dove ci sono i ruderi di Forte Papa









Operai che lavorano in miniera





Il pontile per le navi che venivano a caricare il minerale


Si caricava la bentonite sulle navi anche dal molo Musco


La paga di un operaio



Strutture minerarie 

Le foto in bianco e nero sono dell'Archivio fotografico di Giovanni Pacifico

Qualche anno fa è stato realizzato un presepe nella chiesa dell'Assunta di Le Forna che mostra la zona distrutta dalla miniera e pare abbiano fatto delle ricerche attraverso foto d'epoca per renderlo più verosimile
Qualche foto






Nota:
Già nell'Ottocento si era a conoscenza di minerali nella zona di Le Forna. Ecco cosa scrive il Tricoli nella Monografia del 1855: " BIANCHETTO. Dopo del lavoro agricolo si distraggono i coloni alla manifatturazione della creta, bianchetto, insegnato loro dal sergente Cavone. Da grezzo che ricavano dalle miniere, la stemperano nelle aje che tengono presso le stesse, e messa in soluzione la materia si fa colare in altri alveari sottoposti, finchè restringe a calor di sole a divenir pastosa, onde ridurla a globbetti; lavorandone da due o tre mila cantaja l'anno, che smaltiscono alla capitale pei lavori di faenze. Molte sono le miniere in essa contrada, ma si decantano quelle di Peppeantonio, nonchè del Felìce pei filoni di creta vergine."

venerdì 23 novembre 2018

La cappellina di Punta Incenso

Proprio alla fine della strada provinciale che collega Ponza porto con Le Forna c'è una Cappella tutta bianca con dentro una Croce.
E' stata costruita nel '700 con l'arrivo dei primi coloni che giunsero, in questa parte dell'isola, da Torre del Greco.
Gli abitanti della zona si raccoglievano in preghiera ed era anche un luogo di aggregazione.




La Cappellina di Punta Incenso

(Estate 2016)



Nella Cappellina pregano



La Cappellina

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

mercoledì 21 novembre 2018

Il Semaforo

Sul Monte Guardia, a Ponza, la cima più alta dell'isola con i suoi 280 metri, ci sono i resti di una costruzione, ormai fatiscente, che però un tempo ha avuto la sua importanza, il Semaforo.
Il Semaforo è ciò che rimane di una "lanterna di primo grado di luce", la cui costruzione venne decisa dopo lo sbarco di Pisacane sull'isola con il decreto del 24 marzo 1859.
Guglielmo Marconi proprio dal Semaforo di Ponza doveva fare l'esperimento dell'accensione delle luci di Sidney ma poi optò per il Golfo del Tigullio sulla nave Elettra.
Norman Douglas nel libro "Isole d'estate", del 1908, scrive così: "...un ramo rapidamente in salita si dirige verso Monte Guardia, la più alta cima di Ponza che ospita un semaforo ed una stazione radio ( i cui addetti, come al solito, s'ammantano di mistero per dare importanza a se stessi ed alle loro banali mansioni)..."
Che dire il panorama è spettacolare da lassù...bisogna salirci in primavera o in autunno...



I resti del Semaforo sul monte Guardia

(Foto di Rossano Di Loreto)



Il Semaforo



Pianta del faro sul Monte Guardia. Foto tratta dal libro "Ponza il tempo della storia e quello del silenzio" di Ernesto Prudente che così scrive:
"Faro costruito sul Monte Guardia (il Semaforo) negli anni immediatamente successivi lo sbarco di Pisacane. La costruzione venne iniziata dai Borboni e portata a termine dai sabaudi. Entrò in funzione il 1 agosto 1866. Nei primi anni del 1900 il faro venne trasferito sul promontorio della Guardia, tuttora funzionante, dove venne costruita una palazzina identica a quella del monte Guardia che, una volta in disuso, venne trasferita alla Marina Militare che vi creò un posto di osservazione. Nella stessa, successivamente, venne installato anche un radiofaro dell'Aeronautica. Quest'ultima, poi, trasferì, negli anni 60-65 le sue apparecchiature sul Monte Core".

domenica 18 novembre 2018

La bambola

Osservando alcune bambine della mia classe che giocavano con le bambole sono ritornata indietro nel tempo...a quando avevo la loro età.
I bambini di oggi hanno tanti giochi noi invece li sognavamo ma qualche volta i desideri si avveravano.
Ricordo ancora l'arrivo di quel pacco con dentro la bambola che mi sembrava tanto grande, avendone altre piuttosto piccole. 
Erano i primi anni '60 e abitavamo  in una piccola casa in Corso Pisacane che è stata per molto tempo nel mio cuore, dove ho moltissimi ricordi dell'infanzia.
La bambola la conservo ancora anche se il vestitino che, un tempo, era azzurro si è molto rovinato.




Abitavamo in questa casa con gli archi 



Attraverso questo piccolo passaggio di scale raggiungevo casa






La mia bambola



Un trafiletto del quotidiano "Il Messaggero" del dicembre 2015 in cui c'è l'immagine di una bambina con la sua bambola, era custodita insieme ad altre foto da una vecchia signora



Le mie sorelle, le gemelle Lella e Anna Maria con le loro bambole davanti alle torte del primo compleanno
(La foto fa parte dell'album di famiglia)

La fotografia è un magnifico strumento per raccontare e cogliere situazioni che le parole non possono comunicare.

Mario Dondero

venerdì 16 novembre 2018

U palummare

Nel 1898 iniziarono i lavori per sistemare il porto di Ponza  e vennero impiegati i palummari per migliorare il fondale.
Ma chi è u palummare?
Così scrive Ernesto Prudente: Palummare (palombaro). Operaio specialista capace di immergersi e lavorare sott'acqua. L'apparecchiatura che lo protegge si chiama scafandro.
Il palombaro usava una imbarcazione su cui era installata una pompa d'aria che, azionata da un operatore, gli mandava l'aria, permettendogli di respirare. Egli si immergeva sospeso all'imbarcazione da una corda legata alla cintola. Questa corda era anche il mezzo di comunicazione con le persone che stavano sulla barca. La "conversazione" tra il palombaro, sul fondo, e la guida, sulla barca, avveniva tramite leggeri strattoni che, chi aveva necessità di comunicare, dava alla corda.
Il riemergere del palombaro da una profondità superiore ai quindici metri doveva avvenire in modo lento e graduale. Questo procedimento, che ha norme precise, va sotto il nome di decompressione.
Il palombaro munito di scafandro è una figura quasi all'estinzione. Il ricordo, a Ponza, va a Nicola Fragliassi, un palombaro che, nella decade a cavallo degli anni cinquanta, si immerse a Punta Papa per recuperare parte della nave LST 349. Oggi ci si immerge coperto da una muta e usando l'autorespiratore. Il palombaro è diventato un sub.



Il palombaro
Foto di fine Ottocento quando ci furono i lavori al fondale del porto
Dal libro di Silverio Mazzella "Ponzesi, gente di mare. Storie di barche, di pesca, di navigazione"

martedì 13 novembre 2018

Isole d'inverno

Isole d'inverno è il titolo di un bellissimo libro fotografico realizzato da Federica Di Giovanni, una ponzese doc.
E' un viaggio tra alcune isole italiane che Federica ha fatto con la sua macchina fotografica cogliendo attimi di quotidianità.
In ogni fotografia appaiono particolari delle isole minori che circondano la nostra penisola italiana.
Raccontano isole lontane dal caos estivo, sempre più spopolate, alle prese con mareggiate che le isolano dalla terraferma ma che nonostante tutto sono ricche di fascino.
C'è anche la nostra Ponza che sorniona e silenziosa attende...








Complimenti Federica!!!

lunedì 12 novembre 2018

Il convento di Zannone

Nella piccola isola di Zannone che fa parte dell'Arcipelago Ponziano ci sono i resti di un convento benedettino che risalgono al 1218 quando venne concessa a fra' Pietro di Sennone.
In un documento pubblicato da Erasmo Gattola risulta che frà Pietro di Sennone con altri monaci avevano ottenuto la concessione per condurre una vita da eremita da Gregorio, abate di S.Angelo a Gaeta.
Nel 1246 i benedettini adottarono la regola cistercense ed intitolarono il convento allo Spirito Santo.
In una bolla di Innocenzo IV del 30 aprile 1249 c'è questa citazione "abbati et conventui Sancti Spiritus de insula Sennon, cistercensis ordinis diocesis".
I monaci lasciarono l'isola verso la fine del 1200 probabilmente per dei contrasti sui diritti alla pesca con l'Abbazia di Ponza o forse per le incursioni dei pirati che infestavano l'Arcipelago.
Ecco cosa scrive il Graeser a proposito del convento di Zannone: "Dalle rovine del vecchio convento lo sguardo vaga liberamente in ogni parte nella "lontananza azzurra della primavera che non è possibile comprendere". Una solitudine impenetrabile, come se la grande distesa d'acqua avesse trasportato dall'intera terra tutti qui i tormenti e le pene. Anche i picchi più alti che si levano alti nell'aria, sono come pietose lapidi commemorative su un campo di battaglia. 
Per questo i monaci si sono installati nell'isola, calma e silenziosa, per dimenticare e mortificare ogni desiderio, così da ottenere la pace fino a che la terra non li avesse accolti"





I resti del convento 

(Per gentile concessione di Enza Pagliara)



Resti del convento accanto alla Casa di Caccia

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)






In queste foto due disegni del Mattei del 1847
"Rovine della Badia cistercense" di Zannone
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