sabato 8 marzo 2025

La Quaresima ponzese

La Quaresima ponzese è una bambolina che si usava appendere alla porta di casa..

 "Le tradizioni vanno conservate e tramandate. Un paese senza tradizioni  è un paese senza passato, senza storia, senza futuro" come diceva Maria Conte, ponzese che viveva a Padova, scomparsa lo scorso gennaio.


C'era anche una filastrocca che faceva così:
 " Na quareseme secca secche,
 se mangiaie na fechesecche,
 e decette dammene une 
se pegliaie nu cauce 'ngule. 
E decette dammene nate, 
ce menaie na scuppettate"

Maria Conte così raccontava la Quaresima ponzese:
La bambolina rappresenta una vecchietta con i capelli bianchi, che sta filando la lana, segno del tempo che scorre.
Sul capo, infilzate in una comune patata, si mettono 7 penne di gallina ovvero 6 nere ed 1 bianca.
Le 6 nere rappresentano le 4 Domeniche di Quaresima (I-II-III-IV), poi quella che si chiama Domenica di Passione ed infine Domenica delle Palme. Quella bianca significa la Pasqua di Resurrezione.
La vecchietta, la si poneva sotto l'arco della porta, esposta al bel tempo ed al brutto.
Ogni domenica, i piccoli di casa, a Ponza, un tempo, guardavano con ansia l'avvicinarsi della Pasqua con tutte le sue bellissime e suggestive funzioni religiose,....con il casatiello e facevano a gara a chi dovesse togliere la penna alla vecchietta.

Maria nella sua casa di Padova, insieme alla cugina Rosanna, appendeva questa  bambolina della Quaresima  per continuare la tradizione.




venerdì 7 marzo 2025

Le donne ponzesi

 Nella storia di Ponza, le donne ponzesi hanno avuto un ruolo importante a volte un pò in sordina, ma ci sono state sempre.

Già nell'Ottocento ne scrive il Tricoli, ed anche il Mattei racconta delle donne che con la forza dei remi andavano a pescare verso Palmarola.

Quelle che voglio ricordare, ora, sono le donne coraggiose che per amore dei loro uomini, confinati a Ponza, hanno sfidato il regime fascista.
Negli anni '30 / '40 Ponza era un luogo di confino dove vennero mandati gli oppositori al regime.
Giunsero uomini colti, interessanti, determinati nelle loro idee che fecero innamorare alcune ragazze ponzesi.
Queste donne non hanno avuto paura davanti alle angherie dei militi fascisti, vennero anche giudicate male dalla comunità ponzese, hanno difeso strenuamente i loro compagni, non hanno esitato a lasciare le loro famiglie.
Voglio ricordarne qualcuna.
Maria Vitiello, sorella di don Mario, sindaco di Ponza dal 1975 al 1980, divenne partigiana per amore. Sposò Gianbattista Canepa, nome di battaglia, nella resistenza, "Marzo".
Elena Vitiello, sorella di Maria, sposò Cencio Baldazzi, antifascista.
Maria Migliaccio, moglie di Mario Monti, operaio comunista, donna tenace, coraggiosa. Fece scudo con il suo corpo a Germaine, moglie di Giorgio Amendola, che era in stato di gravidanza, durante una rivolta a Ponza.
E che dire di Giuseppina Mazzella che non è riuscita, purtroppo, a vivere il suo sogno d'amore con Sandro Pertini per varie vicissitudini.
L'amore tra Rita Parisi e Mario Magri fu impetuoso ed è rimasto tale anche dopo che lui fu ucciso, il 24 marzo 1944, nell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Rita è vissuta fino alla fine dei suoi giorni nel ricordo del suo Mario.

In vista della festa dedicata alle donne il mio pensiero va a loro.


L'amore è la sola libertà del mondo, perchè eleva lo spirito a tal punto che le leggi dell'umanità o i fenomeni della natura non ne alterano il corso.

Kahil Gibran


Isola di Ponza, foto di Maurizio Musella


Maria Vitiello con il marito Gianbattista Canepa, il comandante Marzo


Rita Parisi con il marito Mario Magri, ucciso alle Fosse Ardeatine

(Foto tratte dal libro di Silverio Corvisieri "All'isola di Ponza")


Maria Migliaccio con il marito Mario Monti

(Per gentile concessione di Vera Mazzella)

giovedì 6 marzo 2025

Cento anni a Santa Maria

 Questa foto "Cento anni a Santa Maria" di Raimonda Buitoni è tratta dal libro "PONZA PALMAROLA ZANNONE"  De Luca editore,  pubblicato nel 1986.

Una bella signora affacciata alla finestra con un gatto a Santa Maria, isola di Ponza 


martedì 4 marzo 2025

Quel 5 marzo 1944 all'isola di Ponza

 Antonio Feola (Totonno Primo) è una figura un pò dimenticata che però ha avuto un ruolo importante per le sorti dell'isola di quel tempo.

Il 5 marzo 1944 Totonno Primo entrava nel porto di Ponza portando i viveri ad una popolazione ridotta alla fame.
Totonno Primo, insieme ad altri, durante la guerra faceva la spola con il continente caricando sui propri motovelieri viveri e, talvolta anche persone, soprattutto dopo l'affondamento del piroscafo Santa Lucia avvenuto il 24 luglio del 1943 nelle acque di Ventotene.

Quei giorni del 1944  sono ben raccontati da Silverio Corvisieri nel suo libro All'isola di Ponza

"Dopo l'affondamento del "Santa Lucia" il problema degli approvvigionamenti divenne quasi insolubile. Di acqua non ne arrivò più e si dovette fare ricorso esclusivo all'acqua piovana raccolta nelle cisterne mentre la sorgente di Caladinferno risultava molto indebolita a causa degli sconvolgimenti del bacino imbrifero causati dalla miniera di bentonite. Il rifornimento dei viveri, affidato ormai a qualche viaggio avventuroso del motoveliero di Antonio Feola, risentiva oltre che delle difficoltà della navigazione in un mare minato e attraversato dalla guerra, anche della rarefazione del cibo sul continente. Ponza, oltretutto, si trovava collocata davanti a una costa che fu a lungo investita da furiosi combattimenti; dapprima la battaglia del Garigliano, pochi chilometri  oltre Formia, e, dal gennaio 1944, la furibonda resistenza tedesca ad Anzio e Nettuno per ritardare l'avanzata alleata su Roma. I ponzesi che non si trovavano sotto le armi o che non avevano abbandonato l'isola per trovare un  riparo in continente, dovettero arrangiarsi con le magre risorse della loro agricoltura, dell'allevamento dei soli animali da cortile e di una pesca praticata, con molto timore e quando il tempo lo permetteva, soltanto sottocosta. Chi possedeva un pezzetto di terra poteva dirsi fortunato; per gli altri la situazione divenne tragica. Per mesi molti i ponzesi poterono nutrirsi soltanto con "erba e pesci cotti con l'acqua salata " del mare. Si arrivò persino a tagliuzzare le palette dei fichidindia in fili sottili per poi bollirli come una normale verdura. La denutrizione, e per alcuni, la fame vera e propria provocarono malattie gravi.
Durante la battaglia di Anzio alcuni ponzesi, pur di sopravvivere, si avventurarono in mare per recuperare i cadaveri dei soldati, la capitaneria del porto pagava una certa cifra per ogni corpo strappato al mare. Il mese più terribile fu forse il febbraio 1944; alla fine del mese, quando si contavano già 15 persone morte di fame, il maltempo bloccò per molti giorni qualsiasi possibilità di navigazione. L'isola raggiunse il culmine della disperazione. Il parroco, che intanto aveva acquisito una grande autorità come era accaduto a Ponza ai suoi predecessori in altri tragici momenti, insieme al comandante del porto Giovanni Di Cecca, fece lanciare al governatore alleato d'Ischia un drammatico appello: "Popolo Ponza muore fame" e, al tempo stesso, riunì i fedeli per tre giorni di preghiere ovviamente rivolte a San Silverio affinchè intercedesse presso l'Onnipotente. Il caso volle che proprio un'ora dopo la predica di domenica 5 marzo, una nave inglese pilotata  da quel vecchio lupo di mare di Antonio Feola facesse il suo ingresso nel porto di Ponza nonostante l'incredibile bufera che agitava le acque. La nave trasportava un carico di farina bianca e di farinella (un miscuglio di legumi macinati), una vera e propria benedizione che salvò la vita a molta gente." 

Nota:
Antonio Feola (Totonno Primo) era figlio di Angelo Feola e Concetta Mazzella, nipote di Evangelista Feola e Gabriella Conte


Antonio Feola (Totonno primo)



L'isola di Ponza in foto antiche


domenica 2 marzo 2025

Carnevale di tanti anni fa

 Il Carnevale all'isola di Ponza, come in tanti altri luoghi, è un momento di puro divertimento per grandi e piccini come dimostrano queste foto di tanti anni fa.

Il martedì grasso  in molti paesi si brucia il fantoccio di Carnevale per decretare la fine di questo periodo divertente e spensierato.

Una filastrocca ponzese recita così:

 Carnevà pecchè si muorte?

L'insalàte stève all'uòrte

si sapève che tu murive

ie te dève pane e vine

si sapève che tu campàve

ie te dève scòrze i fàve...








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