Negli anni '30 il fotografo Stefano Bricarelli venne inviato da Mussolini all'isola di Ponza per documentare il modo di vivere dei confinati.
Doveva realizzare un servizio fotografico per la rivista Life e mostrare agli americani che il confino non era un Gulag. La rivista americana però poi non pubblicò il reportage.
Il fotografo doveva mostrare la parte bella del confino ma, purtroppo, non era così come leggiamo dai racconti dei confinati.
Gli stessi militi fascisti, nelle lettere ai familiari, definiscono il confino la "vita da cani", "fuori dal consorzio umano" in cui erano costretti.
Altro che "villeggiatura", i confinati quotidianamente subivano angherie, vessati, alcuni venivano pedinati tutto il giorno.
Due intellettuali dal balcone del loro alloggio
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