martedì 30 settembre 2025

Un proverbio ponzese

 Quanne è buon tièmpe ògne cannèlle pèsche

(quando il tempo è bello ogni canna pesca)

Quando c'è lavoro in abbondanza tutti, anche gli incapaci, trovano posto

(Dal libro di Ernesto Prudente "A Pànje - i proverbi di Ponza -")


Isola di Ponza (Foto di Lella Iacono, mia sorella, settembre 2025)

domenica 28 settembre 2025

Il caffè Amato

 Questa storia è tratta dal libro "PONZA Mare" di Paolo Iannuccelli  e Mario Marcelli ed è accaduta nei primi anni'50.

"La strada che risaliva dal porto verso il paese s'immetteva in un largo all'inizio di corso Pisacane, dove aveva sede il caffè Amato. Locale elegante, modernamente attrezzato in grado di soddisfare ogni richiesta, ogni gusto. Era gestito con polso fermo dal proprietario, che aveva trasferito in esso le regole di ordine, disciplina e precisione che vigevano nella Marina Militare, presso il quale egli aveva passato lunghi anni prestando servizio in qualità di sottufficiale, guadagnandosi onori e decorazioni. Il personale addetto era scelto, altamente preparato e addestrato alla solerzia, alla cortesia. Il locale era frequentato dall'èlite dei turisti, che in esso ritrovarono la stessa accoglienza, la stessa civile cordialità dei famosi caffè delle città dalle quali essi provenivano.

Nulla sfuggiva al controllo del proprietario , maresciallo Amato. Non solo l'amministrazione e l'andazzo generale erano  strettamente seguiti, ma anche il comportamento dei dipendenti verso la clientela. Ricordo che anche il figlio avvocato, quando  i gravosi impegni forensi glielo consentivano, serviva nel bar in aiuto al genitore. 

Un giorno presero posto in un tavolo esterno alcuni cineasti, tra cui Sofia Loren, che ordinarono alcune bevande. Il maresciallo Amato, ritenendo questi clienti persone di riguardo, volle servirli personalmente. Prese il cabaret con le consumazioni e si diresse verso il tavolo, ma a causa della sua avanzata età, le mani gli tremavano facendo tintinnare i bicchieri. Sofia Loren scattò: "Faccio io, faccio io". Fece finta di prendere la guantiera, ma in effetti non lo fece e tutto rovinò a terra. Il maresciallo, nonostante la sua tarda età, capì che gli era stato fatto uno scherzo di cattivo gusto e rampognò Sofia con uno di quei liscio e busso che soleva fare ai marinai suoi dipendenti. In stretto dialetto pose anche in dubbio l'onorabilità della ragazza. Sofia Loren, napoletana, certo capì, ma non reagì. Pagò i danni e con un forzato sorriso, andò via verso Punta Bianca."

Nota:

Il caffè Amato si trovava dove è ora il Bar Incontro



Il luogo dov'era il caffè Amato, all'inizio di Corso Pisacane


La salita che dal Molo porta al luogo dov'era il caffè Amato


Sofia Loren che era a Ponza per girare il film "Africa sotto i mari", 1953 (Per gentile concessione di Lina Raso)

venerdì 26 settembre 2025

Le Cisterne romane all'isola di Ponza

 Di Cisterne romane, a Ponza, ne sono state censite più di trenta ma, per ora, ne sono state recuperate solo due, quindi c'è ancora molto da fare.

Per anni sono state ridotte ad immondezzai, sfruttate, violate con costruzioni abusive, oggi, finalmente, si è capito che recuperarle è molto importante.
Sono fruibili la Cisterna della Dragonara e quella del Corridoio in via Comandante che ho trovato stupende. Ora tocca, forse, alla Grotta del Serpente e speriamo in futuro prossimo a quella più grande di via Parata.
Durante le visite c'erano persone molto interessate, stupite da tanta bellezza, che hanno formulato domante pertinenti.
Questo è il turismo che ci vuole a Ponza!!!
A proposito di Cisterne ecco come le descrive Giovanni Maria De Rossi nel libro Ponza Palmarola Zannone: "Tipologicamente e strutturalmente le cisterne sono molto simili, tutte scavate nella roccia tufacea, si articolano su una serie di corridoi con incroci perpendicolari tra loro, lasciando così dei piloni risparmiati a parziale sostegno delle gallerie. La zona centrale è di solito più curata ed articolata delle parti periferiche, soggette a successive modifiche ed ampliamenti. Interventi in muratura, presenti in maniera più o meno rilevante, sono da mettersi in relazione alla diversa consistenza del banco tufaceo, dove se necessario, anche le volte vengono foderate per evitare cedimenti. Uno spesso strato di cocciopesto, solo parzialmente conservato, isolava pareti e piano di calpestio; uno zoccolo aggettante ne proteggeva l'angolo di intersezione.
Altra caratteristica comune è la notevole altezza interna delle gallerie, per aumentarne la superficie filtrante, favorire una buona circolazione dell'aria ed evitare l'imputridirsi dell'acqua stagnante. Tracce di calcare, ancora visibili sulle pareti, mostrano che il livello medio dell'acqua all'interno non superava i 30 - 40 cm. sul piano di calpestio. Dei pozzi praticati nel soffitto permettevano di attingere l'acqua nei serbatoi; salvo in rari casi, è però difficile stabilirne l'autenticità o la forma originale, per crolli o successive modifiche.
Il prolungato uso ed il sistema costruttivo dei serbatoi non ne permettono una datazione precisa, la tecnica degli interventi in muratura, comunque non necessariamente contemporanei allo scavo iniziale, e spesso eseguiti in momenti differenti anche nell'ambito della stessa cisterna, indica un periodo che va dall'età augustea al II sec. d. C.
Attualmente la maggior parte delle cisterne è in cattivo stato di conservazione per i cedimenti della roccia, alcune inoltre, in mancanza di precisi vincoli archeologici, vengono utilizzate come scarico di immondizie, o adattate ad abitazione, murandone le aperture e approfondendone i vani praticabili."

Ogni Cisterna ha una particolarità, ognuna ha una storia.
Quella di via Parata nell'antichità veniva chiamata Palazzo o Grotta di Pilato ed è segnalata su alcune piantine del XVI - XVII secolo. Ha avuto molteplici usi oltre a quello di essere cisterna d'acqua, era fabbrica del vetro, Bagno penale, Rifugio antiaereo durante il secondo conflitto mondiale.
Della Grotta del Serpente, la leggenda vuole che ad un certo punto del percorso qualsiasi fuoco, acceso per illuminare, venisse spento come da un soffio maligno. Può darsi che questa cisterna rifornisse la villa imperiale poco distante o il porto di Santa Maria. Prende il nome sempre da una leggenda perchè  pare che un serpente dimorasse proprio in quella grotta spaventando chiunque si trovasse a passare da quelle parti.
Qualcuno, a torto, ritiene che il recupero delle cisterne sia inutile, io non la penso così, andassero a visitare il Cisternone di Formia o la Piscina Mirabilis di Bacoli per capire.
Questa è cultura!!!
Sono convinti che la gente viene a Ponza solo per il mare, invece potrebbero venire anche per la storia, per l'archeologia.
Andrebbero però pubblicizzate di più.


Cisterna della Dragonara


Cisterna del Corridoio


Grotta del Serpente


La Cisterna di Via Parata piena d'immondizia


La Locandina per visitare le Cisterne Romane



giovedì 25 settembre 2025

Chialiuna

 'A luna state cantanno?

Ma addu nuie nun c'è juorno dell'anno

ca nce vase nfronte 'a sera,

manco fosseme i frate cchiù senceri.

Tene nu posto preferito

addò si iate, sicuro 'a vedite.

E'  'na spiaggia chiara, longa, 

tagliata ind' 'a muntagna comme 'na conca.

'U mare azzurro 'a bagna

e le fa da cumpagna.

'A luna esce ind' 'u cielo

e se cunnelea

comme fosse mbraccio  a mamma soia.

Nu chiarore se spanne attuorno

ca pare juorno.

'I prete janche s'arapeno a 'sta luce

e cu ll'onne rireno doce doce, 

furmanno nu paradiso p' 'i nnammurati.

Si ce iate, ve n'addunate.

A Chialiuna l'ammore nse cuntrolla

e si 'a uagliona sta teseca, ns'ammolla, 

dopo nu poco, a chillu panorama, 

è essa propete ca votte 'i mmane.

Comm'è bella 'a spiaggia lucente

ind' 'a notte d'argiento;

l'onne iocano c' 'a luce d' a luna

e tutt' 'u munno pare che llà s' 'aùna. 


(Poesia di Francesco De Luca tratta dal libro " ''all'anema ' i ponza")


Nelle foto: Isola di Ponza, Chiaia di Luna, agosto 2025)






martedì 23 settembre 2025

Imbarcazioni del '900 all'isola di Ponza

 Oggi nel porto di Ponza ci sono perlopiù imbarcazioni ai fini turistici mentre da pesca ne sono rimaste pochissime, sopravvissute alla grande flotta che ha fatto conoscere i pescatori ponzesi in tutto il Mediterraneo.

Secondo Giulio Vitiello in "Ponza brevis insula...brevis historia", le imbarcazioni di proprietà dei ponzesi tra il 1901 e il 1939 erano tante e ne traccia un quadro rilevante. Molte erano adibite al trasporto di aragoste che rifornivano i mercati di Genova, Marsiglia, Barcellona.

Qualche imbarcazione ponzese del '900

 Nella prima foto, Isola di Ponza, Cutter Filomena Madre ormeggiato alla punta tra Sant'Antonio e Giancos dell'armatore Giuseppe Andreozzi

Nella seconda foto, il bastimento Raffaele Sandolo ex Mariù, trasportava le aragoste a Marsiglia e i capitoni a Napoli

Poi il Bastimento Papà Vincenzino dei fratelli Mazzella (Sigaretta) che trasportava merci da Formia a Ponza

Ed ancora la Maria Pace ex San Ciro costruita nel 1923 di Antonio Feola (Totonno primo)

Anni '40, in primo piano il cutter Santuario di Pompei del mio bisnonno Ciro Iacono e poi raffigurato in un quadro che avevano i miei nonni.









sabato 20 settembre 2025

Buon compleanno papà!!!

 Buon compleanno papà ovunque tu sia!!!

Il ricordo non muore mai...

Ciro Iacono nato a Ponza il 21 settembre 1920


Ciro Iacono, il mio papà, con la nipotina, mia figlia Marianna che, in questa foto, ha poco più di un anno

venerdì 19 settembre 2025

Capo dell'Arco a Ventotene

 Pietro Fabris, 1776.

“Il promontorio di Capo dell’Arco sull’isola di Ventotene”
Acquaforte colorata a mano.
(e una bella barca tre alberi vele latine)

(Tratto da un post di Cristina Carone sul gruppo FB "Imbarcazioni e Marinai di tempi remoti")

Il 20 settembre all'isola di Ventotene che, insieme a Ponza fa parte dell'Arcipelago Ponziano, si festeggia Santa Candida.
Buona festa!!!



mercoledì 17 settembre 2025

Buon anniversario!!!

 Il 18 settembre del 1947 è il giorno in cui i miei genitori si sono sposati.

Mia madre raccontava che era piovuto tutta la notte ma al mattino c'era un bel sole.
Lei una bella ragazza i Ncoppè i' Cuonte mentre Ciro era un bel giovanotto della zona del porto.
Erano giovani, belli e ci hanno donato la vita.

Buon anniversario ovunque voi siate!!!

Mano nella mano
abbiamo attraversato
i continenti di questa terra, 
ma nessuno era vasto
come il mio amore per te.
Insieme abbiamo navigato
tutti gli oceani,
ma nessuno era profondo
come il mio amore per te.

Wilbur Smith


Mio padre Ciro Iacono e mia madre Elvira Conte


I miei genitori nel giorno del loro matrimonio

domenica 14 settembre 2025

Un grande pescatore ponzese: Silverio Conte detto Facciabruciata

 Silverio Conte detto Facciabruciata , nato nel 1917, era un grande pescatore ponzese ed ha raccolto le sue parole in un'intervista Gino Usai che ho trovato nel suo libro "I pescatori ponzesi in Sardegna dal Settecento ai giorni nostri".

Racconta una vita di coraggio e sacrifici, veramente toccante.

"Io ho cominciato a fare il pescatore all'età di otto anni con i miei zii che pescavano nell'isola tunisina che noi chiamavamo in dialetto Jàlita, cioè La Galite , era il 1925 ed ero già orfano di mio padre Carmine, morto che io avevo appena compiuto tre anni. Ora toccava a me tirare avanti la famiglia. 

Ero un ragazzo e avevo la faccia già sfigurata dal fuoco per via di un incidente che ebbi in casa con l'acqua bollente. Inutili furono le cure dolorosissime nell'ospedale di Napoli. Di quell'incidente mi è rimasto il volto deturpato e il soprannome Facciabruciata.

Fatta la festa di S. Silverio dei pescatori nell'ultima domenica di Febbraio, m'imbarcarono sopra un gozzo per la campagna di pesca all'aragosta in Sardegna. Partimmo insieme ad una decina di gozzi. Rotta per Anzio, poi costa costa arrivammo a Civitavecchia, dove comprammo le gallette.

Dopo due giorni di navigazione a vela e a remi, giornate intere passate a vogare, arrivammo a Giannutri, e siccome il mare era buono, puntammo direttamente su Giglio dove ci fermammo per una sosta. Io soffrivo il mal di mare ed ero stanchissimo, ma mi sentivo grande vicino a zio Tore e a tutti quei pescatori, e non vedevo l'ora di arrivare in Sardegna.

A Giglio facemmo rifornimento di viveri: acqua, legumi e il pane. Poi puntammo su Montecristo dove ci fermammo a pescare con la lenza i pesci da mangiare: perchie, scorfani ed altro. Io presi tante perchie ed ero felicissimo. Poi il tempo si guastò e restammo fermi per qualche giorno. Quando il mare calmò, puntammo su Portovecchio, in Corsica. Superate le bocche di Bonifacio, che ci fecero torcere (là è sempe maletìempo!) arrivammo a Santa Teresa di Gallura e ci fermammo a pescare, dopo una quindicina di giorni di navigazione. Là c'erano già tanti pescatori ponzesi che pescavano quelle acque, fino all'Asinara, dove i fondali erano pieni di aragoste. 

Poi riprendemmo la navigazione e dopo una sosta a Bosa arrivammo a Carloforte. Pescammo alcuni giorni e partimmo per La Galite, rimpetto alle coste della Tunisia.

Quando giungemmo a La Galite, nell'aprile del 1925, era successa una grave disgrazia: qualche settimana prima il micidiale Ghibli travolse e affondò nella rada sette burchielli ponzesi. Affondarono il "S. Pietro" di Pietro Sandolo; la "Santa Caterina" di Domenico Mazzella e il "S. Francesco" di Evangelista Feola.

Si salvò solo il "S. Ciro" di Ciro Conte, mio zio, che quando vide montare il vento e ingrossare le onde subito salì a bordo con l'equipaggio, fece alzare le vele e ordinò di salpare velocemente senza neanche tirare l'ancora, che venne abbandonata sul fondo. Sfidando le onde in tempesta, riuscì ad aggirare l'isola e a mettersi a ridosso, salvando così la barca e gli uomini. Ma ci riuscì, si disse, perchè Ciro Conte era in combutta con gli spiriti maligni. 

Per fortuna in quel naufragio generale non ci furono morti, ma vedere quei relitti che affioravano sul fondale basso e altri resti sparsi sulla riva era una cosa che ci straziò e ci riempì di paura. Ricordo la disperazione di Pietro Sandolo che perse il "San Pietro" e i racconti che mi fece il giovane Silverio Aprea, che nel tentativo di avvicinarsi con una scialuppa al burchiello per salirci su, venne scaraventato in mare da un'onda che capovolse il canotto. Travolto dai cavalloni riuscì a raggiungere la riva e a salvarsi grazie alla sua abilità di nuotatore.. Quel naufragio fu una grave perdita per la marineria ponzese. Mai era accaduta una disgrazia simile.

La Galite era abitata da una colonia di ponzesi e da qualche siciliano, uno dei quali sposò una ponzese. Giungevano lì pescatori anche da Carloforte. Non esisteva un porto sull'isola e le barche davano la fonda in una rada. Di notte, onde evitare la sorpresa del maltempo, tiravano i gozzi a secco e lì dentro l'equipaggio pernottava. Quando il tempo era particolarmente brutto trovavano rifugio nelle grotte dei coloni ponzesi stanziali, la famiglia D'Arco ed altri. Noi però non abbiamo mai avuto questo piacere, dormivamo sulle barche all'addiaccio.

D'estate per sottrarsi al pesante lavoro e alla calura, andavamo all'ombra degli scogli, coi piedi a mare, ove era possibile imbattersi con estrema facilità in qualche stupenda aragosta. A quel tempo il mare era molto pescoso.

Pescavamo aragoste e le mettevamo nei marruffi, cinque quintali a marruffo, poi aspettavamo l'arrivo dei bastimenti che li caricavano nei vivai e li portavano a Marsiglia. Il 15 agosto in Francia veniva decretata la chiusura della pesca all'aragosta e così terminava la nostra campagna di pesca.

Per mangiare salavamo i colli di aragoste, ma anche musdee e scorfani. Per ottenere l'essiccatura i pesci venivano immersi nel sale e poi esposti al sole per 15 giorni; quando erano ben essiccati venivano riposti in sacchi e conservati per l'inverno.

Terminata la campagna di pesca i gozzi venivano issati sui bastimenti e facevano ritorno a casa. Quel 1925 la campagna di pesca venne così ricompensata: 5 lire, mezzo sacco di sale e un pò di pesci salati per l'inverno a ciascun pescatore, a me toccò la metà. La vita era durissima, i pescatori gettavano il sangue e pativano la fame. Quelli erano i tempi brutti, ma eravamo sempre sotto la protezione della mano santa di S. Silverio. I pescatori ponzesi ovunque si trovassero il 20 Giugno festeggiavano. In quel giorno santo nessuno pescava, nessuno metteva la barca in mare. La devozione dei pescatori nei confronti di S. Silverio era talmente grande che ognuno di loro portava a bordo la sua immagine e lo considerava parte dell'equipaggio stesso.

In segno di devozione i pescatori, decisero di donare a S. Silverio un'aragosta d'oro. Ma questo succedeva quando esisteva la fede vera!

La Galite è un'isola bellissima.

'U primmo punzese ca jette a La Galite cient'anni fa fuie Antonio D'Arco. Aveva acciso 'nu cuatto  Ponza e se ne fujette chi curallini 'i Torre 'u Grieco'.

Poi pian pianino arrivarono altri ponzesi con le famigle e colonizzarono l'isola. Quando arrivammo noi a La Galite vi erano già molti ponzesi. Vivevano nelle grotte che avevano scavato nel tufo, come si faceva a Ponza. Allevavano vacche, capre, pecore, maiali, conigli, galline. Facevano il formaggio, coltivavano il grano e i legumi e facevano pure il vino. Vi era anche una sorgente d'acqua fresca che sgorgava in una grotta. Costruirono una chiesetta, sull'altare vi misero la statua di S. Silverio e il 20 Giugno veniva fatta la solenne processione sulla spiaggia. La domenica mia zia, Concetta Conte, chiamata ' sciammerica, sorella di mio padre, faceva pure la messa e confessava persino!

I ponzesi sono rimasti a La Galite fino al 1957, poi sono andati tutti via lasciando sul posto solo qualche famiglia che riuscì a sopravvivere ancora per un decina d'anni. Poi anche questi ultimi ponzesi lasciarono l'isola e portarono via anche la statua di S. Silverio.

Il mestiere del mare è molto duro e molto pericoloso, ma dà anche tante soddisfazioni.

Dopo la guerra mi sono sposato, ho messo su famiglia e mi sono fermato a pescare a Ponza. 

Prendevamo tanti pescispada con le coffe, poi siamo passati alle reti, ma nelle maglie incappavano anche tanti delfini. A me dispiaceva: io ho sempre amato i delfini. I delfini sono i veri alleati dei pescatori. Bastava seguirli nella loro navigazione per trovare in gran quantità aguglie, castardelli, sarde, alici e rotondi, pesci a cui loro davano la caccia. I delfini ne sono ghiotti e li inseguono, costringendoli a emergere dal fondo del mare e ad assembrarsi a forma di palla. A quel punto era facile per i pescatori gettare le reti e fare gran bottino. A volte però nella rete finivano anche i delfini, i quali non essendo buoni da mangiare venivano liberati.  A volte prima di liberarli venivano marchiati con dei tagli sulle pinne per essere poi velocemente riconosciuti come validi compagni di pesca in successivi incontri.  Quando infatti venivano avvistati, i pescatori avevano la certezza di fare una buona pesca.

Tanti anni fa a Porto S. Stefano prendemmo un delfino vivo. Sul mercato un delfino veniva pagato 50 lire, una cifra irrisoria. Più volte invitai l'equipaggio a rimetterlo in mare,  inutilmente. Durante la navigazione per tenerlo in vita lo sistemai all'ombra, ma quando la calura diventava forte il delfino emetteva lamenti simili a quelli di un bambino. Io con delle secchiate d'acqua fresca gli alleviavo le sofferenze e lui smetteva di piangere. Giunti a Ponza, chiesi insistentemente di liberarlo; questa volta la mia richiesta venne accolta e il delfino venne gettato in mare. Prima di rimetterlo in libertà lo segnai cucendogli sulla pinna un lacciolo colorato, riconoscibile a distanza. Appena messo in acqua il delfino sembrò impazzire di gioia, fece molti giri intorno alla barca e poi, puntando verso il faro della Guardia, sparì nel mare azzurro. Era una femmina e gli diedi il nome di Rosetta. 

Poi comprai un gozzo di 9,5 chiamato "Elisa". Gli diedi il nome della mia fidanzata, Elisa Albano, che poco dopo morì improvvisamente di un male sconosciuto, aveva solo 18 anni. Quindi sposai la sorella Silveria. Nel 1962 vendetti il gozzo a Giuseppe Vitiello detto Avemmaria e mi feci costruire dai fratelli Scipione a Formia una barca da pesca con una stazza di 17 tonnellate, con un motore diesel di 150 cavalli. La chiamai "Grande Elisa" e fu una gioia indescrivibile mettere a mare quel gioiello che mi costò una vita di sacrifici.

A quel tempo era la barca più bella e più grande di Ponza, il mio orgoglio. D'estate andavo a pescespada e d'inverno a merluzzi."

(Intervista di Gino Usai a Silverio Conte- Ponza,  26 agosto 1996)



Silverio Conte e barche da pesca in Banchina
(Foto tratte dal video di Rossano Di Loreto " Gente di Ponza - da Ponza alla Galite")


La Galite


Silverio Conte (Per gentile concessione di Civitina, la figlia)

venerdì 12 settembre 2025

mercoledì 10 settembre 2025

Impressioni di settembre

 Quante gocce di rugiada intorno a me

Cerco il sole, ma non c'èDorme ancora la campagna, forse noÈ sveglia, mi guarda, non so
Già l'odore della terra, odor di granoSale adagio verso me...
(Premiata Forneria Marconi)

Isola di Ponza, panorama da via Madonna (Foto di Peppino Iacono)

lunedì 8 settembre 2025

La Madonna della Salvazione

 L'otto settembre si festeggia la Madonna della Salvazione molto cara ai nostri antenati pescatori, marinai, naviganti...

I marinai ponzesi quando partivano da Ponza con i loro bastimenti per andare in Sardegna passavano sotto il cimitero tra lo Scoglio Rosso e le Grotte di Pilato. Sul promontorio nella chiesetta del Purgatorio c'è la statua della Madonna della Salvazione ed i marinai si toglievano la coppola, alzavano lo sguardo, chiedevano protezione intonando questa canzoncina. 

O Vergine bella 

madre d'amore

tu sei la stella che guarda il mar

per te stan l'onde

stan l'onde quiete

se fischia il turbo, 

si freme il mar.

A te ricorre

il buon nocchiero 

prima di porre

la nave in mar

e se confida

confida in te,

in te, sua guida.

D'ogni periglio

sa di scampar.

(Tratta dal libro di Gino Usai "I pescatori ponzesi in Sardegna dal Settecento ai giorni nostri")


La chiesetta 
dove è custodita la statua della Madonna della Salvazione


Tra lo Scoglio Rosso e le Grotte di Pilato i marinai ponzesi passavano con le loro imbarcazioni e salutavano la Madonna (Foto di Rossano di Loreto)


La statua della Madonna della Salvazione com' era nella chiesetta del Purgatorio all'interno del Cimitero. Con il Bambinello e nella mano una barchetta. E' molto antica, credo sia del '600.



La statua com'è adesso senza Bambinello e senza barchetta nella mano


Una goletta ponzese

domenica 7 settembre 2025

Benvenuto Alessio!!!

 Oggi, 7 settembre 2025, a Roma, alle ore 5, 45, è nato Alessio Iacono. 

Tanti auguri al papà Ciro, alla mamma Marisa, ai nonni (in particolare a mio fratello Peppino), e a tutta la famiglia.

Una grande gioia!!!


Isola di Ponza, l'alba del 7 settembre 2025 (Foto di Rossano di Loreto)

venerdì 5 settembre 2025

Gli acquarelli di Giancarlo De Petris

 L'artista Giancarlo De Petris ha realizzato dei bellissimi acquarelli che hanno come soggetto Ponza e le altre isole Ponziane, ogni immagine ha una didascalia.

Ha realizzato con gli acquarelli non solo il calendario, ma anche un libro, forse solo in francese di nome "Les carnets des îles Pontines". 
Da questo libro è tratto l'acquerello con le barche per esempio. 

Il link di instagram di De Petris https://www.instagram.com/depetrisgiancarlo/?hl=it

Dal Lungomare di San Felice Circeo le  isole Ponziane
La spiaggia di Cala del Porto a Palmarola

Le barche disegnate tra le isole Ponziane

Le tre isole dal Lungomare 
Chiaia di Luna
Bagno vecchio
Parata degli Scotti

mercoledì 3 settembre 2025

Cento anni di attività

 Nel 2025 il negozio di alimentari "Da Ninetta" all'isola di Ponza compie cento anni ed ha una bella storia.

Era stato aperto nel 1925 da Maria Antonia Romano e Vincenzo Curcio. 

Vincenzo venne a Ponza da Ventotene sposò Maria Antonia e verso la metà degli anni '20, come tanti ponzesi, voleva emigrare in America.

Aveva già otto figli con Maria Antonia e lei non volle restare sola a Ponza quindi con il marito aprì un piccolo negozio giù alla  Banchina vendendo frutta, generi alimentari... quindi Vincenzo rinunciò ad andare in America.

Partivano con la loro barca a vela verso i porti più vicini per caricare merce da vendere a Ponza. Vincenzo arrivato a Ponza metteva la merce nelle ceste e insieme ai figli andavano a vendere in giro per l'isola.

"Femmene ascite a dinti i palette è arrivate Vicienze i Barbaresche "  "Venite  accattà da Vicienze i Barbaresche" si faceva sentire Vincenzo. 

Maria Antonia ha partorito anche qualche figlio sulla barca in navigazione ed ebbero in tutto 12 figli. 

Il soprannome Barbaresche deriva dal fatto che Vincenzo andando a caccia per la sopravvivenza della famiglia un giorno sparò ad uccello e gridò "aggia pigliate na "gallina barbaresche" e da allora la sua grande famiglia viene chiamata così.

Questo negozio con il tempo si è evoluto prima con la figlia Ninetta ed ora è gestito dalle nipoti Silvia e Francesca D'Angelo.

Nota: 

Non sappiamo quale uccello fosse la "gallina barbaresche" chiamata così nel dialetto di Ventotene da cui proveniva Vincenzo

(Per gentile concessione di Silvia e Francesca D'Angelo, le nipoti di Vincenzo e Maria Antonia)



Il negozio giù alla Banchina Di Fazio


La statua di San Silverio esposta nel negozio


Piennùli i pummadore  esposti nel negozio


Maria Antonia Romano


Vincenzo Curcio



Tra queste barche c'è quella di Vicienze i Barbaresche


La figlia Ninetta, classe 1937, da cui prende il nome il negozio
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...