martedì 30 marzo 2021

La pesca del corallo

 I ponzesi oltre alla pesca dell'aragosta e di altri pesci andavano a pescare anche il corallo. Era un lavoro durissimo, lontano dalle loro famiglie. 

Il grande Ernesto Prudente così racconta:

"Fino a qualche decennio fa a Ponza vi erano una quindicina di barche che si dedicavano alla pesca del corallo. Non trovandolo nei mari di Ponza che erano stati tutti perlustrati e spogliati, i nostri pescatori si spostarono in Sardegna e in altri luoghi, per una intera stagione di pesca  che durava all'incirca sei mesi. Il corallo veniva strappato dagli scogli con una particolare attrezzatura: u ngègne. Un congegno formato da due consistenti assi di quercia dalla lunghezza variabile  secondo quella della barca. I due assi erano inchiodati o bullonati a croce con al centro un rilevante peso di pietra o di catena per un maggiore appesantimento. Agli assi, per tutta la loro lunghezza, venivano legate, a fasci, delle reti sfilacciate a cui doveva impigliarsi il corallo. Il congegno, tenuto da un cavo, veniva posato sul fondo alla base dello scoglio che si voleva "lavorare". Dalla coperta, con un movimento di tira e molla, si portava l'attrezzo a strofinare lo scoglio e in questo salire e scendere le reti si impigliavano nel corallo e lo strappavano dalla parete dello scoglio su cui era nato e cresciuto.

Il lavoro di sfregamento durava diverse ore, poi il congegno veniva issato a bordo con l'aiuto di un verricello. Se la quantità e la qualità del pescato erano rilevanti, si cambiavano le reti e si rimetteva in acqua l'attrezzo per un nuovo turno di lavoro sempre sullo stesso scoglio mentre a bordo si provvedeva a sfilare i rami di corallo dalle reti e a deporli, secondo la consistenza e la grandezza, perchè differente era il prezzo di vendita, in casse diverse.

I bravi corallari mettendo una mano sul cavo teso che reggeva il congegno sapevano dire se su quello scoglio c'era o meno corallo. Il corallo veniva venduto a Ponza dove arrivavano, per l'esame del prodotto, i commercianti da Torre del Greco, la patria del corallo. Il marinaio veniva pagato quasi sempre a vendita avvenuta e così saldava i debiti contratti dalla famiglia con i commercianti alimentari.

Nei tempi passati il corallo ha rappresentato un rilevante fonte di guadagno per l'economia isolana. Tante case sono sorte con i proventi del corallo. La vita del corallaro, sei mesi lontano da casa, su un piccolo gozzo, era dura e miserevole tanto che cantavano questa canzonetta: "Volendo arricchire la mia casa/ pensai imbarco di coral torrese/ che tanto nobile e cortese/  che gli avrei fatto ancora le spese/  Alla Torre facemi il musso a riso/ in Alghero na coppola m'incasa/  in Barbaria diviene arrisa/ a pane ed acqua con vita canina/ al sole con molle e tira la sfarzina/ manco il cuoio ci ritorni a casa".

In tantissime case ponziane, specialmente in quelle di Le Forna, troviamo bene esposta e gelosamente custodita, na schiante i curalle. Essa è come un cielo stellato. Potrebbe insegnarci tante cose ma noi siamo disattenti."

Molti pescatori ponzesi, già nell'Ottocento, si spingevano a pescare alle secche Graham, al largo di Sciacca, in Sicilia, dove c'era un banco ricchissimo di corallo. Giunsero  nel luogo dove emerse, nel 1831, l'isola Ferdinandea insieme ai pescatori torresi. 

Anche lo storico ponzese dell'Ottocento Tricoli racconta di questi pescatori che andavano molto lontano per la pesca del corallo e del loro canto monotono.






Il corallo nelle profondità marine


"Na schiante i curalle" come scrive Ernesto

Una tartana corallina




Giunsero anche dove emerse per poco tempo l'isola Ferdinandea


L'isola Ferdinandea

(Immagini reperite in rete)


Ed ora un video sui pescatori di corallo in Sardegna del 1955 in cui si vede tutta la loro fatica che mi ha segnalato Claudio Romano



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