mercoledì 1 ottobre 2014

Viaggio alle isole del confino

Sfogliando la rivista del 1985, Vivere Ponza, ho trovato delle pagine molto interessanti che raccontano il viaggio di Johann Karl Graeser, un viaggiatore svizzero che approdò a Ponza nel 1897.
Ecco il suo incontro con Ponza:
Il sole cala sull'orizzonte. Finalmente ci avviciniamo a Ponza, la più grande dell'Arcipelago, che si estende lunga e frastagliata. Una foschia rosso viola avvolge l'isola sulla quale è come sospeso un pulviscolo che da riverberi di luce in prossimità dei picchi più alti. il mare sembra trattenere il respiro ed è ora come una lamina d'oro fuso macchiato da improvvisi bagliori turchese.
Ho visitato luoghi molto belli in ogni angolo della terra, ma raramente ho vissuto impressioni così favolose come su queste variopinte isole vulcaniche dove la natura ha seminato a piene mani e secondo l'estro più capriccioso fantastiche bellezze.
E pensare che pochissimi sono quelli che vi approdano per visitarle, mentre è invece il luogo ideale per dimenticare gli affanni della vita e rinfrancare l'animo.
L'"isola di Circe" giace come una enorme sciabola turca macchiata di sangue su un mare luccicante.
Lo stretto fra il Porto e Chiaia di Luna ne formano il manico e la vetta del Monte Guardia l'elsa di onice verde-opaco.
Immaginando di tagliarla orizzontalmente per tutta la sua lunghezza essa assumerebbe la forma poi di una preziosa arma orientale, una sciabola della Persia o del Caucaso, intarsiata di pietre preziose e dal multiformi riflessi d'oro e d'argento.
Giunti in rada, l'abitato a ridosso del monte subito incanta. Fuori del Porto stanno alcuni scogli bassi, le Formiche, come una flottiglia in procinto di salpare. Essi si stagliano su di una parete violentemente frastagliata di roccia dura e dai colori ocra, bruno e bianco.
Scuri cipressi si innalzano nell'aria fra bianchi monumenti di marmo fra i quali si distingue un campanile e la cupola di una cappella. Il cimitero in primo  piano, quasi a ricordare una vecchia maledizione che sembra ancora pesare. E di nuovo la mente va a quel quadro dell'"Isola della Morte" e all'immagine del burbero traghettatore Caronte.
Alla fine però è la vita ad aver sopravvento su tutto. Gli scogli colorati e le rocce che si elevano come guardie si riflettono nello specchio d'acqua limpida come cristallo di fronte all'ampio bacino del porto. 
A fianco una piccola valle, fertile e tutta verde; ovunque bianche casette, adagiate tra pareti di tufo e colorati rocce trachitiche. Tutto questo splendido paesaggio ancora caldo dei raggi del sole calante, tutta questa natura pulsante non lascia posto a pensieri del passato e di morte. Risuona la voce rauca del capitano napoletano dalla testa calva e gialla che si alza come la luna fra collo e berretto: " Piano, mezza forza, basta!"
Attracchiamo: Comincia lo sbarco, chiassoso come sempre nel sud, sebbene a sbarcare siano solamente pochi coatti con gli inseparabili carabinieri e alcune casse. Alcune file di case, l'una sull'altra, formano tutto il paese verso levante, dove si trova il cimitero.
L'abitato è chiuso da questa parte dalla rossa cupola della Chiesa di S.Silverio. A ponente si estende lungo il declivio della collina dietro la quale si eleva il punto più alto dell'isola, Monte Guardia (283 mt). su questa collina coronata di viti risalta come un cubo l'edificio pezzato bianco e nero, del Telegrafo della Marina.
Molto bella la descrizione di questo arrivo all'isola......
Ponza porto con i colori che potrebbero essere quelli raccontati da Graeser......
(agosto 2014)












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