"Il grigio profilo dell'isola si stagliava netto all'orizzonte. Partiti da Ponza la sera precedente e dopo una navigazione con mare calmo e una brezza tesa e fresca di Libeccio, che avevano favorito la traversata, la Sardegna era in vista. Da lì a poche ore avrebbero potuto consegnare posta e masserizie ai ponzesi che su piccoli gozzi erano disseminati lungo la costa sarda per la pesca dei coralli e delle aragoste.
Zì Rocco al timone si accese la pipa dal fornelletto di creta e chiamò a raccolta i due ragazzi di bordo, Gennaro, 12 anni, al suo secondo imbarco e Domenico suo figlio di un anno più grande. Il tempo stava cambiando e quei nuvoloni neri che spuntavano dalle alture dell'ormai vicina costa non gli piacevano. Non gli piacevano affatto, anzi lo preoccupavano molto.
Dopo tanta esperienza di navigazione sapeva benissimo che erano foriere di tempesta e quando più è improvvisa tanto più è violenta. Bisognava prepararsi ad affrontarla nel migliore dei modi. Diede ordine di cogliere bene le sartie, sistemare tutto ciò che si poteva sotto coperta e di sgottare completamente l'acqua dalla sentina.
Tutto doveva essere in ordine perchè in pochi attimi nel pieno della tempesta anche la migliore situazione può rovinosamente precipitare. Velocissimo il fronte della tempesta sorprese la piccola imbarcazione precludendo qualsiasi via di fuga verso una baia ridossata.
Non rimaneva che affrontare il fortunale. La barca fu raggiunta da raffiche di vento forte e gelido che strapparono l'unica vela terzarolata issata per mettersi alla cappa e da onde poderose che la sballottavano come un guscio di noce. Il timone non rispondeva più, erano alla deriva. Giunta la notte il mare era peggiorato.
La barca, ormai ingovernabile, fu investita da un'onda gigantesca, montò da prua spazzando tutto quando trovò sul suo cammino e Domenico, preso in pieno, venne scaraventato in mare. Negli occhi del vecchio padre la disperazione nella consapevolezza di non poter fare nulla in quel buio. Solo un miracolo poteva essere d'aiuto e alla supplica che istintivamente e con devozione rivolse a San Silverio per salvargli il figlio quindicenne fece seguito l'abbattersi sulla barca di un'altra grande onda che gli riportò Domenico sulla coperta sano e salvo.
Non poteva permettersi altri rischi: legò Gennaro e Domenico all'albero maestro e se stesso al timone. La coperta della piccola barca era spazzata continuamente da onde che mise a dura prova la tenuta delle cime che legavano i due ragazzi che continuamente investiti per ore dall'acqua gelida persero i sensi. Per tutta la notte il vecchio lottò da solo con tutte le forze mettendo a frutto le esperienze della sua lunga vita da navigante. Continuamente rifornì d'olio il sacco che trainava a poppa per calmare le onde come in una sorta d'offerta sacrificale assieme all'invocazione dei santi protettori.
Quando la furia della tempesta nella notte cominciò a dare segni di stanchezza anche il vecchio stremato si lasciò andare e cadde in un torpore che lo avvolse in un sonno incontrollato e perse i sensi. Il tepore del sole dell'alba sul viso li svegliò, erano su un mare ormai calmato. La barca dondolava pigramente senza un alito di vento cullata da lunghe onde di risacca. Erano giunti sulla costa laziale. Per tutta la notte la barca, sospinta da onde e vento, aveva percorso a ritroso la rotta guadagnata con la navigazione. Le vele erano lacere e la coperta devastata, ma erano salvi."
(Racconto tratto dal libro di Silverio Mazzella "Ponzesi gente di mare. Storie di barche, di pesca, di navigazione")
Mare in tempesta (Foto di Dimitri Scripnic)
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