Da ragazzina, all'isola di Ponza, giocavo alla campana nel cortile della scuola elementare, in via V. De Luca, sulla Parata.
Ci racconta di questo gioco Ernesto Prudente. Ecco cosa scrive:
"La campana consisteva nel disegnare per terra, con gesso o carbone, un rettangolo che veniva diviso, nella sua lunghezza, da una linea centrale in due parti uguali e, per la sua larghezza, in dieci spazi uguali, cinque da un lato e cinque dall'altro lato. spazi che venivano numerati. Sul lato opposto alla partenza, da un angolo all'altro del rettangolo, si disegnava un semicerchio. Era la zona del riposo. La giocatrice che iniziava doveva lanciare una piastrella nello spazio indicato dal numero uno e avanzando su un solo piede doveva attraversare tutti gli spazi, senza mettere il piede sulle linee tracciate, fino ad arrivare nella zona di riposo dove poteva sostare poggiando ambedue i piedi. Riprendeva poi il cammino in senso inverso, sempre saltellando su un solo piede, e una volta giunto nello spazio laterale dove aveva messo la piastrella la doveva raccogliere. Toccare le righe con il piede, poggiare a terra l'altro piede, mettere la mano per terra quando si raccoglieva la piastrella erano motivi di squalifica che faceva subentrare nel gioco un'altra concorrente."
Quanti ricordi...
Il gioco della campana in un dipinto di fine Ottocento del pittore francese Thèophile Emmanuel Duverger
Si gioca...
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