La credenza popolare immagina che u munacielle sia un fantasma che indossa il saio da monaco, un folletto a tratti buono ma anche dispettoso che occupa la casa.
La famiglia che abita in quella casa può ricevere tanta fortuna oppure essere infastidita a tal punto da essere costretta ad a cambiare abitazione.
La tradizione impone un fatto importante, la famiglia che riceve fortuna non dovrà mai dire ad altre persone della presenza del munacielle, se uno solo del nucleo familiare parla, da quel momento riceveranno solo guai.
La leggenda del munacielle ha origini antiche, nasce a Napoli nel 1445.
Il munacielle sarebbe il figlio di Caterinella, una signorina benestante che quando la sua famiglia si accorse che era incinta la rinchiusero in convento ed uccisero il fidanzato.
Il figlio gracilino crebbe in quel convento, indossava un vestito da monaco e morì in circostanze misteriose.
Da lì partì la leggenda del munacielle che i nostri antenati portarono fino a Ponza.
Ernesto Prudente nel suo libro "Leggende isolane" racconta del munacielle così:
"E' rimasto nelle zone dove è vissuto da vivo. E in questi luoghi la gente lo rivede mentre scorrazza nelle case vendicandosi, in qualsiasi modo e in qualsiasi maniera, di chi lo ha tormentato.
Una vendetta contraria la manifesta per chi ha avuto nei suoi confronti parole e opere di generosità e di umanità.
Quando la padrona di casa trova la bottiglia dell'olio rovesciata e vuota, la vescica della "nzogne" presa di mira dagli artigli del gatto, anche se non vive in casa, il salame appeso mangiucchiato dal roditore, l'acqua che ha invaso la cucina e allora non ci sono dubbi: il colpevole è il "munacielle".
E' lui che urtando il braccio della signorinella, che lavora al ricamo, le fa pungere il dito e il sangue non si stagna più. E' lui che mette lo sgambetto alla ragazza che porta a tavola il vassoio con i bicchieri, facendola rotolare per terra.
E' lui che inacidire il vino nelle botti.
In tutte le manifestazioni avverse c'è la mano diabolica del "munacielle".
Una diabolicità che si notava anche nel pianto continuo e abitudinario di un bambino. Le mamme, per tenere lontano il "munacielle", attaccavano agli indumenti intimi dei bambini, con una spilla di sicurezza, un "abbetielle", uno scapolare fatto da un pezzetto di stoffa che avvolgeva l'immagine di un santo.
Quando invece la massaia trovava sul tavolo della cucina una borsa piena di pasta, un fiasco pieno di olio, un sacchetto di patate, era stata anche opera del "munacielle" come era opera sua quando, nel rifare il letto, si trovava, fra le lenzuola, qualche moneta d'argento.
Era lui che tormentava coloro che lo deridevano."
Era lui che portava in casa benessere e tesori.
I nostri antenati lo importarono anche a Ponza dove ha vissuto, sempre a vicende alterne, fino alla metà del secolo scorso. Ha avuto un posto di rilievo nella cultura isolana. Si è sempre parlato della sua discontinua apparenza, con doni o bastonate a seconda del proprio comportamento o del proprio credito.
Ernesto scrive ancora a proposito del munacielle:
"Con gli anni è scomparso. E con la morte di Marietta a Gaetana e Titina int'i palette, nessuno ne parla più.
Nessuno, rivolgendosi a qualche fortunato, dice più: "Tiene u munacielle a case".
Il "munacielle" era temuto e rispettato. Da qualcuno finalmente amato".
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
U munacielle
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