domenica 28 aprile 2024

Minicuccio

 Minicuccio (Domenico Coppa) era un personaggio che viveva all'isola di Ponza tanti anni fa, lo ricordo vagamente.  Aveva un negozietto in Corso Pisacane, un tempo Corso Principe di Napoli, era venditore ambulante e banditore.  Nel cinema di via Corridoio Minicuccio era lì con la sua bancarella di dolciumi, lupini, noccioline, semi di zucca ed il canestro con le bibite.

Nel libro "Zì Baldone (accadde a Ponza nel Novecento)" di Silverio Corvisieri così viene descritto Minicuccio:

"La voce di Minicuccio, il banditore, rompeva con toni da muezzin il silenzio attonito dell'isola immersa nelle estate incantate degli anni Cinquanta. Le prime felici estati dopo la lunga notte delle guerre e dei dopoguerra. Le ultime felici estati prima delle onde turistiche motorizzate. Nella piccola casba biancheggiante di calce, la voce del banditore penetrava forte e acuta, indimenticabile, insistendo fino allo sfinimento sulla penultima vocale dell'ultima parola: "i mulugnàne a ciènte lire u chiiiile" oppure "uhè è arrivàte a vàrche furastèèèèère". Potevano essere pesci invece di melanzane o un nuovo medico invece della barca forestiera. Che importava? La voce di Minicuccio - maledetta da chi stava facendo la siesta, accolta con grida festose dai bambini - era una colonna sonora che, sembrava venire da altre epoche e da altri continenti. Nelle stradine che s'inerpicavano sulle colline nessun altro suono o rumore la contrastava, a parte l'improvviso ragliare di un asino o il battito sul selciato degli zoccoli di qualche screanzato. Minicuccio non era un uomo come tutti gli altri. C'era in lui, e attorno a lui, qualcosa che inquietava e, al tempo stesso, destava divertita sorpresa. Quella voce indimenticabile usciva da una bocca storta a causa di una mandibola rovinata  e strideva, per la sua penetrante acutezza, con l'aria grigia e trascurata della persona. Gli occhi avevano talvolta guizzi inaspettati così come sbalorditiva era la sua capacità di tenere i conti: non avendo mai studiato aritmetica, aveva inventato un modo tutto suo di fare i calcoli; lo si vedeva tracciare segni misteriosi che facevano pensare a civiltà scomparse o alla notte dei tempi quando agli sciamani venivano attribuite conoscenze divine. Mai una volta che sbagliasse. Di lui si diceva che dormisse pochissimo; le regolari sette ore notturne non appartenevano alla sua umanità; riposava quando poteva, quando glielo consentivano le mille piccole attività con le quali sbarcava il lunario, e, soprattutto, quando le inquietudini del suo spirito gli concedevano brevi tregue. Appariva sempre come stordito salvo sorprenderti con manifestazioni d'intelligenza non comune. C'è  chi giura di non averlo mai visto a una festa o in un bar o in una di quelle cantine - osteria allora affollate da bevitori e giocatori; nessuno aveva mai avuto il privilegio di una conversazione con Minicuccio che andasse al di là dello scambio di parole strettamente necessarie per la compravendita delle merci. Ma la sua voce si faceva sentire, eccome! Essa risuonava anche in paesi lontani, insieme con la risacca del mare e i sibili del vento, nelle orecchie e nell'anima dei ponzesi emigrati. Quella voce lasciava la sua impronta nei cuori delle persone più sensibili come un'evocazione di sentimenti ancestrali. Minicuccio se ne andò non appena le estati ponzesi cominciarono ad essere meno silenziose, come se la sua voce non sopportasse di essere offesa dal crescente frastuono dei motori di auto e barche. 

Chissà se Minicuccio vedendo arrivare, nell'estate del 1950, il primo piroscafo della linea Anzio - Ponza pensò che quello era il principio della fine. Sull'isola l'avvenimento fu festeggiato da tutti, o da quasi tutti.  Un'eccezione ci fu certamente: quella di un romano, vecchio frequentatore di Ponza, che, alla vista dei primi turisti, scosse la testa ed esclamò: "Ponza è finita". Intendeva dire che l'isola incantata ormai non sarebbe stata più a disposizione di pochi intimi amici. Lo guardarono come si guarda un pazzo ma forse Minicuccio lo capì meglio di chiunque altro."


Nelle foto vediamo Corso Pisacane com'era (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)





Minicuccio

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