Nel tempo Ponza ha avuto dei pescatori subacquei che ancora ricordiamo per la loro bravura, per le loro capacità, come Silverio Zecca, Mimì Dies e Gavino.
Come i ponzesi si sono perfezionati in questo tipo di pesca lo racconta Ernesto Prudente nei suoi libri.
Ecco cosa scrive: "Era l'estate del 1936. In un caldo pomeriggio di fine luglio sbarcarono a Ponza due giapponesi. Erano due giovani funzionari dell'ambasciata nipponica a Roma. Vennero ricevuti, allo sbarco. dal commissario di P.S. a cui erano stati raccomandati. Trovarono alloggio presso una famiglia e consumarono i pasti nella trattoria "Zi Capozzi", l'unico ristoro dell'isola.
Tutti i pomeriggi, al ritorno dal bagno, portavano nella trattoria un buon numero di saraghi e ombrine. Sceglievano quelli da mandare, in regalo, al commissario e quelli che volevano mangiare la sera e il restante lo regalavano alla zia Capozzi che, quando non aveva clienti, lo distribuiva ai notabili del paese.
Il perpetuarsi di favolose pescate incuriosì molto la signora Antonietta che, non vedendo nei due gentiluomini dei pescatori, nè tantomeno erano dotati di attrezzi da pesca, incominciò a porre domande su come pescassero tutto quel pesce.
I due giapponesi, con la loro caratteristica cadenza linguistica, che faceva tanto ridere la trattora, fecero capire che si dilettavano nella pesca sott'acqua.
La cosa era talmente nuova, in un paese di pescatori, che spinse la zia Capozzi a parlarne con Aristide Baglio che, a sua volta, ne parlò con Luigi Murolo suo costante e assiduo compagno di pesca alle occhiate con i nattelli e con la traino.
Il giorno dopo, Aristide e Luigino seguirono, come poliziotti, i due giapponesi.
Li precedettero a Chiaia di Luna dove, per non destare sospetti, si misero ad armeggiare intorno alla loro barca che tenevano a secco in una grotta.
La loro attenzione era, però, soltanto ai due giapponesi.
Li videro stendere gli asciugamani su cui posarono gli indumenti. Notarono che trassero un qualcosa dalla borsa che avvitarono, così sembrava dai movimenti, ad una estremità di due bastoni. La loro meraviglia fu enorme quando li videro mettersi un paio di occhialini, non prima di averli sciacquati a mare. Intorno alla vita si legarono una cordicella.
Con gli occhialini e con il bastone, tenuto dalla destra, su tuffarono prendendo la via del Fieno.
Aristide e Luigi manifestarono mille pensieri su quell'armamentario. Il più costante fu quello di attenderli all'arrivo.
Cosa che fecero, seguendoli sempre con lo sguardo.
Attesero diverse ore.
Quando li videro ritornare prima che toccassero la riva posero, volutamente, sul bagnasciuga davanti agli asciugamani stesi.
Qui dovevano venire.
Quando emersero, ognuno di loro aveva all'incirca, una dozzina di pesci infilati nella cordicella.
Essendo a stretto contatto, salutarono e giù una serie di domande in cui i giapponesi diedero ampie risposte.
Del bastone, che in fondo era fiocina, si resero perfettamente conto di come era fatto e del suo peso approssimativo.
La loro curiosità maggiore era rivolta agli occhiali che provarono e riprovarono.
Aderivano perfettamente nell'orbita ed erano di una sostanza simile all'ambra.
Contenti per la loro scoperta presero la via del ritorno portandosi a casa buona parte del pescato, loro offerta.
Il giorno dopo e quelli seguenti furono per loro un travaglio continuo perchè volevano equipaggiarsi come quei due."
Con mezzi di fortuna riuscirono a riprodurre occhialini e fiocina...
"...Era nata così, con Aristide e Luigino, la prima attrezzatura subacquea italiana che diede anche buoni risultati.
Diversi giovani di Ponza si diedero a copiare le lenti di Aristide e Luigino: Adalgiso Coppa, Ninotto Mazzella, Alberto Migliaccio,Giannino Mazzella.
Essi le usarono soprattutto per raccogliere patelle e cozze pelose.
Quando uscirono i primi fucili (il Saetta e poi il Cernia), per essi, essendo già esperti sommozzatori, fu facile diventare ottimi pescatori subacquei.
A loro seguirono Silverio Zecca, Mimì Dies, Gavino, le cui imprese leggendarie fanno parte della storia della pesca subacquea in apnea, scrivendo pagine memorabili"
Nota:
Secondo il Corvisieri i giapponesi erano tre: Tukumori Agaraje, suo fratello Soghi e suo zio Tazuo Agaraje, dell'isola di Okinawa, la principale delle Rjukju. In questa isola c'erano delle scuole dove si imparava la tecnica per diventare sakanaciuki cioè "infilzatori di pesce".
Il grande pescatore subacqueo Silverio Zecca con le sue prede che come possiamo vedere dalle foto sono di grossa taglia
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
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