Le cisterne d'acqua al tempo dei Romani avevano una grande importanza in un'isola come Ponza.
Si raccoglieva in questi grandi serbatoi tutta l'acqua possibile per soddisfare la popolazione che era numerosa in quel periodo, ma anche per rifornire le navi di passaggio.
L'acqua prima di giungere in banchina subiva un processo di decantazione.
Ecco a tal proposito cosa scrive don Luigi Dies in "Ponza perla di Roma" nel 1950: "La fistola pescava in una vasta cisterna al livello del mare. Questa, a sua volta, riceveva da un'altra cisterna soprastante l'acqua già riversata in essa da una terza. La terza aveva raccolte le acque piovane dai depositi scavati in superiori altezze e disposti su tutte le colline dell'isola. L'imponente massa d'acqua che trascinava con sè ciottoli e detriti, raccolta in altitudine, si veniva purificando, man mano che era decantata nei depositi immediatamente sottostanti, fino a diventare potabile al livello del mare. Nel Corso Umberto, presso la Parata, è visibile uno di questi magnifici serbatoi che ancora attestano il senso pratico dei Romani. Osserviamolo.
LA VASTISSIMA CISTERNA DEL BAGNO
A livello di strada, l'ingresso pietosamente incustodito, il che è tanto strano, quanto significativo, ha tutto l'aspetto d'un Ninfeo o tempietto, sacro...forse a divinità acquarie. Probabilmente l'irregolarità dell'ambiente, che risalta a chi entra, è dovuta alla natura della roccia in cui venne scavato l'antro. Gli architetti dovettero pensare d'adibire a cisterna una cava di tufo da costruzione, che ampliarono nel senso non ancora perforato della montagna. Questa cisterna è detta del bagno, perchè i Borboni vi posero, a loro tempo, il dormitorio) dei forzati qui dedotti per la esecuzione del piano di colonizzazione; diventò per questo un bagno penale.
Sono imponenti gli archi a crociera, tagliati nel tufo, corrono quattro lunghissime navate, divise da tredici pesanti pilastri ricavati dallo stesso taglio. Grande cura fu posta nell'ampliare al massimo questo deposito, il cui scavo arriva fin sotto la collina degli Scotti.
Il laterizio e l'opus reticolarum furono ottimi mezzi per risanare e rafforzare fondi e pilastri, minacciati da sabbia, pomice o vene meno compatte del tufo. Tutta la superficie interna è ricoperta d'intonaco signino e a terra non mancano i pulvini.
Si calcola che in questo deposito potevano essere raccolte molte migliaia di tonnellate d'acqua. Le due cisterne inferiori hanno la stessa forma e ampiezza."
Il Dies scrive ancora che "....oltre la scarpata borbonica per il tiro a secco delle barche da pesca è stato innestato nel muro un piccolo rubinetto di ottone che distribuisce l'acqua della cisterna pubblica detta del portone".
Forse si riferisce alla cisterna Tagliamonte, sotto l'hotel Mari, detta anche del Portone (Portone di Pascarella) che riforniva l'area portuale.
Speriamo che si riescano a recuperare un po' tutte le cisterne....si potrebbe ricostruire il percorso dell'acqua...
Sarebbe veramente interessante...
Un'eventuale scoperta di un collegamento tra la cisterna di via Parata e quella di via Comandante, come penso io, sarebbe incredibile e chissà se c'è un nesso anche con quella Tagliamonte nel Portone di Pascarella.
Il Portone di Pascarella....da queste parti c'è la cisterna Tagliamonte
(foto di Marianna Licari)
Il Portone di Pascarella durante la pioggia. L'acqua che scende dagli Scotti, attraversa via Parata, via Corridoio, giunge in Corso Pisacane e poi in mare. Un tempo l'acqua finiva nelle cisterne.
(foto reperita in rete)
Una fistola aquaria
Una fistola aquaria ritrovata ad Ercolano
Una volta a crociera
Nota:
La fistola aquaria è una conduttura idrica solitamente in piombo, ma anche più raramente, in terracotta
(fonte Wikipedia)
Nessun commento:
Posta un commento
I vostri pensieri