Tante piccole storie contribuiscono a fare la STORIA.
La storia d'amore di Walter e Silvia è nata al confino all'isola di Ponza ovviamente ostacolata visto il periodo, in pieno regime fascista.
Giordano Walter Busi, nome di battaglia Michele, nacque a Bologna nel 1907, confinato a Ponza sposò nel luglio 1933 la ponzese Silvia (Silveria) Vitiello. Dal loro amore nacque nel maggio 1934 il figlio Spartaco.
Questa storia è tratta dal libro di Silverio Corvisieri "Zi' Baldone (accadde a Ponza nel Novecento)"
"Silvia Vitiello s'innamorò di Walter Busi, muratore comunista di Bologna, suscitando la collera di suo fratello Filippo e la viva apprensione della madre. Fin dal 1933, quando i due non erano ancora sposati, il direttore della colonia di Ponza chiese al ministero dell'Interno di trasferire il confinato dal momento che non si potevano escludere "incidenti" vista la posizione di fascista del fratello ed il carattere deciso della madre..."
"...In questo clima infuocato i due innamorati non potevano mai incontrarsi ma ciononostante, in alcune occasioni, grazie a Maria Migliaccio riuscirono a scambiarsi qualche biglietto. Scoperta questa corrispondenza, considerata una violazione del Testo Unico di P.S., Busi dovette comparire davanti alla commissione per l'esecuzione della legge di P.S. , che era stata istituita anche a Ponza (ne facevano parte il parroco Raffaele Tagliamonte, il medico e seniore della milizia Andrea Buonsante e il direttore della colonia commissario Amerigo Di Marzo) . La commissione condannò il confinato a 20 giorni di carcere perchè - così si legge nella sentenza - col suo comportamento aveva turbato la madre e il fratello di Silvia i quali "non senza ragioni minacciano vendetta verso di lui". Il giorno stesso Silvia abbandonò la casa dei suoi genitori e andò a vivere in un appartamento preso in affitto, in attesa che Busi - trasferito a Ventotene dopo la condanna - potesse tornare a Ponza per sposarla.
Dopo un ultimo fuoco di sbarramento dei familiari, Silvia potè sposare Walter e andare a vivere con lui a Ventotene; ritornò a Ponza soltanto per partorire un bel maschietto e attendere il ritorno del marito. Cosa che avvenne nell'aprile del 1934 ma durò soltanto un paio di anni perchè Busi fu nuovamente arrestato col sospetto che raccogliesse i fondi per i combattenti antifranchisti in Spagna. Lei rimase per qualche tempo a Bologna presso i suoceri che però erano molto poveri; il 19 aprile 1937 la prefettura di Bologna riconobbe che le condizioni economiche di Silvia e di di suo figlio erano "veramente critiche" e dette parere favorevole alla concessione di un sussidio. Le fu impedito, nello stesso anno, di recarsi a Ventotene a visitare il marito nuovamente confinato perchè Walter - così scrisse il direttore di quella colonia - era "un pessimo elemento, immeritevole di qualsiasi benevola considerazione" . La madre di Silvia, aggiunse il commissario, viveva in condizioni agiate ed era disposta ad accogliere la figlia ma a condizione ch'ella si separasse dal marito.
Nel 1938 Busi fu condannato ad altri cinque anni di carcere per reati politici ma parte della pena fu poi condonata; nel 1941 egli fu di nuovo spedito al confino a Ventotene mentre Silvia era costretta a tornare a Ponza.
I due poterono riunirsi soltanto dopo la caduta di Mussolini ma ben presto Busi si rituffò nella lotta politica in uno stato di semiclandestinità perchè il nuovo governo di Pietro Badoglio si mostrava estremamente prudente nel ripristino delle libertà fondamentali. Dopo l'8 settembre e l'invasione tedesca, Busi fu nominato commissario politico di una formazione partigiana che operava nella città di Bologna. Gli furono fatali i combattimenti del novembre 1944 quando i partigiani - ritenendo molto prossimo l'arrivo degli Alleati - tentarono di liberare la città. Furono invece lasciati soli ed i grandi difficoltà. Il 18 novembre Busi, catturato da brigatisti neri, fu immediatamente torturato e poi fucilato. Aveva 37 anni e ne aveva vissuti 19 tra carcere e isole di confino.
A guerra finita Silvia si trovò a Bologna, insieme a suo figlio, senza una casa e senza un lavoro. Ma il sindaco Giuseppe Dozza che di Busi aveva condiviso le idee e le lotte, provvide a farla sistemare in due stanze di una villa requisita e la fece assumere come operaia alle Manifatture Tabacchi. L'ultima battaglia di Silvia fu quella di ottenere da parte dello stato italiano il riconoscimento di suo marito come combattente caduto per la liberazione..."
"...Busi fu infine riconosciuto per quello che era stato e alla vedova fu concessa la pensione prevista dalla legge. Silvia non ha più voluto risposarsi."
Una grande storia d'amore che ha sfidato il tempo.
Sarebbe bello trovare qualche foto di Silvia, la immagino come una donna di gran carattere e coraggiosa. Sicuramente era bellissima.
Il santino del funerale di Giordano Walter Busi (Fondo fotografico ANPI, istituto Parri, Bologna)
Le foto segnaletiche nel suo fascicolo personale presso l'Archivio di Stato di Bologna
L'isola di Ponza com'era
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