Una palatella (filoncino) costava 70 lire.
Temistocle, il fornaio, aveva il forno in via Corridoio, a due passi da casa mia.
Ricordo che, a volte, compravo per me anche un pezzo di pizza da portare come merenda a scuola.
Era buonissima!!!
A Ponza, un tempo, c'erano tante panetterie e forni come ci racconta Ernesto Prudente in un suo libro.
Ecco:
"...Nel recente passato Ponza aveva tanti e diversi panificatori: Maria a pustère (Maria la postina), con forno e rivendita all'inizio di via Corridoio, di fronte all'ingresso del "Portone di Pascarella".
Ciccillo Esposito con la rivendita di pane nei locali dove oggi c'è l'agenzia immobiliare Isotur, più avanti, sempre in Corso Pisacane, allora Principe di Napoli, c'era la bottega dove si vendeva il pane del fornaio Temistocle che panificava in via Corridoio.
Sempre camminando per il Corso Pisacane si incrociavano le panetterie di Biasièlle D'Arco, u fotografo, sulla Punta Bianca e poco più avanti quelle di Giovanni Ronca e di Giovanni D'Atri.
Quest'ultimo, in seguito, trasferì la sua attività di lavoro sulla Banchina Di Fazio.
Mi raccontava il figlio Gigino, coetaneo di Itilio, quindi vecchio, che con il trasferimento del forno in via Banchina nacque la pizza da vendere al pubblico.
Siamo nel 1960.
L'anno dopo a Ponza, sempre a detta di Gigino, videro la luce ben diciotto pizzerie.
Ancora più avanti panificava Maria Grazia Conte che vendeva direttamente il suo prodotto.
Un salto a Giancos per fermarsi, lungo la strada che porta a Le Forna, nel negozio della Russiella, dal colore rossiccio dei capelli, nonna dei tre nipoti, due sorelle e un fratello, che gestiscono, in comunione dei beni, con la partecipazione di collaboratori, l'emporio ed il forno.
Ai tempi della vera Russiella si panificava sopra Giancos, nella sua abitazione, dotata, come la maggior parte delle case ponzesi, di forno. Il marito trasportava con l'asino il pane da Sopra Giancos al negozio per la vendita al pubblico. Sul basto dell'asino aveva sistemato due grosse ceste, una per lato, per il trasporto del prodotto.
Mi raccontava la nipote che la vendita avveniva anche in forma ambulante: " il nonno si recava anche a Le Forna a vendere il pane".
"...Con un bel salto, da Giancos raggiungiamo Santa Maria dove in via Loggia panificava Generoso mentre in via Staglio vi era il forno di Bonaria a panettière, anche allora, e di quei tempi era tutto dire, ospitale oltre ogni limite. Una ospitalità e una accoglienza che ha trasmesso agli eredi, di cui approfitto continuamente.
Oggi è Peppe, figlio di Bonaria a panificare e a provvedere alla vendita.
Non bisogna perdere tempo, bisogna correre perchè dobbiamo raggiungere Le Forna dove: "Jnnare i Cìòmme" panificava e vendeva il suo prodotto a Calacaparra mentre "a Palummelle" e "Aniello i Ciaciane" panificavano nella zona della Piana, dove avevano anche il negozio per la rivendita.
Dopo la scomparsa di queste panetterie n'è nata una nuova sulla Chiesa, quella di Silverio Sandolo, che tuttora panifica e distribuisce il suo prodotto ai vari negozianti...
Oggi, in tutta l'isola, sono rimasti soltanto tre fornai che non riescono a soddisfare le richieste per cui si è costretti a rivolgersi al continente."
"...Dei quattordici fornai ne sono rimasti solo tre.
Di quei tempi, erano decine e decine le case dove si panificava per le esigenze della famiglia. La quasi totalità delle famiglie contadine panificava in casa. Altro che quattordici fornai!"
Ernesto scrive ancora in un altro libro:
"...I vecchi come me ricordano l'antico sapore del pane fatto in casa, cotto nel forno a legna com'era costumanza di quell'epoca.
La qualità di pane che si faceva in casa doveva essere sufficiente per almeno otto-dieci-dodici giorni. Nessuno, allora, parlava di pane "tuoste". Quando in una famiglia il pane terminava prima del previsto si metteva mano alle "freselle", il pane biscottato.
La casa dove si panificava era dotata di tutta l'attrezzatura necessaria per la bisogna.
Un pensierino va al "criscete", il lievito. Era un composto acidulo di farina impastata che veniva tolto dalla precedente panificazione.
Alla fine dell'impastatura, prima che si "arruotàssere" i "panièlle", pagnotta, e i "palate", filone, si toglieva un pugno di pasta che si metteva in un piatto per lasciarla inacidire e usarla per la prossima panificazione."
Altri tempi...ma anche questa è storia dell'isola.
La Ponza di un tempo...
Temistocle Curcio, il fornaio
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
'A "palate" (filone) i pane
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