Il 5 marzo 2014 ci sarà una cerimonia commemorativa per ricordare quel giorno di settanta anni fa in cui Totonno Primo entrava nel porto di Ponza portando i viveri ad una popolazione ridotta alla fame.
Totonno Primo, durante la guerra faceva la spola con il continente caricando sui propri motovelieri viveri e, talvolta anche persone, soprattutto dopo l'affondamento del piroscafo Santa Lucia avvenuto il 24 luglio del 1943 nelle acque di Ventotene.
Con Totonno Primo la mia famiglia era legata da rapporti di parentela perchè era cugino sia di mio nonno Peppino Iacono che di mia nonna Olimpia...erano nipoti di Evangelista Feola che abitava a Sant'Antonio, morto a 104 anni.
Ma ritorniamo a quei giorni del 1944 che sono ben raccontati da Silverio Corvisieri nel suo libro All'isola di Ponza...
"Dopo l'affondamento del "Santa Lucia" il problema degli approvvigionamenti divenne quasi insolubile. Di acqua non ne arrivò più e si dovette fare ricorso esclusivo all'acqua piovana raccolta nelle cisterne mentre la sorgente di Caladinferno risultava molto indebolita a causa degli sconvolgimenti del bacino imbrifero causati dalla miniera di bentonite. Il rifornimento dei viveri, affidato ormai a qualche viaggio avventuroso del motoveliero di Antonio Feola, risentiva oltre che delle difficoltà della navigazione in un mare minato e attraversato dalla guerra, anche della rarefazione del cibo sul continente. Ponza, oltretutto, si trovava collocata davanti a una costa che fu a lungo investita da furiosi combattimenti; dapprima la battaglia del Garigliano, pochi chilometri oltre Formia, e, dal gennaio 1944, la furibonda resistenza tedesca ad Anzio e Nettuno per ritardare l'avanzata alleata su Roma. I ponzesi che non si trovavano sotto le armi o che non avevano abbandonato l'isola per trovare un riparo in continente, dovettero arrangiarsi con le magre risorse della loro agricoltura, dell'allevamento dei soli animali da cortile e di una pesca praticata, con molto timore e quando il tempo lo permetteva, soltanto sottocosta. Chi possedeva un pezzetto di terra poteva dirsi fortunato; per gli altri la situazione divenne tragica. Per mesi molti i ponzesi poterono nutrirsi soltanto con "erba e pesci cotti con l'acqua salata " del mare. Si arrivò persino a tagliuzzare le palette dei fichidindia in fili sottili per poi bollirli come una normale verdura. La denutrizione, e per alcuni, la fame vera e propria provocarono malattie gravi.
Durante la battaglia di Anzio alcuni ponzesi, pur di sopravvivere, si avventurarono in mare per recuperare i cadaveri dei soldati, la capitaneria del porto pagava una certa cifra per ogni corpo strappato al mare. Il mese più terribile fu forse il febbraio 1944; alla fine del mese, quando si contavano già 15 persone morte di fame, il maltempo bloccò per molti giorni qualsiasi possibilità di navigazione. L'isola raggiunse il culmine della disperazione. Il parroco, che intanto aveva acquisito una grande autorità come era accaduto a Ponza ai suoi predecessori in altri tragici momenti, insieme al comandante del porto Giovanni Di Cecca, fece lanciare al governatore alleato d'Ischia un drammatico appello: "Popolo Ponza muore fame" e, al tempo stesso, riunì i fedeli per tre giorni di preghiere ovviamente rivolte a San Silverio affinchè intercedesse presso l'Onnipotente. Il caso volle che proprio un'ora dopo la predica di domenica 5 marzo, una nave inglese pilotata da quel vecchio lupo di mare di Antonio Feola facesse il suo ingresso nel porto di Ponza nonostante l'incredibile bufera che agitava le acque. La nave trasportava un carico di farina bianca e di farinella (un miscuglio di legumi macinati), una vera e propria benedizione che salvò la vita a molta gente."
Antonio Feola (Totonno Primo) figlio di Angelo Feola e Concetta Mazzella, nipote di Evangelista Feola e Gabriella Conte
Il motoveliero "Santuario di Pompei" con cui nonno Peppino Iacono, navigava durante la guerra
Motovelieri alla Banchina di Ponza