Il 23 aprile del 1778, all'isola di Ponza, morirono in un naufragio delle persone parenti tra loro, tra cui un mio antenato, Michele Iacono.
Michele morì insieme al fratello Vincenzino di 19 anni, ai cognati Biagio Tagliamonte, Nicola Colonna ed un parente Agostino Califano, un ragazzo di soli 13 anni.
Questo naufragio è certificato nel registro dei defunti presso la chiesa madre ed è firmato dal regio cappellano Nicola Verde.
Così è scritto:
"In giorno 23 di aprile dell'anno 1778, Biagio Tagliamonte, Michele Iacono, Nicola Colonna, Vincenzino Iacono e Agostino Califano resero l'anima a Dio, naufragati in mare con la loro imbarcazione..."
Ovviamente non si conosce la causa di questo naufragio.
Michele Iacono lasciò la moglie Carmela Tagliamonte e due figli in tenera età, Silverio e Aniello.
Io discendo da Aniello che perse il papà all'età di un anno.
Aniello sposò Maria Concetta Albano ed erano i trisavoli di mio padre Ciro Iacono.
I genitori di Michele erano Pietro Paolo Iacono ed Elena Di Tomasso.
In quel naufragio persero due figli, Michele e Vincenzino, due generi, mariti delle figlie Maria Antonia e Candida Iacono.
Una tragedia!!!
I nonni Pietro Paolo Iacono ed Elena Di Tomasso adottarono il piccolo Pietro Tagliamonte di 4 anni.
Pietro Paolo Iacono era giunto a Ponza da Ischia e aveva stipulato il contratto che gli concedeva in enfiteusi il terreno da coltivare, in zona Scarpellini, davanti al notar Palombo il 29 novembre 1769.
Erano quindi dei coloni, della povera gente che era giunta a Ponza da Ischia in cerca di un futuro migliore.
Una brutta pagina di storia ponzese...
La causa del naufragio potrebbe essere stata una tempesta improvvisa...chissà
L'isola di Ponza in una foto antica
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
I terreni concessi ai coloni
Agostino Grasso- Pianta dell'isola di Ponza ed altre isole XVIII sec.
Territorio di Pietro Paolo Iacono a Scarpellini
(Dal libro "Pontio. L'isola di Pilato" di V.Bonifacio)
Il documento che certifica la morte di Biagio Tagliamonte, Michele Iacono, Vincenzino Iacono, Nicola Colonna e Agostino Califano. E' redatto dal regio cappellano Nicola Verde ed è nel registro dei defunti nella chiesa madre di Ponza
domenica 31 maggio 2020
venerdì 29 maggio 2020
Altro proverbio ponzese
Tiène mmane a pescina quanne è chiène
pecchè quanne nu chiòve cchiù a pescina è fennute
Significa che bisogna usare l'acqua del pozzo (pescina) con parsimonia perchè quando non piove più è finita.
I proverbi nascono sempre dalla saggezza popolare
Il pozzo (pescina) della Torre dei Borboni
Un pozzo (pescina) sopra gli Scotti
pecchè quanne nu chiòve cchiù a pescina è fennute
Significa che bisogna usare l'acqua del pozzo (pescina) con parsimonia perchè quando non piove più è finita.
I proverbi nascono sempre dalla saggezza popolare
Il pozzo (pescina) della Torre dei Borboni
Un pozzo (pescina) sopra gli Scotti
martedì 26 maggio 2020
La balenottera che si arenò nel 1957 nella baia di Frontone
Nella tarda primavera del 1957 una balenottera si arenò nella baia di Frontone, all'isola di Ponza
Ma una cosa del genere era già accaduta nel passato, nell'Ottocento, e sempre nella stessa zona
Il Tricoli nel 1855 scrive:
"BALENA. La stessa in febbrajo del 1814 era dalle onde rigettata sulla spiaggia di Frontone, avendo la lunghezza di 102 piedi, come estinta da colpo di cannone ricevuto sullo schinale. Ad evitare danni alla salute, dalle barche e lance fu trascinata in alto mare, ma ritornò per dar cozzo alli scogli della Dirupata."
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
In questa foto l'osso della colonna vertebrale della balenottera custodito nel Museo Etnografico di Gerardo Mazzella a Frontone.
La nonna di Gerardo, Maddalena, avvistò per prima la balenottera e corse già alla spiaggia, le sembrò grande come un palazzo. Poi furono avvertite le Autorità.
Lo scheletro pare si trovi tuttora all'interno della Cisterna di Via Parata
Ma una cosa del genere era già accaduta nel passato, nell'Ottocento, e sempre nella stessa zona
Il Tricoli nel 1855 scrive:
"BALENA. La stessa in febbrajo del 1814 era dalle onde rigettata sulla spiaggia di Frontone, avendo la lunghezza di 102 piedi, come estinta da colpo di cannone ricevuto sullo schinale. Ad evitare danni alla salute, dalle barche e lance fu trascinata in alto mare, ma ritornò per dar cozzo alli scogli della Dirupata."
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
In questa foto l'osso della colonna vertebrale della balenottera custodito nel Museo Etnografico di Gerardo Mazzella a Frontone.
La nonna di Gerardo, Maddalena, avvistò per prima la balenottera e corse già alla spiaggia, le sembrò grande come un palazzo. Poi furono avvertite le Autorità.
Lo scheletro pare si trovi tuttora all'interno della Cisterna di Via Parata
sabato 23 maggio 2020
'U vacile cu i fiuri per l'Ascensione
Un'antica tradizione ponzese si compie in questa notte dell'Ascensione, quella del vacìle cu i fiuri.
Ci spiega bene questa tradizione la mia amica Maria Conte, ponzese a Padova da una vita.
Ecco:
"Stasera, metti in un catino petali di rosa e di altri fiori, rametti e foglie di tutte le erbe aromatiche che hai. Lasciale, se puoi, al fresco delle stelle. Domattina, dopo l'igiene personale, aspergi il viso con l'acqua profumata del catino e recita tre Gloria."
Bisogna tramandare le tradizioni di Ponza perchè sono la cultura della nostra isola.
Quella del vacìle cu i fiuri è bellissima ed io ricordo che nei giorni precedenti andavo alla ricerca dei fiori.
Per me è ancora più importante perchè sono nata nel giorno dell'Ascensione.
'U vacile cu i fiuri ponzesi
(Le foto me le ha inviate Maria Conte lo scorso anno)
Questo è 'u vacile cu i fiuri inviatomi stamattina da Maria Conte
Questo vacile cu i fiuri lo ha realizzato mia cugina Candida Musella ad Arbatax, in Sardegna
(La foto mi è stata inviata da sua sorella Annamaria Musella)
Ci spiega bene questa tradizione la mia amica Maria Conte, ponzese a Padova da una vita.
Ecco:
"Stasera, metti in un catino petali di rosa e di altri fiori, rametti e foglie di tutte le erbe aromatiche che hai. Lasciale, se puoi, al fresco delle stelle. Domattina, dopo l'igiene personale, aspergi il viso con l'acqua profumata del catino e recita tre Gloria."
Bisogna tramandare le tradizioni di Ponza perchè sono la cultura della nostra isola.
Quella del vacìle cu i fiuri è bellissima ed io ricordo che nei giorni precedenti andavo alla ricerca dei fiori.
Per me è ancora più importante perchè sono nata nel giorno dell'Ascensione.
'U vacile cu i fiuri ponzesi
(Le foto me le ha inviate Maria Conte lo scorso anno)
Questo è 'u vacile cu i fiuri inviatomi stamattina da Maria Conte
Questo vacile cu i fiuri lo ha realizzato mia cugina Candida Musella ad Arbatax, in Sardegna
(La foto mi è stata inviata da sua sorella Annamaria Musella)
venerdì 22 maggio 2020
La descrizione dell'abate Fortis in visita all'isola di Ponza nel 1789
Nel 1789 giunse a Ponza l'abate Alberto Fortis, padovano, naturalista, che girò Ponza in lungo e in largo, ed incantato scrive: "E' indescrivibile l'effetto che produce sull'animo il ritrovarsi in una piccola feluca tra quelle rupi elette a piombo, continue l'una sull'altra, grigie o nere di colore, spoglie quasi affatto di qualunque indizio di vegetazione, e minaccianti da ogni parte sfaciamento e rovina. L'azzurro celeste cupo dell'acqua limpidissima sino al fondo; il fremito delle onde che percuotono il fianco di quelle scogliere esposte al mare; l'angustia dello spazio occupato da canali, e impenetrabili per quasi tutta la giornata ai raggi del sole; la freschezza, l'inabitabilità muta e pacifica del luogo, promuovono una sorta di melanconia così seria e tranquilla, così grandiosa, che mi sembrava colà trovandomi, di essere piuttosto passato ad una nuova esistenza, che a una modificazione della mia abituale."
mercoledì 20 maggio 2020
Luna Saracena
'A luna saracena se n'è asciuta
dint'a nuttata quieta e 'mbarsamata,
ll'addore 'i ciure è alito affatato,
'u mare è 'nu cristallo alluminato.
Nuttata chiara, fresca 'i primmavera
rire stù core e canta 'a serenata,
'miezzo 'a stù suonno 'i sensi ariscetati
canta pe te bella sirena
mentre int' all''uocchie tuoi s'è fermata
l'incanto della luna saracena.
Questa bella poesia è di Carmine Pagano tratta dal libro "SANGUE 'I ROTUNNE Poesie Ponzesi"
La bellissima luna vista dall'isola di Ponza
(Foto di Rossano Di Loreto)
dint'a nuttata quieta e 'mbarsamata,
ll'addore 'i ciure è alito affatato,
'u mare è 'nu cristallo alluminato.
Nuttata chiara, fresca 'i primmavera
rire stù core e canta 'a serenata,
'miezzo 'a stù suonno 'i sensi ariscetati
canta pe te bella sirena
mentre int' all''uocchie tuoi s'è fermata
l'incanto della luna saracena.
Questa bella poesia è di Carmine Pagano tratta dal libro "SANGUE 'I ROTUNNE Poesie Ponzesi"
La bellissima luna vista dall'isola di Ponza
(Foto di Rossano Di Loreto)
domenica 17 maggio 2020
Scale, passaggi, tunnel nell'architettura ponzese
Nell'architettura della nuova Ponza di fine Settecento vennero realizzate delle discese (scèse),dei passaggi, dei piccoli tunnel, alcuni tra le case, per raggiungere velocemente le Banchine, il Corso, il Porto.
Tutto è armonizzato, niente è a caso.
Un vero capolavoro di architettura!!!
Alcune scèse o scale hanno anche dei nomi particolari eccone qualcuna.
A scala i Bòmmese dalla piazza porta alla Banchina, un tempo c'era il negozio di Clorinda Conte.
A salita i Mamòzio dalla piazza porta al Molo Musco.
A scèsa i Candida dalla Punta Bianca porta davanti alla pescheria Sogliuzzo.
A scèsa i Punta Rossa davanti al negozio di nautica Totonno porta alla Banchina nuova.
A scèsa i Cannètella è un piccolo tunnel che porta da Corso Pisacane giù al benzinaio.
A scèsa i Maria Grazia è un piccolo tunnel che da Corso Pisacane porta giù alla Banchina, ma un tempo c'era la spiaggia del Grano.
A scèsa del Grano erano delle scalette che stavano davanti alla pizzeria il Timone e portavano alla spiaggia del Grano, oggi non esiste più.
Vi era poi una scala che partiva da via Corridoio e scendeva al Cantinone sulla Banchina, non esiste più.
U purtone i Pascarella da via Corridoio porta a Corso Pisacane.
A scèsa du Giudicato è un piccolo tunnel con scale che da Corso Umberto porta in via Corridoio
Poi c'è anche un altro piccolo tunnel che da via Corridoio porta alla Punta Bianca.
Vediamo un pò di foto per capire dove sono
A scèsa di Mamòzio che dalla piazza Pisacane porta a Molo Musco
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
A scèsa di Bòmmese dalla piazza Pisacane porta alla Banchina (in questa scèsa, un tempo, c'era il negozio di alimentari di Clorinda)
(Estate 2016)
A scèsa di Candida che da Punta Bianca porta attraverso le scalette giù alla Banchina proprio davanti alla pescheria
(Estate 2016)
A scèsa di Punta Rossa, alla fine di questa scala, un tempo, c'era il mare ora c'è la Banchina
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
A scèsa i Maria Grazia che da Corso Pisacane porta alla Banchina (Maria Grazia aveva il forno per cuocere il pane)
(Estate 2015)
A scèsa abbascio u Grano non esiste più, da Corso Pisacane portava alla spiaggia del Grano
Da via Corridoio c'erano delle scale che portavano al Cantinone giù alla Banchina.
In questa foto il Cantinone è nell'arco grande che si vede sulla Banchina
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
U purtone i Pascarella collega via Corridoio con Corso Pisacane
A scèsa del Giudicato che collega Corso Umberto con via Corridoio
(Estate 2015)
La scèsa del Corridoio che porta alla Punta Bianca
(Estate 2016)
Tutto è armonizzato, niente è a caso.
Un vero capolavoro di architettura!!!
Alcune scèse o scale hanno anche dei nomi particolari eccone qualcuna.
A scala i Bòmmese dalla piazza porta alla Banchina, un tempo c'era il negozio di Clorinda Conte.
A salita i Mamòzio dalla piazza porta al Molo Musco.
A scèsa i Candida dalla Punta Bianca porta davanti alla pescheria Sogliuzzo.
A scèsa i Punta Rossa davanti al negozio di nautica Totonno porta alla Banchina nuova.
A scèsa i Cannètella è un piccolo tunnel che porta da Corso Pisacane giù al benzinaio.
A scèsa i Maria Grazia è un piccolo tunnel che da Corso Pisacane porta giù alla Banchina, ma un tempo c'era la spiaggia del Grano.
A scèsa del Grano erano delle scalette che stavano davanti alla pizzeria il Timone e portavano alla spiaggia del Grano, oggi non esiste più.
Vi era poi una scala che partiva da via Corridoio e scendeva al Cantinone sulla Banchina, non esiste più.
U purtone i Pascarella da via Corridoio porta a Corso Pisacane.
A scèsa du Giudicato è un piccolo tunnel con scale che da Corso Umberto porta in via Corridoio
Poi c'è anche un altro piccolo tunnel che da via Corridoio porta alla Punta Bianca.
Vediamo un pò di foto per capire dove sono
A scèsa di Mamòzio che dalla piazza Pisacane porta a Molo Musco
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
A scèsa di Bòmmese dalla piazza Pisacane porta alla Banchina (in questa scèsa, un tempo, c'era il negozio di alimentari di Clorinda)
(Estate 2016)
A scèsa di Candida che da Punta Bianca porta attraverso le scalette giù alla Banchina proprio davanti alla pescheria
(Estate 2016)
A scèsa di Punta Rossa, alla fine di questa scala, un tempo, c'era il mare ora c'è la Banchina
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
A scèsa i Maria Grazia che da Corso Pisacane porta alla Banchina (Maria Grazia aveva il forno per cuocere il pane)
(Estate 2015)
A scèsa abbascio u Grano non esiste più, da Corso Pisacane portava alla spiaggia del Grano
Da via Corridoio c'erano delle scale che portavano al Cantinone giù alla Banchina.
In questa foto il Cantinone è nell'arco grande che si vede sulla Banchina
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
U purtone i Pascarella collega via Corridoio con Corso Pisacane
A scèsa del Giudicato che collega Corso Umberto con via Corridoio
(Estate 2015)
La scèsa del Corridoio che porta alla Punta Bianca
(Estate 2016)
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venerdì 15 maggio 2020
Il munacièllo di Frontone
"La giovane Silveria Feola era andata a Frontone dove abitava la cognata, affetta da asma bronchiale, per accudirla e farle compagnia.
Nella casa di Cristenòne dove abitavano, una mattina Silveria ebbe un inconsueto risveglio che mai dimenticò. La camera era rischiarata dalla luce del lume a petrolio e lei, che era nel letto matrimoniale assieme alle bambine, figlie della cognata, si svegliò e vide una strana figura seduta su una sedia di fianco al letto con le mani poggiate sul materasso. Aveva le braccia pelose fino al polso e due occhi grandi e sproporzionati rispetto al viso. Urlò per la paura e chiamò ad alta voce la cognata mentre il munacièllo spense il lume e, per dispetto rovesciò il sacco di granturco sul pavimento scaraventando a terra anche i piatti che erano nella scansìa.
Il sole già sorto riusciva a infilare i suoi raggi nelle fessure della vecchia porta di legno rompendo il buio della stanza.
Questa figura misteriosa, che probabilmente cercava il buio totale, iniziò a otturare con stracci e carta ogni fessura della porta ostruendo ogni spiraglio di luce. Quando la porta si aprì all'arrivo della cognata e la luce invase la stanza, cancellando la penombra, questa figura che l'aveva angosciata sparì; ogni cosa risultò al suo posto.
Silveria però non faticò a farsi credere perchè la cognata e i parenti sapevano della presenza del monacièllo ma, innocuo com'era, non faceva paura; costui era in quella casa fin da quando ci abitava una loro zia che poi emigrò in Argentina, lasciandolo solo.
Non era pericoloso ma Silveria non volle più rimanere la notte a Frontone.
Da allora non si è più visto nulla e oggi a 82 anni ha ancora vivo il ricordo e soprattutto la paura di quella mattina del lontano 1938.
Di lui se n'è riparlato anche recentemente perchè una figlia di Silveria ha sentito la sua presenza senza riuscire a vederlo; solo una sensazione inquitante.
Condizionata dai vecchi racconti o... il munacièllo vive ancora in quella casa?"
Questa storia è tratta dal libro di Silverio Mazzella "Le ore del giorno, i giorni dell'anno, gli anni della vita" che è possibile trovare presso la libreria "Il Brigantino" di Ponza.
Sono tante le storie, gli aneddoti, le credenze, le preghiere raccolte in questo libro che, credo, ogni ponzese o amante di Ponza debba leggere.
In quelle pagine troviamo la vera Ponza...
Il luogo in cui si è svolta la storia raccontata, Frontone, all'isola di Ponza
(Foto di Rossano Di Loreto)
Nota:
La scansia era un mobile a più ripiani contenente roba di diverso genere. Quella appesa alla parete della cucina conteneva piatti
Nella casa di Cristenòne dove abitavano, una mattina Silveria ebbe un inconsueto risveglio che mai dimenticò. La camera era rischiarata dalla luce del lume a petrolio e lei, che era nel letto matrimoniale assieme alle bambine, figlie della cognata, si svegliò e vide una strana figura seduta su una sedia di fianco al letto con le mani poggiate sul materasso. Aveva le braccia pelose fino al polso e due occhi grandi e sproporzionati rispetto al viso. Urlò per la paura e chiamò ad alta voce la cognata mentre il munacièllo spense il lume e, per dispetto rovesciò il sacco di granturco sul pavimento scaraventando a terra anche i piatti che erano nella scansìa.
Il sole già sorto riusciva a infilare i suoi raggi nelle fessure della vecchia porta di legno rompendo il buio della stanza.
Questa figura misteriosa, che probabilmente cercava il buio totale, iniziò a otturare con stracci e carta ogni fessura della porta ostruendo ogni spiraglio di luce. Quando la porta si aprì all'arrivo della cognata e la luce invase la stanza, cancellando la penombra, questa figura che l'aveva angosciata sparì; ogni cosa risultò al suo posto.
Silveria però non faticò a farsi credere perchè la cognata e i parenti sapevano della presenza del monacièllo ma, innocuo com'era, non faceva paura; costui era in quella casa fin da quando ci abitava una loro zia che poi emigrò in Argentina, lasciandolo solo.
Non era pericoloso ma Silveria non volle più rimanere la notte a Frontone.
Da allora non si è più visto nulla e oggi a 82 anni ha ancora vivo il ricordo e soprattutto la paura di quella mattina del lontano 1938.
Di lui se n'è riparlato anche recentemente perchè una figlia di Silveria ha sentito la sua presenza senza riuscire a vederlo; solo una sensazione inquitante.
Condizionata dai vecchi racconti o... il munacièllo vive ancora in quella casa?"
Questa storia è tratta dal libro di Silverio Mazzella "Le ore del giorno, i giorni dell'anno, gli anni della vita" che è possibile trovare presso la libreria "Il Brigantino" di Ponza.
Sono tante le storie, gli aneddoti, le credenze, le preghiere raccolte in questo libro che, credo, ogni ponzese o amante di Ponza debba leggere.
In quelle pagine troviamo la vera Ponza...
Il luogo in cui si è svolta la storia raccontata, Frontone, all'isola di Ponza
(Foto di Rossano Di Loreto)
Nota:
La scansia era un mobile a più ripiani contenente roba di diverso genere. Quella appesa alla parete della cucina conteneva piatti
mercoledì 13 maggio 2020
Decètte u scarrafòne...
Decètte u scarrafòne: pò chiòvere gnòstre pure pe n'anne, cchiù nire i comme sònghe nu pòzze addeventà.
(Disse lo scarafaggio: può piovere inchiostro per un anno, più nero di così non posso diventare)
E' ciò che dice, davanti all'imprevisto chi si trova già in una situazione disperata
Questo è uno dei tanti proverbi ponzesi che il grande Ernesto Prudente ha raccolto in uno dei libri che ha scritto
La bellissima isola di Ponza che in questo momento molti vorrebbero raggiungere ma serve ancora un pò di cautela...
(Foto di Rossano Di Loreto)
(Disse lo scarafaggio: può piovere inchiostro per un anno, più nero di così non posso diventare)
E' ciò che dice, davanti all'imprevisto chi si trova già in una situazione disperata
Questo è uno dei tanti proverbi ponzesi che il grande Ernesto Prudente ha raccolto in uno dei libri che ha scritto
La bellissima isola di Ponza che in questo momento molti vorrebbero raggiungere ma serve ancora un pò di cautela...
(Foto di Rossano Di Loreto)
lunedì 11 maggio 2020
Santa Domitilla a Ponza...tra culto e archeologia
La chiesa di Ponza porto è dedicata non solo a San Silverio ma anche a Santa Domitilla la cui festa ricorre il 12 maggio. La statua della Santa viene portata dalle donne in processione per le strade dell'isola.
Santa Domitilla era una principessa imperiale relegata a Ponza e bruciata viva a Terracina.
Sotto la chiesa c'è una grotta e si ritiene che fosse la cella di Santa Domitilla e così la descrive il Dies in "Ponza perla di Roma": "Sotto il piazzale della chiesa parrocchiale c'è una sequela di grotte. Forse furono antiche cave di tufo da costruzione e poi depositi portuali. Ovunque, tra le rocce franate, si osserva l'opera del piccone romano, contrassegnata in quelle piccole gallerie dal tipico taglio dell'epoca. Nelle vicinanze del porto era la così detta Martiria di Santa Domitilla. La tradizione antichissima s'appoggia a San Girolamo e al commento del Baronio al Martirologio Romano. Infatti ai 12 di Maggio, festa della Santa, il Baronio annota che, in viaggio verso la Palestina, il santo Dottore, in compagnia della matrona Santa Paola e della figlia di questa, santa Eustochio, quando fu in vista di Ponza, fece dirottare la nave verso il nostro porto e si volle fermare qui alcuni giorni, per venerare le celle dei Santi Domitilla, Nereo ed Achilleo."
E poi ancora Dies: " Il Tricoli riporta la tradizione e opina che le celle dei santi Martiri trovavansi tra le così dette grotte di Pilato e l'attuale porto, senza aggiungere altro. Quindici anni fa, per una frana avvenuta nel piazzale della chiesa, restò distrutto un ampio grottone sottostante, ove si raccoglievano le spazzature del paese. Sulla parete di quella grotta, alcuni avevano osservato emblemi di questo genere: palme, lettere greche, segni cristiani, come il RO crociato ecc... tutti scalfiti nel tufo. Sgombrati i rottami e l'immonda congerie, nel fondo della grotta apparve un'altra grotticella molto carezzata da un piccone posteriore a quello romano che, con una finestrella di classico tipo aveva sagomato un bell'arco, dall'aspetto trionfale, che univa i due vani. In questa seconda grotta è visibile un giaciglio di tufo, a sinistra alto dal suolo cm. 40 e ampio m. 2 x o,60. Il secondo piccone sul bell'arco dell'ingresso, aveva sbalzato un medaglione e in esso profondamente graffita una corona a tre punte:l'antica corona imperiale."
Scrive ancora: "In questa grotta, che per la festa del 12 Maggio trasformiamo in una serra di rose e illuminiamo con lampade suggestive, siamo soliti ora trasportare processionalmente la statua della Santa e la piccola reliquia del suo sacro corpo, che vi restano esposte fino a sera, quando recando ciascuno un fiore, risaliamo in chiesa".
La statua di Santa Domitilla nella grotta sotto il piazzale della Chiesa
Grotta di Santa Domitilla
Il giaciglio ricoperto di fiori
(Foto di Pina Mazzella)
La statua di Santa Domitilla
(Foto di Giovanni Pacifico)
Santa Domitilla era una principessa imperiale relegata a Ponza e bruciata viva a Terracina.
Sotto la chiesa c'è una grotta e si ritiene che fosse la cella di Santa Domitilla e così la descrive il Dies in "Ponza perla di Roma": "Sotto il piazzale della chiesa parrocchiale c'è una sequela di grotte. Forse furono antiche cave di tufo da costruzione e poi depositi portuali. Ovunque, tra le rocce franate, si osserva l'opera del piccone romano, contrassegnata in quelle piccole gallerie dal tipico taglio dell'epoca. Nelle vicinanze del porto era la così detta Martiria di Santa Domitilla. La tradizione antichissima s'appoggia a San Girolamo e al commento del Baronio al Martirologio Romano. Infatti ai 12 di Maggio, festa della Santa, il Baronio annota che, in viaggio verso la Palestina, il santo Dottore, in compagnia della matrona Santa Paola e della figlia di questa, santa Eustochio, quando fu in vista di Ponza, fece dirottare la nave verso il nostro porto e si volle fermare qui alcuni giorni, per venerare le celle dei Santi Domitilla, Nereo ed Achilleo."
E poi ancora Dies: " Il Tricoli riporta la tradizione e opina che le celle dei santi Martiri trovavansi tra le così dette grotte di Pilato e l'attuale porto, senza aggiungere altro. Quindici anni fa, per una frana avvenuta nel piazzale della chiesa, restò distrutto un ampio grottone sottostante, ove si raccoglievano le spazzature del paese. Sulla parete di quella grotta, alcuni avevano osservato emblemi di questo genere: palme, lettere greche, segni cristiani, come il RO crociato ecc... tutti scalfiti nel tufo. Sgombrati i rottami e l'immonda congerie, nel fondo della grotta apparve un'altra grotticella molto carezzata da un piccone posteriore a quello romano che, con una finestrella di classico tipo aveva sagomato un bell'arco, dall'aspetto trionfale, che univa i due vani. In questa seconda grotta è visibile un giaciglio di tufo, a sinistra alto dal suolo cm. 40 e ampio m. 2 x o,60. Il secondo piccone sul bell'arco dell'ingresso, aveva sbalzato un medaglione e in esso profondamente graffita una corona a tre punte:l'antica corona imperiale."
Scrive ancora: "In questa grotta, che per la festa del 12 Maggio trasformiamo in una serra di rose e illuminiamo con lampade suggestive, siamo soliti ora trasportare processionalmente la statua della Santa e la piccola reliquia del suo sacro corpo, che vi restano esposte fino a sera, quando recando ciascuno un fiore, risaliamo in chiesa".
La statua di Santa Domitilla nella grotta sotto il piazzale della Chiesa
Grotta di Santa Domitilla
Il giaciglio ricoperto di fiori
(Foto di Pina Mazzella)
La statua di Santa Domitilla
(Foto di Giovanni Pacifico)
sabato 9 maggio 2020
La festa della mamma...un pò di storia
Anticamente questa festa era legata al culto di divinità della fertilità dai popoli politeisti e veniva celebrata nel periodo di passaggio della natura dall'inverno all'estate.
In Inghilterra nel diciassettesimo secolo cominciò l'usanza di festeggiare il Mothering Sunday con rose rosse da regalare alle mamme.
Nel primo Novecento arrivò negli Stati Uniti grazie ad Anna M. Jarvis che dopo la morte di sua madre, a cui era particolarmente legata, inviò lettere al Congresso per fare istituire una Festa Nazionale dedicata alle mamme. Nel 1914 il presidente W.Wilson istituì il Mother's Day.
Anna Jarvis propose come simbolo della festa il garofano, fiore preferito da sua madre, rosso per le mamme in vita, bianco per quelle scomparse.
In Italia la mamma fu festeggiata per la prima volta nel 1957 da don Otello Mignosi, nel piccolo borgo di Tordibetto, vicino Assisi. Ogni anno si festeggia la seconda domenica di maggio.
I simboli scelti, di colore rosso, sono il cuore e la rosa, fiore che rappresenta l'amore, la bellezza e l'affetto materno.
Un ricordo personale della festa della mamma che mi riporta all'infanzia...
Eravamo verso la fine degli anni sessanta, si cominciava a festeggiare questa ricorrenza anche a Ponza ed io volevo fare un regalo alla mia mamma. Avevo adocchiato nella vetrina dell'Emporio Musella un qualcosa che, credevo, potesse piacere a mia madre. Quando mi resi conto che anche un'altra bambina lo aveva puntato per fare il regalo a sua madre corsi subito a comprarlo.
Mica mi potevo far soffiare il regalo...
Questa cosa mi è rimasta impressa nella mente...
Auguri a tutte le mamme!!!
Tanti auguri anche alla mia mamma Elvira
La mia mamma Elvira che mi tiene in braccio, poi il mio papà Ciro e mia sorella Olimpia
Le opere d'arte che celebrano la maternità: "Mamma e bambino" di Gustav Klimt
La madre
La madre è un angelo che ci guarda
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita,
il nostro capo fra le sue ginocchia
la nostra anima nel suo cuore:
ci dà il suo latte quando siamo piccini,
il suo pane quando siamo grandi
e la sua vita sempre.
Victor Hugo
In Inghilterra nel diciassettesimo secolo cominciò l'usanza di festeggiare il Mothering Sunday con rose rosse da regalare alle mamme.
Nel primo Novecento arrivò negli Stati Uniti grazie ad Anna M. Jarvis che dopo la morte di sua madre, a cui era particolarmente legata, inviò lettere al Congresso per fare istituire una Festa Nazionale dedicata alle mamme. Nel 1914 il presidente W.Wilson istituì il Mother's Day.
Anna Jarvis propose come simbolo della festa il garofano, fiore preferito da sua madre, rosso per le mamme in vita, bianco per quelle scomparse.
In Italia la mamma fu festeggiata per la prima volta nel 1957 da don Otello Mignosi, nel piccolo borgo di Tordibetto, vicino Assisi. Ogni anno si festeggia la seconda domenica di maggio.
I simboli scelti, di colore rosso, sono il cuore e la rosa, fiore che rappresenta l'amore, la bellezza e l'affetto materno.
Un ricordo personale della festa della mamma che mi riporta all'infanzia...
Eravamo verso la fine degli anni sessanta, si cominciava a festeggiare questa ricorrenza anche a Ponza ed io volevo fare un regalo alla mia mamma. Avevo adocchiato nella vetrina dell'Emporio Musella un qualcosa che, credevo, potesse piacere a mia madre. Quando mi resi conto che anche un'altra bambina lo aveva puntato per fare il regalo a sua madre corsi subito a comprarlo.
Mica mi potevo far soffiare il regalo...
Questa cosa mi è rimasta impressa nella mente...
Auguri a tutte le mamme!!!
Tanti auguri anche alla mia mamma Elvira
La mia mamma Elvira che mi tiene in braccio, poi il mio papà Ciro e mia sorella Olimpia
Le opere d'arte che celebrano la maternità: "Mamma e bambino" di Gustav Klimt
La madre
La madre è un angelo che ci guarda
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita,
il nostro capo fra le sue ginocchia
la nostra anima nel suo cuore:
ci dà il suo latte quando siamo piccini,
il suo pane quando siamo grandi
e la sua vita sempre.
Victor Hugo
venerdì 8 maggio 2020
U parlànte
Nel dialetto ponzese u parlànte è un uccello marino, la berta maggiore.
Questo uccello ha ali una grande apertura alare, il becco sottile e può rimanere in mare settimane o addirittura mesi. Nidifica su scogliere inaccessibili di isole come Palmarola e depone un solo uovo.
Il verso del parlànte sembra il pianto di un neonato.
Forse proprio dal suo verso ha avuto origine, nella mitologia greca, il canto delle sirene che erano metà donne e metà uccelli.
E' chiamato anche uccello delle tempeste.
U parlànte (Berta maggiore)
U parlànte con il suo piccolo
(Immagini reperite in rete)
Questo uccello ha ali una grande apertura alare, il becco sottile e può rimanere in mare settimane o addirittura mesi. Nidifica su scogliere inaccessibili di isole come Palmarola e depone un solo uovo.
Il verso del parlànte sembra il pianto di un neonato.
Forse proprio dal suo verso ha avuto origine, nella mitologia greca, il canto delle sirene che erano metà donne e metà uccelli.
E' chiamato anche uccello delle tempeste.
U parlànte (Berta maggiore)
U parlànte con il suo piccolo
(Immagini reperite in rete)
mercoledì 6 maggio 2020
Il pianoforte di nonna Olimpia
All'isola di Ponza nel Museo Etnografico di Gerardo Mazzella, a Frontone, fa bella mostra un pianoforte antico con la dicitura: di nonna Olimpia, fine Ottocento, rallegrava il quartiere della Dragonara.
Facendo un pò di ricerche ho saputo che è appartenuto ad Olimpia Conte, maestra elementare di Ponza.
Olimpia Conte ha insegnato a Ponza ma anche a Le Forna che raggiungeva a piedi con qualunque tempo.
I suoi ex alunni ricordano la sua severità ma era anche molto amata.
Si fece fare una bacchetta di legno dal padre di Luigi Ambrosino peccato che il primo a provarla sulle mani fu proprio Luigi. Altri tempi... altri metodi.
La maestra Olimpia era nata nel 1896 ed è scomparsa nel 1983. Abitava sulla Dragonara di fronte alla casa di Civita Albano, zia del maestro Giannino Conte, insegnante anche lei.
Ha avuto tre figli, Silverio, Maria e Nando. Pare che Silverio avesse una bellissima voce e può darsi che la mamma lo accompagnasse al pianoforte.
Il pianoforte di nonna Olimpia custodito nel Museo Etnografico di Frontone
(Foto di Marianna Licari, agosto 2018)
Olimpia Conte ai tempi del collegio dove studiava per diventare maestra
(Foto gentilmente concesse dal nipote Dino Saccomanno. La maestra Olimpia era sua nonna materna alla quale era molto legato)
Olimpia Conte con una scolaresca
La maestra Olimpia con un'altra scolaresca. In primo piano accovacciato anche mio fratello Peppino
Gerardo Mazzella mi ha inviato un pò di foto del pianoforte e anche alcuni particolari
Un grazie va a Gerardo Mazzella che nel suo Museo Etnografico custodisce la storia di Ponza
Facendo un pò di ricerche ho saputo che è appartenuto ad Olimpia Conte, maestra elementare di Ponza.
Olimpia Conte ha insegnato a Ponza ma anche a Le Forna che raggiungeva a piedi con qualunque tempo.
I suoi ex alunni ricordano la sua severità ma era anche molto amata.
Si fece fare una bacchetta di legno dal padre di Luigi Ambrosino peccato che il primo a provarla sulle mani fu proprio Luigi. Altri tempi... altri metodi.
La maestra Olimpia era nata nel 1896 ed è scomparsa nel 1983. Abitava sulla Dragonara di fronte alla casa di Civita Albano, zia del maestro Giannino Conte, insegnante anche lei.
Ha avuto tre figli, Silverio, Maria e Nando. Pare che Silverio avesse una bellissima voce e può darsi che la mamma lo accompagnasse al pianoforte.
Il pianoforte di nonna Olimpia custodito nel Museo Etnografico di Frontone
(Foto di Marianna Licari, agosto 2018)
Olimpia Conte ai tempi del collegio dove studiava per diventare maestra
I figli della maestra Olimpia: da sx Nando, poi Maria, infine Silverio (quello che aveva una bella voce, che cantava e probabilmente suonava anche)
Olimpia Conte
(Foto gentilmente concesse dal nipote Dino Saccomanno. La maestra Olimpia era sua nonna materna alla quale era molto legato)
Olimpia Conte con una scolaresca
La maestra Olimpia con un'altra scolaresca. In primo piano accovacciato anche mio fratello Peppino
Gerardo Mazzella mi ha inviato un pò di foto del pianoforte e anche alcuni particolari
Un grazie va a Gerardo Mazzella che nel suo Museo Etnografico custodisce la storia di Ponza
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