In questo periodo sull'isola di Ponza, ma non solo, troviamo dei fiori bellissimi fucsia ma anche gialli.
Formano dei veri e propri tappeti in mezzo al verde.
Noi ponzesi li chiamiamo rosèmarine ma il loro nome è fico degli ottentotti. Vengono chiamati anche carpobrotus.
In Sudafrica furono i coloni, vedendo la popolazione del luogo (i Khoi) cibarsi dei frutti come se fossero fichi, a denominarlo "Fico degli Ottentotti"
Rosemarìne a Chiaia di Luna
Ancora a Chiaia di Luna
Spiaggia di Chiaia di Luna...in primo piano rosemarìne
(Foto di Rossano Di Loreto)
Rosemarìne sul mio terrazzo
Carpobrotus, fico degli ottentotti al Circeo
(Foto dal blog "Circeo, l'incanto della Maga Circe, figlia del Sole")
Nota:
Ottentotti è il nome che i coloni olandesi diedero alle tribù incontrate nella zona intorno al Capo di Buona Speranza, per i suoni usati nel loro linguaggio.
domenica 29 aprile 2018
venerdì 27 aprile 2018
'U fellone
Ma cos'è 'u fellone?
'E la granseola, un granchio di grosse dimensioni.
Ernesto Prudente così racconta: " Appartiene alla elite dei crostacei. Fino agli anni settanta del secolo scorso la sua richiesta era limitata soltanto a pochi buongustai. Nessuno lo conosceva. Onorino, quando rientrava con il suo peschereccio, aveva sempre sulla poppa un cestone pieno di grancevole che non sapeva neanche a chi regalarle. Quasi tutte finivano nuovamente in mare. Schiacciate, però.
I pescatori, perchè con le chele stracciavano le reti, le odiavano talmente al punto che, appena in coperta, finivano sotto i colpi dell'ammazzamurene facendo la fine della macciòtte. Oggi sparisce in un niente perchè si è conosciuta la bontà della sua carne. I ristoratori ne fanno incetta perchè con essa preparano un intingolo stupendo per condire gli spaghetti.
Gli spaghetti con il fellone è un piatto da regina degli dei."
Due "felloni"
(Foto di Rossano Di Loreto)
Barche da pesca nel porto di Ponza...forse c'è anche quella di Onorino, citato da Ernesto
'E la granseola, un granchio di grosse dimensioni.
Ernesto Prudente così racconta: " Appartiene alla elite dei crostacei. Fino agli anni settanta del secolo scorso la sua richiesta era limitata soltanto a pochi buongustai. Nessuno lo conosceva. Onorino, quando rientrava con il suo peschereccio, aveva sempre sulla poppa un cestone pieno di grancevole che non sapeva neanche a chi regalarle. Quasi tutte finivano nuovamente in mare. Schiacciate, però.
I pescatori, perchè con le chele stracciavano le reti, le odiavano talmente al punto che, appena in coperta, finivano sotto i colpi dell'ammazzamurene facendo la fine della macciòtte. Oggi sparisce in un niente perchè si è conosciuta la bontà della sua carne. I ristoratori ne fanno incetta perchè con essa preparano un intingolo stupendo per condire gli spaghetti.
Gli spaghetti con il fellone è un piatto da regina degli dei."
Due "felloni"
(Foto di Rossano Di Loreto)
Barche da pesca nel porto di Ponza...forse c'è anche quella di Onorino, citato da Ernesto
martedì 24 aprile 2018
Il 25 aprile...Festa della Liberazione
Per molti è un giorno di vacanza...alcuni non sanno cosa si festeggia...qualcuno, per fortuna, lo sa.
In questo giorno ricordiamo che il 25 aprile 1945 ci fu la fine dell'occupazione nazista...la caduta del fascismo.
Per combattere il nazifascismo, in quegli anni, si era organizzata la Resistenza formata dai partigiani.
Anni di lotte, di sacrifici per conquistare la libertà.
Una pagina di storia, quindi, molto importante...
Ma la storia passò anche da Ponza...
Fu confinato a Ponza Sandro Pertini, partigiano, futuro Presidente della Repubblica...Ma anche altri diedero un importante contributo alla Resistenza come Mario Magri, Gianbattista Canepa, Cencio Baldazzi...ma non solo loro...
La prima partigiana d'Italia fu la ponzese Maria Vitiello, moglie di Canepa, il comandante "Marzo".
Per loro furono anni terribili ma alla fine riuscirono a vedere l'Italia libera...altri, purtroppo, come Mario Magri, non ebbero questa possibilità.
Sono tante le storie italiane che non sono scritte nei libri...
Non possiamo dimenticare.
Buon 25 aprile!!!
Un paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani
Indro Montanelli
Da queste parti abitava come confinato Sandro Pertini, partigiano, futuro Presidente della Repubblica Italiana
Maria Vitiello, la prima partigiana d'Italia, accanto al marito Gianbattista Canepa, il comandante "Marzo"
Maria Vitiello con la figlia Enrica
(Le ultime due foto sono tratte dal libro "All'isola di Ponza" di Silverio Corvisieri)
Per combattere il nazifascismo, in quegli anni, si era organizzata la Resistenza formata dai partigiani.
Anni di lotte, di sacrifici per conquistare la libertà.
Una pagina di storia, quindi, molto importante...
Ma la storia passò anche da Ponza...
Fu confinato a Ponza Sandro Pertini, partigiano, futuro Presidente della Repubblica...Ma anche altri diedero un importante contributo alla Resistenza come Mario Magri, Gianbattista Canepa, Cencio Baldazzi...ma non solo loro...
La prima partigiana d'Italia fu la ponzese Maria Vitiello, moglie di Canepa, il comandante "Marzo".
Per loro furono anni terribili ma alla fine riuscirono a vedere l'Italia libera...altri, purtroppo, come Mario Magri, non ebbero questa possibilità.
Sono tante le storie italiane che non sono scritte nei libri...
Non possiamo dimenticare.
Buon 25 aprile!!!
Un paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani
Indro Montanelli
Da queste parti abitava come confinato Sandro Pertini, partigiano, futuro Presidente della Repubblica Italiana
Maria Vitiello, la prima partigiana d'Italia, accanto al marito Gianbattista Canepa, il comandante "Marzo"
Maria Vitiello con la figlia Enrica
(Le ultime due foto sono tratte dal libro "All'isola di Ponza" di Silverio Corvisieri)
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lunedì 23 aprile 2018
Bagnanti ponzesi del secolo scorso
L'estate sta arrivando e si comincia a sognare il mare, la spiaggia.
Bisogna dire che i nostri antenati avevano più spiagge a disposizione come Chiaia di Luna, Sant'Antonio, Giancos, Santa Maria, la Caletta...noi ci dobbiamo accontentare della caotica Frontone.
Mia madre Elvira racconta che da sopra i Conti per andare a Frontone saliva da un sentiero vicino 'u pantano d'i ranòcchje, dove ora al suo posto c'è una casa, era faticoso e ci andava raramente.
Del costume da bagno di un tempo Luigi Sandolo così scrive in Su e giù per Ponza :"Il costume da bagno consisteva per la donna in una vecchia veste con le braghe legate sotto le ginocchia e per l'uomo nelle usuali mutande di tela. Quando sulle spiagge di S.Antonio e della Galetta si vedevano giacchette e braghe di colore blu la indossatrice era una donna agiata ed il marito che l'accompagnava un costume di lana sbracciato e lungo sin sopra le ginocchia.
Al bagno le donne non andavano mai sole ma sempre in compagnia di altre o con il marito."
Nell'Archivio fotografico di Giovanni Pacifico ho trovato delle belle foto d'epoca di bagnanti ponzesi.
Sant'Antonio anni '20...volti sorridenti in un momento di spensieratezza
Questa bella coppia prende il sole sulla spiaggia di Sant'Antonio, anni '30
Persone che fanno il bagno alla Caletta
Sempre sulla spiaggia di Sant'Antonio
Che buffi i costumi!!!
Spiaggia di Sant'Antonio
Spiaggia di Sant'Antonio...quanta gente
Dietro la Caletta
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Vicino a questa casa dove un tempo c'era "u pantano d'i ranòcchje" passava il sentiero che mia madre faceva per andare alla spiaggia di Frontone...si vede ancora
(Estate 2017)
Bisogna dire che i nostri antenati avevano più spiagge a disposizione come Chiaia di Luna, Sant'Antonio, Giancos, Santa Maria, la Caletta...noi ci dobbiamo accontentare della caotica Frontone.
Mia madre Elvira racconta che da sopra i Conti per andare a Frontone saliva da un sentiero vicino 'u pantano d'i ranòcchje, dove ora al suo posto c'è una casa, era faticoso e ci andava raramente.
Del costume da bagno di un tempo Luigi Sandolo così scrive in Su e giù per Ponza :"Il costume da bagno consisteva per la donna in una vecchia veste con le braghe legate sotto le ginocchia e per l'uomo nelle usuali mutande di tela. Quando sulle spiagge di S.Antonio e della Galetta si vedevano giacchette e braghe di colore blu la indossatrice era una donna agiata ed il marito che l'accompagnava un costume di lana sbracciato e lungo sin sopra le ginocchia.
Al bagno le donne non andavano mai sole ma sempre in compagnia di altre o con il marito."
Nell'Archivio fotografico di Giovanni Pacifico ho trovato delle belle foto d'epoca di bagnanti ponzesi.
Sant'Antonio anni '20...volti sorridenti in un momento di spensieratezza
Questa bella coppia prende il sole sulla spiaggia di Sant'Antonio, anni '30
Persone che fanno il bagno alla Caletta
Sempre sulla spiaggia di Sant'Antonio
Che buffi i costumi!!!
Spiaggia di Sant'Antonio
Spiaggia di Sant'Antonio...quanta gente
Dietro la Caletta
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Vicino a questa casa dove un tempo c'era "u pantano d'i ranòcchje" passava il sentiero che mia madre faceva per andare alla spiaggia di Frontone...si vede ancora
(Estate 2017)
venerdì 20 aprile 2018
All'isola di Ponza si è fermata...
Nei versi di Luigi Mercantini, la "Spigolatrice di Sapri" ad un certo punto viene nominata Ponza...appunto...
...all'isola di Ponza si è fermata...
In questi versi si racconta della spedizione di Pisacane, nel giugno 1857, finita nel sangue ma che giunto a Ponza con il piroscafo Cagliari reclutò i trecento che andarono a morir per la mia patria bella...
Mino Maccari, nel 1929, incontrò a Ponza una signora anziana che ricordava lo sbarco di Pisacane.
Ecco cosa scrive nel libro Visita al Confino: "La signora Maria Angela Aprea mi racconta l'episodio, conservato nella sua memoria come nella bambagia. Quello che nella prima infanzia della vecchietta fu realtà vivente, ora, nella sua seconda infanzia, è diventato come una favola da raccontare ai bambini per addormentarli. Ella è cieca da quasi venti anni, ma possiede ancora una voce energica che fugge, ogni tanto, in piccole grida bambinesche. Accenna con le mani aride e ossute, come se volesse indicare agli ascoltatori quel che rivede, nitidamente, con gli occhi della memoria.
Intorno a lui sono, oltre al Podestà, al vice-Pretore, e a me, i figli, che hanno ormai le tempie grigie: uno è il vice-parrocchiano (qua parrocchiano, che si usa di solito per intendere il fedele di una data parrocchia, è usato invece di parroco); l'altro è un maresciallo in pensione. La casa è piena di delizie ottocentesche: campane di vetro, figurine di porcellana, fiori finti, dagherrotipi scolorati e delicate miniature. Chi direbbe che da questo gusto domestico, nell'inquieto ottocento, sono state covate tante rivoluzioni?
La vecchia signora racconta; ma in verità, più che il suo racconto, mi soffermo a gustarne la cornice, di stile gozzaniano. La signora Aprea era una fanciulletta quando quei diavoli sbarcarono nell'isola, requisirono le armi in ogni abitazione, uccisero le sentinelle, aprirono le porte della galera e liberarono i galeotti. Questi, che non erano nella loro maggioranza deportati politici, ma volgari criminali, assassini, briganti e grassatori, si diedero immediatamente al saccheggio del paese, e alla ricerca delle autorità che più odiavano, per vendicarsi uccidendole. Principale oggetto di questo insano desiderio era, per evidenti ragioni, il rappresentante della giustizia; il quale per sfuggire alla sua sorte si nascose, racconta la signora Angela Maria, "d'int'a carboni"; in cantina, sotto un mucchio di carbone; mentre "'u parrocchiano", il sacerdote Giuseppe Vediello, si travestì da donna. Il terrore durò in paese meno d'una giornata, perchè Pisacane lasciò le acque di Ponza proseguendo nel suo viaggio, e Re Francesco, che era a Gaeta, provvide a ristabilire l'ordine nell'isola e a disporre per l'arresto degli audaci patrioti, nonchè dei carcerati fuggiti per la campagna.
Mi spiega la vecchina, che in quel tempo a Ponza non c'era "'a corda elettrica", il telegrafo; e, ad avvertire del fatto il Re Franceschiello, andò con una barca a otto remi, e con otto marinai, un certo Michele Sandolo, soprannominato Pistola.
La vecchina divaga poi a favoleggiarmi sugli altri avvenimenti, fino alla cacciata dei Borboni, che avvenne per il nero tradimento dei loro generali, i quali avevano caricato con palle di crusca i loro cannoni. Il popolino salutò l'avvenimento, come avviene, con una canzoncina, che la signora Maria Angela mi recita, come una scolaretta che dica la lezione:
"E' benuto Garubardu
Ha purtata 'a legge nova
Franceschiello venne l'ova
E Marietta Sofia o baccalà"
Tutti ridiamo..."
Una foto molto antica di Ponza...si vedono i velieri giù in Banchina
L'entrata al porto di Ponza...sullo scoglio della Ravia, un tempo, c'era il Forte Bentinck
Il mare antistante il porto
Si vede il Borgo di Sant'Antonio
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Carlo Pisacane
Il piroscafo Cagliari della Società Rubattino che era diretto a Tunisi
(Immagini reperite in rete)
Nota:
Durante l'incursione a Ponza di Pisacane ci fu una sola persona uccisa, il tenente Cesare Balzamo
...all'isola di Ponza si è fermata...
In questi versi si racconta della spedizione di Pisacane, nel giugno 1857, finita nel sangue ma che giunto a Ponza con il piroscafo Cagliari reclutò i trecento che andarono a morir per la mia patria bella...
Mino Maccari, nel 1929, incontrò a Ponza una signora anziana che ricordava lo sbarco di Pisacane.
Ecco cosa scrive nel libro Visita al Confino: "La signora Maria Angela Aprea mi racconta l'episodio, conservato nella sua memoria come nella bambagia. Quello che nella prima infanzia della vecchietta fu realtà vivente, ora, nella sua seconda infanzia, è diventato come una favola da raccontare ai bambini per addormentarli. Ella è cieca da quasi venti anni, ma possiede ancora una voce energica che fugge, ogni tanto, in piccole grida bambinesche. Accenna con le mani aride e ossute, come se volesse indicare agli ascoltatori quel che rivede, nitidamente, con gli occhi della memoria.
Intorno a lui sono, oltre al Podestà, al vice-Pretore, e a me, i figli, che hanno ormai le tempie grigie: uno è il vice-parrocchiano (qua parrocchiano, che si usa di solito per intendere il fedele di una data parrocchia, è usato invece di parroco); l'altro è un maresciallo in pensione. La casa è piena di delizie ottocentesche: campane di vetro, figurine di porcellana, fiori finti, dagherrotipi scolorati e delicate miniature. Chi direbbe che da questo gusto domestico, nell'inquieto ottocento, sono state covate tante rivoluzioni?
La vecchia signora racconta; ma in verità, più che il suo racconto, mi soffermo a gustarne la cornice, di stile gozzaniano. La signora Aprea era una fanciulletta quando quei diavoli sbarcarono nell'isola, requisirono le armi in ogni abitazione, uccisero le sentinelle, aprirono le porte della galera e liberarono i galeotti. Questi, che non erano nella loro maggioranza deportati politici, ma volgari criminali, assassini, briganti e grassatori, si diedero immediatamente al saccheggio del paese, e alla ricerca delle autorità che più odiavano, per vendicarsi uccidendole. Principale oggetto di questo insano desiderio era, per evidenti ragioni, il rappresentante della giustizia; il quale per sfuggire alla sua sorte si nascose, racconta la signora Angela Maria, "d'int'a carboni"; in cantina, sotto un mucchio di carbone; mentre "'u parrocchiano", il sacerdote Giuseppe Vediello, si travestì da donna. Il terrore durò in paese meno d'una giornata, perchè Pisacane lasciò le acque di Ponza proseguendo nel suo viaggio, e Re Francesco, che era a Gaeta, provvide a ristabilire l'ordine nell'isola e a disporre per l'arresto degli audaci patrioti, nonchè dei carcerati fuggiti per la campagna.
Mi spiega la vecchina, che in quel tempo a Ponza non c'era "'a corda elettrica", il telegrafo; e, ad avvertire del fatto il Re Franceschiello, andò con una barca a otto remi, e con otto marinai, un certo Michele Sandolo, soprannominato Pistola.
La vecchina divaga poi a favoleggiarmi sugli altri avvenimenti, fino alla cacciata dei Borboni, che avvenne per il nero tradimento dei loro generali, i quali avevano caricato con palle di crusca i loro cannoni. Il popolino salutò l'avvenimento, come avviene, con una canzoncina, che la signora Maria Angela mi recita, come una scolaretta che dica la lezione:
"E' benuto Garubardu
Ha purtata 'a legge nova
Franceschiello venne l'ova
E Marietta Sofia o baccalà"
Tutti ridiamo..."
Una foto molto antica di Ponza...si vedono i velieri giù in Banchina
L'entrata al porto di Ponza...sullo scoglio della Ravia, un tempo, c'era il Forte Bentinck
Il mare antistante il porto
Si vede il Borgo di Sant'Antonio
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Carlo Pisacane
Il piroscafo Cagliari della Società Rubattino che era diretto a Tunisi
(Immagini reperite in rete)
Nota:
Durante l'incursione a Ponza di Pisacane ci fu una sola persona uccisa, il tenente Cesare Balzamo
mercoledì 18 aprile 2018
La chiesa dell'Assunta a Le Forna
Con l'arrivo a Ponza dei coloni torresi, nel 1772, che si stabilirono nella parte settentrionale dell'isola, Le Forna, venne edificata la chiesa dedicata all'Assunta completata nel 1780.
La chiesa richiama motivi neoclassici ed è a forma rettangolare con volta semicilidrica.
Nel 1846 poi fu costruita la cappella laterale dedicata a Santa Filomena.
A guidare questa chiesa venne destinato don Innocenzo Bianchi il 27 luglio 1781.
Il 14 agosto di quell'anno dal porto, via mare, il Prefetto dei monaci condusse il Santissimo accompagnato dalle barche in processione.
Sbarcarono a Cala Inferno dove salirono i 350 scalini per arrivare alla chiesa di quella contrada.
Le batterie del Molo, di Frontone e di Forte Papa spararono a salve.
Così nacque la festa dell'Assunta...
La chiesa venne edificata sopra Cala Inferno e sull'altare in marmo c'è un antico dipinto della Madonna della Purità ma non esistendo una festa per quel titolo si decise per l'Assunta.
Nella voce popolare è rimasta " Madonna dell'Assunta o delle Tre Corone"
Notizie attinte dalla "Monografia per le isole del Gruppo Ponziano" di Giuseppe Cesare Tricoli
"I quindici d'aust,
na' rosa spampanata
Maria sarà chiamata
per un'eternità....."
Il dipinto della Madonna della Purità
Dipinto sulla volta della chiesa
(Agosto 2017)
La chiesa dell'Assunta
(Foto di Rossano Di Loreto)
La chiesa dell'Assunta
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
La chiesa richiama motivi neoclassici ed è a forma rettangolare con volta semicilidrica.
Nel 1846 poi fu costruita la cappella laterale dedicata a Santa Filomena.
A guidare questa chiesa venne destinato don Innocenzo Bianchi il 27 luglio 1781.
Il 14 agosto di quell'anno dal porto, via mare, il Prefetto dei monaci condusse il Santissimo accompagnato dalle barche in processione.
Sbarcarono a Cala Inferno dove salirono i 350 scalini per arrivare alla chiesa di quella contrada.
Le batterie del Molo, di Frontone e di Forte Papa spararono a salve.
Così nacque la festa dell'Assunta...
La chiesa venne edificata sopra Cala Inferno e sull'altare in marmo c'è un antico dipinto della Madonna della Purità ma non esistendo una festa per quel titolo si decise per l'Assunta.
Nella voce popolare è rimasta " Madonna dell'Assunta o delle Tre Corone"
Notizie attinte dalla "Monografia per le isole del Gruppo Ponziano" di Giuseppe Cesare Tricoli
"I quindici d'aust,
na' rosa spampanata
Maria sarà chiamata
per un'eternità....."
Il dipinto della Madonna della Purità
Dipinto sulla volta della chiesa
(Agosto 2017)
La chiesa dell'Assunta
(Foto di Rossano Di Loreto)
La chiesa dell'Assunta
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
domenica 15 aprile 2018
I palazzi Pinto e Irollo all'isola di Ponza
Palazzo Pinto o Irollo???
Questo è il dilemma...
Io credo sia Palazzo Pinto quello della prima foto in questo post.
Ecco perchè:
Il Tricoli scrive: "Altre strade cingono il cennato principale abitato, vale a dire quella dell'Avvocato per dietro la Palazzina al 1° Padiglione; dal trivio degli Ospedali la Parata, Bagno, Scarpellino, Dragonara e congiungersi con quella di Chiaja-diLuna. Dal quatrivio Palazzo-Pinto pei suddetti luoghi e Sant'Antuono,.."
In effetti davanti al Palazzo che io credo sia Pinto si trova un quatrivio, come scrive il Tricoli. C'è una parte di Corso Pisacane, la scalinata che porta alla Dragonara, poi la Via Nuova ed infine il pezzo di strada che porta a Sant'Antonio.
Se qualcuno ha qualche notizia in più ben venga...anche questa è storia.
I due palazzi sono stati costruiti nello stesso periodo e questo lo si nota dallo stile architettonico, borbonico, archi uguali che troviamo anche in alcune isole partenopee.
Palazzo Pinto o Irollo 1919
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Qui si vedono i due palazzi
(Estate 2015)
La scalinata che porta sulla Dragonara.
Sulla destra dal piccolo tunnel che si vede sulle scale si accede al palazzo...ma sarà Pinto o Irollo???
Via Nuova questo palazzo sarà il Pinto o l'Irollo???
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Le scalette che portano nel palazzo
Io sono nata proprio nell'abitazione qui sopra
Questo è il dilemma...
Io credo sia Palazzo Pinto quello della prima foto in questo post.
Ecco perchè:
Il Tricoli scrive: "Altre strade cingono il cennato principale abitato, vale a dire quella dell'Avvocato per dietro la Palazzina al 1° Padiglione; dal trivio degli Ospedali la Parata, Bagno, Scarpellino, Dragonara e congiungersi con quella di Chiaja-diLuna. Dal quatrivio Palazzo-Pinto pei suddetti luoghi e Sant'Antuono,.."
In effetti davanti al Palazzo che io credo sia Pinto si trova un quatrivio, come scrive il Tricoli. C'è una parte di Corso Pisacane, la scalinata che porta alla Dragonara, poi la Via Nuova ed infine il pezzo di strada che porta a Sant'Antonio.
Se qualcuno ha qualche notizia in più ben venga...anche questa è storia.
I due palazzi sono stati costruiti nello stesso periodo e questo lo si nota dallo stile architettonico, borbonico, archi uguali che troviamo anche in alcune isole partenopee.
Palazzo Pinto o Irollo 1919
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Qui si vedono i due palazzi
(Estate 2015)
La scalinata che porta sulla Dragonara.
Sulla destra dal piccolo tunnel che si vede sulle scale si accede al palazzo...ma sarà Pinto o Irollo???
Via Nuova questo palazzo sarà il Pinto o l'Irollo???
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Le scalette che portano nel palazzo
Io sono nata proprio nell'abitazione qui sopra
venerdì 13 aprile 2018
E la luce fu...
Sul monte Pagliaro, a Ponza, è stata costruita una nuova Centrale Elettrica, moderna, con nuove tecnologie e dovrà soddisfare il consumo energetico dell'isola.
La vecchia Centrale ubicata a Giancos è stata chiusa.
Ma i ponzesi quando hanno avuto la corrente elettrica???
Lo racconta Ernesto Prudente ne libro Miscellanea: "La corrente elettrica fu una grossa conquista per una parte della comunità isolana. una conquista che accentuò il divario tra le zone che ne usufruivano e quelle che ne rimasero prive. Il merito non fu dello Stato ma di un isolano, Franco Feola. Egli, giovanissimo, emigrò in America. Dopo anni e anni di duro lavoro, facendo addirittura due turni nell'arco della giornata, per intere settimane e mesi, riuscì a raggranellare e mettere da parte una somma considerevole. Si parlava di un milione di lire. Cifra astronomica per quei tempi.
Dato che era un uomo intelligente e attivo pensò bene di sfruttare quella sua ricchezza investendola in un qualcosa che a Ponza mancava e di cui si sentiva la urgente necessità. Creò, con altri pochi soci, la S.E.P. (società elettrica ponzese).
Costruì parte dell'edificio, tuttora in uso, installandovi due piccoli motori che, data l'epoca e le usanze, ritenne bastevoli. Stese, con palizzate in legno e, dove non era possibile, con staffe ai muri delle case, una linea di fili di rame scoperti, di consistente spessore, per arrivare a quasi tutte le case della Ponza centro.
Era il 1926 quando si accesero le prime lampadine nelle case di Ponza.
La corrente elettrica a Le Forna e nelle varie case sparpagliate per l'isola è arrivata solo nel 1954."
Proprio qui sotto,a Giancos, c'era la vecchia Centrale Elettrica
(Foto di Rossano Di Loreto)
Ma i ponzesi quando hanno avuto la corrente elettrica???
Lo racconta Ernesto Prudente ne libro Miscellanea: "La corrente elettrica fu una grossa conquista per una parte della comunità isolana. una conquista che accentuò il divario tra le zone che ne usufruivano e quelle che ne rimasero prive. Il merito non fu dello Stato ma di un isolano, Franco Feola. Egli, giovanissimo, emigrò in America. Dopo anni e anni di duro lavoro, facendo addirittura due turni nell'arco della giornata, per intere settimane e mesi, riuscì a raggranellare e mettere da parte una somma considerevole. Si parlava di un milione di lire. Cifra astronomica per quei tempi.
Dato che era un uomo intelligente e attivo pensò bene di sfruttare quella sua ricchezza investendola in un qualcosa che a Ponza mancava e di cui si sentiva la urgente necessità. Creò, con altri pochi soci, la S.E.P. (società elettrica ponzese).
Costruì parte dell'edificio, tuttora in uso, installandovi due piccoli motori che, data l'epoca e le usanze, ritenne bastevoli. Stese, con palizzate in legno e, dove non era possibile, con staffe ai muri delle case, una linea di fili di rame scoperti, di consistente spessore, per arrivare a quasi tutte le case della Ponza centro.
Era il 1926 quando si accesero le prime lampadine nelle case di Ponza.
La corrente elettrica a Le Forna e nelle varie case sparpagliate per l'isola è arrivata solo nel 1954."
Proprio qui sotto,a Giancos, c'era la vecchia Centrale Elettrica
(Foto di Rossano Di Loreto)
La Centrale Elettrica a Giancos
I soci fondatori della Centrale Elettrica
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Azioni della Centrale Elettrica emessi nel 1924
(dal libro di Ernesto Prudente "Ponza il tempo della storia e quello del silenzio)
C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.
Leonard Cohen
I soci fondatori della Centrale Elettrica
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Azioni della Centrale Elettrica emessi nel 1924
(dal libro di Ernesto Prudente "Ponza il tempo della storia e quello del silenzio)
C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.
Leonard Cohen
mercoledì 11 aprile 2018
Ponza descritta da Mino Maccari nel 1929
Mino Maccari, giornalista della Stampa, nel settembre del 1929, giunse a Ponza per raccontare del Confino.
Ecco cosa scrive mentre si appresta a giungere a Ponza: "Il Giannutri, il piroscafo che fa servizio da Napoli e da Gaeta per le Isole Pontine, carico com'è da poppa a prua di provviste domestiche, non ha l'aria nè la pretesa di somigliare lontanamente alla barca di Caronte. Lasciando il molo napoletano della Immacolatella Vecchia, si direbbe di essere diretti verso qualche mercato o verso qualche allegro fierone di provincia, pittosto che verso il "bagno penale" di Santo Stefano o verso il "confino di polizia" di Ponza.."
Arrivato a Ponza scrive:
"...La sorpresa, da parte mia, è stata ancora maggiore, quando, lungo il muro roseo del molo verso il Comando della Dogana, mi sono sentito apostrofare da una voce energica e cortese, che mi ha chiamato col mio nome e cognome, preceduti regolarmente dal mio legittimo titolo accademico; con tanta sicurezza, come se fossi stato un vecchio frequentatore o noto personaggio di Ponza, e proprio nel momento che ci mettevo il piede per la prima volta..."
Così descrive Ponza:
"...L'isola di Ponza, così piccola com'è, par quasi che si trovi un pò a disagio nel mezzo del mare. Si direbbe- e l'immagine, benchè trita, può in questo caso prestarsi ottimamente da simbolo- una pecorella che si sia allontanata troppo dall'ovile sicuro del golfo di Gaeta: ora deve sopportare, senza ripari, le furie e i capricci dei venti, che quando si svegliano, la circondano, la percuotono e la percorrono tutta da tutti i lati; si infilano tra collina e collina, s'accaniscono in vorticosi mulinelli contro le insenature delle rocce e nè piccoli innumerevoli golfi onde è frastagliata e incisa la costa come se volessero scalzare, sradicare, sollevare e capovolgere questo povero scoglio, innocente e pur carico di tanta malizia.
Ma nella lunga stagione estiva- autunno e primavera si confondono, diventano estate, una prepotente, una indugiante estate- l'isola rimane covata dal sole, e cielo e mare, la chiudono in un globo di luci. Nella rapida mia prima visita all'isola, ho potuto ammirarla nel pieno sfolgorio dei suoi colori, da Ponza, che ne è il capoluogo, fino alle Forna, un gruppo di case bianche, rosa, azzurre, sparse sul corno opposto della mezzaluna, che dà forma allo scoglio.
La cittadina di Ponza, che si raggruppa e si affaccia a rispecchiarsi sul placido e limpido mare del suo porto, è sorretta da un lungo, arcuato bastione, sul quale si snoda l'unica strada, veramente tale, del posto, e chiamata, in omaggio a questa sua singolarità, il "Corso". Si va su e giù per questo Corso come il bordo di un piroscafo; e veramente Ponza fa pensare, a chi la percorra, di trovarsi nel ventre di una nave scaraventata sulla riva da qualche tempesta, e indurita, cotta e pietrificata dai venti, dal sole e dal vento. Per entrare nell'interno del paese occorre arrampicarsi per gradinate che sembran sartie di ciottoli e di mattoni: erti sottopassaggi, dai corridoi ai ballatoi fra casa e casa, sboccano, come trombe a vento, al Corso; il piazzale presso il vecchio Castello, sembra una tolda. E' un divertente laberinto, complicato, nelle ore notturne, dalla luce elettrica, che lo riempie di giochi luminosi e d'ombre sagomate.
Una strada inaugurata da poco conduce da Ponza per tutto l'isolotto, fino al villaggio delle Forna, dove ho visto, tuttora abitate, alcune case trogloditiche. I dorsi delle colline, senza un albero, sono solcati da innumerevoli gradinate concentriche, che sorreggono filari di viti a fior di terra; mi fanno pensare alle "curve di livello" delle carte geografiche. Su questo fondo monotono e smorto, come su una tavolozza imbarcata, cantano festosamente, qua e là, le graziose casine dai vividi e sgargianti colori o candide da abbacinare la vista. Ognuna d'esse, in un luogo del tetto, possiede la sua cupoletta, che serve a raccogliere l'acqua piovana, di cui l'isola è sitibonda. Gli enormi, gesticolanti fichi d'India, dai tronchi nani e contorti, mettono una robusta nota di verde intenso, raccolgono un pò d'ombra, a contrasto di quelle tinte sfacciate e squillanti; e, intorno, il mare immenso, a perdita d'occhio, un silenzio, una pace, che turbano e pesano; come se la vita si fosse fermata agli orizzonti. Il "senso dell'isola" incombe.
Intorno a Ponza sonnecchiano due isolotti, Palmarola, disabitata, dove il santo protettore, che è naturalmente un confinato anche lui, papa Silverio, ha pensato bene di trascorrere in perfetta solitudine i suoi ultimi giorni; e Zannone, la cui popolazione è costituita da fanalista e dai più stretti congiunti."
Il traghetto che trasportava passeggeri e merce da Napoli
Un'immagine dall'alto dell'isola di Ponza, credo, anni '20
La Ponza descritta da Maccari
Panorama di Ponza dal Parco della Rimembranza
Le case che circondano il porto
Corso Principe di Napoli
Il vecchio Castello citato da Maccari (La Torre dei Borboni)
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Nota:
Mino Maccari si reca anche nella trattoria Italia il cui proprietario è il signor Verde, ex maresciallo della Regia Marina. La trattoria è ubicata sul declivio della collina raggiungibile "salendo dunque le tre rampe di erte scale che, mi si permetta l'espressione, bucano il ventre di Ponza, attraversandone i tre strati di case che si distendono, uno addossato all'altro."
Sarei curiosa di sapere dove si trovava questa trattoria.
Ecco cosa scrive mentre si appresta a giungere a Ponza: "Il Giannutri, il piroscafo che fa servizio da Napoli e da Gaeta per le Isole Pontine, carico com'è da poppa a prua di provviste domestiche, non ha l'aria nè la pretesa di somigliare lontanamente alla barca di Caronte. Lasciando il molo napoletano della Immacolatella Vecchia, si direbbe di essere diretti verso qualche mercato o verso qualche allegro fierone di provincia, pittosto che verso il "bagno penale" di Santo Stefano o verso il "confino di polizia" di Ponza.."
Arrivato a Ponza scrive:
"...La sorpresa, da parte mia, è stata ancora maggiore, quando, lungo il muro roseo del molo verso il Comando della Dogana, mi sono sentito apostrofare da una voce energica e cortese, che mi ha chiamato col mio nome e cognome, preceduti regolarmente dal mio legittimo titolo accademico; con tanta sicurezza, come se fossi stato un vecchio frequentatore o noto personaggio di Ponza, e proprio nel momento che ci mettevo il piede per la prima volta..."
Così descrive Ponza:
"...L'isola di Ponza, così piccola com'è, par quasi che si trovi un pò a disagio nel mezzo del mare. Si direbbe- e l'immagine, benchè trita, può in questo caso prestarsi ottimamente da simbolo- una pecorella che si sia allontanata troppo dall'ovile sicuro del golfo di Gaeta: ora deve sopportare, senza ripari, le furie e i capricci dei venti, che quando si svegliano, la circondano, la percuotono e la percorrono tutta da tutti i lati; si infilano tra collina e collina, s'accaniscono in vorticosi mulinelli contro le insenature delle rocce e nè piccoli innumerevoli golfi onde è frastagliata e incisa la costa come se volessero scalzare, sradicare, sollevare e capovolgere questo povero scoglio, innocente e pur carico di tanta malizia.
Ma nella lunga stagione estiva- autunno e primavera si confondono, diventano estate, una prepotente, una indugiante estate- l'isola rimane covata dal sole, e cielo e mare, la chiudono in un globo di luci. Nella rapida mia prima visita all'isola, ho potuto ammirarla nel pieno sfolgorio dei suoi colori, da Ponza, che ne è il capoluogo, fino alle Forna, un gruppo di case bianche, rosa, azzurre, sparse sul corno opposto della mezzaluna, che dà forma allo scoglio.
La cittadina di Ponza, che si raggruppa e si affaccia a rispecchiarsi sul placido e limpido mare del suo porto, è sorretta da un lungo, arcuato bastione, sul quale si snoda l'unica strada, veramente tale, del posto, e chiamata, in omaggio a questa sua singolarità, il "Corso". Si va su e giù per questo Corso come il bordo di un piroscafo; e veramente Ponza fa pensare, a chi la percorra, di trovarsi nel ventre di una nave scaraventata sulla riva da qualche tempesta, e indurita, cotta e pietrificata dai venti, dal sole e dal vento. Per entrare nell'interno del paese occorre arrampicarsi per gradinate che sembran sartie di ciottoli e di mattoni: erti sottopassaggi, dai corridoi ai ballatoi fra casa e casa, sboccano, come trombe a vento, al Corso; il piazzale presso il vecchio Castello, sembra una tolda. E' un divertente laberinto, complicato, nelle ore notturne, dalla luce elettrica, che lo riempie di giochi luminosi e d'ombre sagomate.
Una strada inaugurata da poco conduce da Ponza per tutto l'isolotto, fino al villaggio delle Forna, dove ho visto, tuttora abitate, alcune case trogloditiche. I dorsi delle colline, senza un albero, sono solcati da innumerevoli gradinate concentriche, che sorreggono filari di viti a fior di terra; mi fanno pensare alle "curve di livello" delle carte geografiche. Su questo fondo monotono e smorto, come su una tavolozza imbarcata, cantano festosamente, qua e là, le graziose casine dai vividi e sgargianti colori o candide da abbacinare la vista. Ognuna d'esse, in un luogo del tetto, possiede la sua cupoletta, che serve a raccogliere l'acqua piovana, di cui l'isola è sitibonda. Gli enormi, gesticolanti fichi d'India, dai tronchi nani e contorti, mettono una robusta nota di verde intenso, raccolgono un pò d'ombra, a contrasto di quelle tinte sfacciate e squillanti; e, intorno, il mare immenso, a perdita d'occhio, un silenzio, una pace, che turbano e pesano; come se la vita si fosse fermata agli orizzonti. Il "senso dell'isola" incombe.
Intorno a Ponza sonnecchiano due isolotti, Palmarola, disabitata, dove il santo protettore, che è naturalmente un confinato anche lui, papa Silverio, ha pensato bene di trascorrere in perfetta solitudine i suoi ultimi giorni; e Zannone, la cui popolazione è costituita da fanalista e dai più stretti congiunti."
Il traghetto che trasportava passeggeri e merce da Napoli
Un'immagine dall'alto dell'isola di Ponza, credo, anni '20
La Ponza descritta da Maccari
Panorama di Ponza dal Parco della Rimembranza
Le case che circondano il porto
Corso Principe di Napoli
Il vecchio Castello citato da Maccari (La Torre dei Borboni)
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Nota:
Mino Maccari si reca anche nella trattoria Italia il cui proprietario è il signor Verde, ex maresciallo della Regia Marina. La trattoria è ubicata sul declivio della collina raggiungibile "salendo dunque le tre rampe di erte scale che, mi si permetta l'espressione, bucano il ventre di Ponza, attraversandone i tre strati di case che si distendono, uno addossato all'altro."
Sarei curiosa di sapere dove si trovava questa trattoria.
domenica 8 aprile 2018
Il Fortino Bentinck, una Fortificazione dell'Ottocento
Entrando nel porto dell'isola di Ponza incontriamo subito lo scoglio della Ravia su cui possiamo vedere un piccolo fanale verde ed una casa...si proprio una casa...
Ma nell'Ottocento sopra quello scoglio c'era una fortificazione fatta costruire dagli inglesi...il fortino Bentinck
Così lo descrive Giovanni Maria De Rossi nel suo libro "Ponza Palmarola Zannone":
"A ridosso del porto di Santa Maria, fu costruito un fortilizio sullo scoglio della Ravia, detto, dal nome del suo costruttore Forte Bentinck.
Oggi al posto dell'impianto militare vi sono una villetta ed un piccolo faro.
Possiamo però avere l'idea della strutturazione originaria da una descrizione, degli inizi dell'ottocento, corredata da una dettagliata planimetria:..costruzione di una batteria da stabilirsi su dello scoglio della Ravia che giace innanzi al capo S.Maria, nell'isola di Ponza.
L'oggetto di tal batteria è di proteggere tutti i punti accessibili della costa, che sono veduti dalla medesima, e di difendere di fronte e di fianco l'ingresso del porto, incrociando i suoi fuochi con quelli della batteria Leopoldo. La batteria avrà la conformazione d'un rettangolo, la cui aia avrà un lato di canne 9 , e l'altro, di canne 6 dalla parte interna...
(la canna misurava m.2,646)
Già fatiscente era l'impianto militare alla metà del secolo XIX, allorquando fu visitato e disegnato dal Mattei"
Il Mattei a quanto pare nell'aprile del 1847 salì sullo scoglio della Ravia e così scrisse:
"Distrutta ogni traccia della scaletta che prima vi conducea, l'erta del Fortino della Ravia è quasi inaccessibile, se pur non si vuol guadagnarla, come io feci, brancolando.
Ivi son le macerie di una batteria a mezzaluna, e pochi ruderi di caserma e di una polveriera."
Sullo scoglio della Ravia c'era il Fortino Bentinck
Planimetria del progetto di batteria alla Ravia (Forte Bentinck) (C.Afan De Rivera)
Ruderi sullo scoglio della Ravia
La Ravia è lo scoglio che si incontra entrando nel porto di Ponza
La Ravia, dove c'era il Fortino Bentinck, vista da Giancos, anni '30
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
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