Sotto l'area cimiteriale, all'isola di Ponza, ci sono le grotte di Pilato (da non confondere con il Palazzo o Grotta di Pilato che, invece, come riporta una piantina del XVI -XVII secolo, è la cisterna di via Parata).
Le grotte di Pilato appartenevano alla villa imperiale sovrastante di cui restano pochissime tracce. Questo complesso è costituito da quattro vasche coperte ed una scoperta. Si è sempre pensato che fossero adibite a peschiera, ad allevamento dei pesci, da qui il nome Murenario.
Recentemente si è prospettata l'ipotesi che fosse un bagno marino.
Nella Roma imperiale facevano il bagno in mare aperto solo i plebei quindi gli aristocratici dovevano mantenere la pelle bianca, non bruciata dal sole. Addirittura le donne di rango elevato facevano il bagno nel latte per mantenere una carnagione bianca.
Nelle grotte sono state trovati resti di colonne, marmi, dovevano esserci delle statue quindi possiamo ipotizzare che fosse un elegante stabilimento balneare.
Il collegamento con la villa sovrastante avveniva attraverso una scaletta scavata nella roccia.
Nel 1938, Luigi Jacono, archeologo, originario di Ventotene, pubblicò "
Una singolare piscina marittima di Ponza" dove descrive minuziosamente questo importante complesso marittimo conosciuto con il nome di Grotte di Pilato. Aveva già pubblicato, nel 1926, "
Solarium di una villa romana in Ponza" dove spiega perchè il progettista romano di questo complesso, villa e peschiera, lo avesse orientato in quel modo, interessandosi a problemi di marineria ed astronomia.
L'ingresso delle Grotte di Pilato
L'interno delle Grotte di Pilato
L'interno in una foto in bianco e nero
Le ultime foto sono di Rossano di Loreto (Agosto 2011)
Una bella poesia in dialetto ponzese di Tommaso Lamonica dedicata alle Grotte di Pilato
I Rrotte 'i Pilate
Pare 'i trasi', quanne cca' dinte trase,
nda n'atu munne. S'aizzane voce
cupe 'a 'inte 'u mare e ll'ombra ce sta 'i case.
Se ferme u sciate ell'anema s'addoce
nnanz 'a 'stu monumente ch'è rrummase
cumme fuie fatte a i tiempe 'i Criste ncroce.
Chi sà comm'ere belle, quanne vase,
statue, marme abbelivene 'sti rrocce.
Mo' song'annude i mmore, sò vacante,
senza ddie cappellucce, nicchie e autare,
nun nce stanne murene 'nduvinante.
Sulamente voce cupe 'a 'int 'u mare:
Orestilla, Nerone cu ati muorte
chiagnene eternamente a mala sciorte.