In questa foto vediamo la processione di San Silverio del 20 giugno 1930.
Isola di Ponza, località Sant'Antonio, si vede il palazzo Martinelli in costruzione
In questa foto vediamo la processione di San Silverio del 20 giugno 1930.
Isola di Ponza, località Sant'Antonio, si vede il palazzo Martinelli in costruzione
Un matrimonio all'isola di Ponza di tanti anni fa
Giuseppe Onorato sposa Altolina Mazzella
In questa foto gli sposi con i parenti, che eleganza!!!
Minicuccio (Domenico Coppa) era un personaggio che viveva all'isola di Ponza tanti anni fa, lo ricordo vagamente. Aveva un negozietto in Corso Pisacane, un tempo Corso Principe di Napoli, era venditore ambulante e banditore. Nel cinema di via Corridoio Minicuccio era lì con la sua bancarella di dolciumi, lupini, noccioline, semi di zucca ed il canestro con le bibite.
Nel libro "Zì Baldone (accadde a Ponza nel Novecento)" di Silverio Corvisieri così viene descritto Minicuccio:
"La voce di Minicuccio, il banditore, rompeva con toni da muezzin il silenzio attonito dell'isola immersa nelle estate incantate degli anni Cinquanta. Le prime felici estati dopo la lunga notte delle guerre e dei dopoguerra. Le ultime felici estati prima delle onde turistiche motorizzate. Nella piccola casba biancheggiante di calce, la voce del banditore penetrava forte e acuta, indimenticabile, insistendo fino allo sfinimento sulla penultima vocale dell'ultima parola: "i mulugnàne a ciènte lire u chiiiile" oppure "uhè è arrivàte a vàrche furastèèèèère". Potevano essere pesci invece di melanzane o un nuovo medico invece della barca forestiera. Che importava? La voce di Minicuccio - maledetta da chi stava facendo la siesta, accolta con grida festose dai bambini - era una colonna sonora che, sembrava venire da altre epoche e da altri continenti. Nelle stradine che s'inerpicavano sulle colline nessun altro suono o rumore la contrastava, a parte l'improvviso ragliare di un asino o il battito sul selciato degli zoccoli di qualche screanzato. Minicuccio non era un uomo come tutti gli altri. C'era in lui, e attorno a lui, qualcosa che inquietava e, al tempo stesso, destava divertita sorpresa. Quella voce indimenticabile usciva da una bocca storta a causa di una mandibola rovinata e strideva, per la sua penetrante acutezza, con l'aria grigia e trascurata della persona. Gli occhi avevano talvolta guizzi inaspettati così come sbalorditiva era la sua capacità di tenere i conti: non avendo mai studiato aritmetica, aveva inventato un modo tutto suo di fare i calcoli; lo si vedeva tracciare segni misteriosi che facevano pensare a civiltà scomparse o alla notte dei tempi quando agli sciamani venivano attribuite conoscenze divine. Mai una volta che sbagliasse. Di lui si diceva che dormisse pochissimo; le regolari sette ore notturne non appartenevano alla sua umanità; riposava quando poteva, quando glielo consentivano le mille piccole attività con le quali sbarcava il lunario, e, soprattutto, quando le inquietudini del suo spirito gli concedevano brevi tregue. Appariva sempre come stordito salvo sorprenderti con manifestazioni d'intelligenza non comune. C'è chi giura di non averlo mai visto a una festa o in un bar o in una di quelle cantine - osteria allora affollate da bevitori e giocatori; nessuno aveva mai avuto il privilegio di una conversazione con Minicuccio che andasse al di là dello scambio di parole strettamente necessarie per la compravendita delle merci. Ma la sua voce si faceva sentire, eccome! Essa risuonava anche in paesi lontani, insieme con la risacca del mare e i sibili del vento, nelle orecchie e nell'anima dei ponzesi emigrati. Quella voce lasciava la sua impronta nei cuori delle persone più sensibili come un'evocazione di sentimenti ancestrali. Minicuccio se ne andò non appena le estati ponzesi cominciarono ad essere meno silenziose, come se la sua voce non sopportasse di essere offesa dal crescente frastuono dei motori di auto e barche.
Chissà se Minicuccio vedendo arrivare, nell'estate del 1950, il primo piroscafo della linea Anzio - Ponza pensò che quello era il principio della fine. Sull'isola l'avvenimento fu festeggiato da tutti, o da quasi tutti. Un'eccezione ci fu certamente: quella di un romano, vecchio frequentatore di Ponza, che, alla vista dei primi turisti, scosse la testa ed esclamò: "Ponza è finita". Intendeva dire che l'isola incantata ormai non sarebbe stata più a disposizione di pochi intimi amici. Lo guardarono come si guarda un pazzo ma forse Minicuccio lo capì meglio di chiunque altro."
Nelle foto vediamo Corso Pisacane com'era (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Domenica, 21 aprile, zio Mimì (Domenico) Iacono ha compiuto 90 anni. Figlio di Peppino Iacono e Olimpia Feola, è il fratello più piccolo di mio padre Ciro.
E' nato a Ponza ma vive a Tortolì, in Sardegna, con sua moglie Rosanna, i suoi figli e nipoti.
Sono stati in tanti a festeggiarlo, anche il Comitato di San Lussorio di cui è socio. In un articolo pubblicato su Vistanet.it, viene evidenziata la sua presenza ed il contributo nel promuovere la cultura locale di Tortolì.
Zio Mimì è stato definito un "pilastro" nella comunità di Tortolì.
Tanti auguri zio Mimì!!!
In questo giorno ricordiamo che il 25 aprile 1945 ci fu la fine dell'occupazione nazista, la caduta del fascismo.
Passe sèmpe pe ncòppe i cannucce
(passa sempre al di sopra delle canne)
La pesca al cefalo veniva fatta con due reti, una verticale, per cingerli, l'altra orizzontale tenuta da canne per farla stare distesa sull'acqua per evitare che il cefalo saltasse con facilità l'ostacolo della rete verticale. Quelli che riuscivano ad evitare la rete orizzontale erano pochissimi e superandola dimostravano eccellenza nel salto.
Con questa espressione si voleva indicare persone furbe, capaci di evitare qualsiasi ostacolo e rimanere sempre illese.
(Tratto dal libro di Ernesto Prudente "A Panje - proverbi di Ponza")
Isola di Ponza nel tempo (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
I ponzesi nel loro girovagare per il Mar Mediterraneo hanno sempre portato il loro Santo Protettore, San Silverio.
Molti di loro si sono fermati con le loro famiglie in questi luoghi ma non hanno dimenticato l'isola da cui provengono, Ponza.
In molte chiese della Sardegna come ad Arbatax, a Cagliari, a Carloforte, a La Maddalena, a Vignola c'è una statua di San Silverio.
Anche a Bosa Marina, in provincia di Oristano, nella chiesa di Stella Maris, c'è una bella statua di San Silverio (Foto inviata da Mauro Avellino)
La foto di San Silverio sull'altare è di Civita Mazzella.
Dove c'è un ponzese c'è San Silverio...
Leggendo un libro di Paolo Iannuccelli mi sono imbattuta nella figura di Lina la veneziana (Carolina Zampieri), una ponzese acquisita, scomparsa qualche anno fa. Era una persona gentilissima, dolcissima. Mia figlia Marianna, quando era piccola, si incantava davanti alla vetrina di quel negozio di souvenir.
Paolo Iannuccelli così scrive di lei:
"Chi arriva a Ponza e passa per Corso Pisacane non può fare a meno di rimanere colpito da un negozio che fin dall'insegna, "Souvenirs Cartoline", appare diverso dagli altri. Lo gestisce Carolina Zampieri, da tutti conosciuta come Lina, una signora minuta e affabile, la cui voce è resa ancora più dolce dalla cadenza veneta. Lina infatti è nata vicino a Venezia: a Ponza si è trasferita oltre quarant'anni fa, dopo aver sposato Tony (in realtà il suo vero nome era Antonio, ma la frequentazione della terra veneta dove già viveva il fratello Benito aveva operato la trasformazione). A Ponza Lina ha vissuto diversi anni con il marito e i vecchi suoceri, in quella casa antica dall'architettura particolare: al piano terra il negozio di cartoline e dietro quella che ora si chiama "zona giorno", al primo piano le camere da letto. Poi i suoceri sono morti e purtroppo da qualche anno anche Tony non c'è più. Così Lina si è ritrovata sola in quel negozio, "Souvenirs Cartoline" dove la gente si ferma sempre volentieri, perchè oltre a cartoline e piccoli oggetti da regalare o da portare a casa come ricordo di una piacevole vacanza, trova tanta cortesia, e soprattutto un locale che sembra appartenere ad altri tempi.
" All'inizio mi stupivo vedendo i turisti che passando scattavano foto, sia dall'esterno che sulla porta - commenta sorridendo - ma ora i flash che ogni tanto vedo lampeggiare anche quando sono nella stanza dietro non mi fanno più effetto."
Il fatto è che l'arredamento del locale è assolutamente particolare: lo stesso che apparteneva tanti anni fa, ad una vecchia farmacia. Solo una mano di vernice, o forse più, ha alterato il colore originale del legno, ma gli scaffali, con mensole e sportelli, sono bellissimi e si vede che sono stati realizzati a mano. In tanti hanno chiesto di poterli acquistare. "Se ne potrà parlare quando chiuderò definitivamente il negozio", aggiunge Lina. Già. E' l'interrogativo di ogni anno. L a "veneziana" trapiantata a Ponza fa infatti ritorno al suo paese nei mesi invernali; è lì che vivono i suoi familiari. All'inizio di ogni primavera, quando torna a Ponza, dice a se stessa e agli amici: "Questo è l'ultimo anno e poi mi ritiro definitivamente: sono stanza, sono sola". Anche se poi qualcuno che le dà una mano nel negozio lo trova sempre. Così, stagione dopo stagione, il tempo passa e il negozio "Souvenirs Cartoline" resta sempre lo stesso, caratteristico nello stile e nell'impostazione: unica concessione al nuovo che avanza, gli infissi della porta d'ingresso, una necessità. Ma varcata la soglia, ecco le cartoline tutte infila nell'espositore di legno fatto; le barchette, le piastrelle, gli oggetti in ceramica e in legno occhieggiare dietro le vetrine chiuse dal di dentro con un gancio; ecco altri sportelli con pomoli minuscoli. Una piccola statua di San Silverio, nella versione con la barba bianca come quella esposta nella chiesa di Le Forna, ha il posto d'onore al centro della grande scaffalatura che occupa l'intera parete all'ingresso, sull'arco mascherato da una una tenda fiorata che porta nella stanza interna. Davanti al santo, due vasi con i garofani rossi, finti, immutabili: sembra che perfino la luce li abbia risparmiati, conservandone inalterati i colori. In alto, alla destra di chi entra, sono in bella mostra tre o quattro quadri a olio che immortalano uno scorcio di Ponza. Sono opera di un artista napoletano che tanti anni fa venne a Ponza e si pagò la villeggiatura dipingendo. Un ristoratore ponzese lo prese a benvolere, e ancora oggi gli fa da mecenate: porta le sue opere a Lina e lei gliele vende quando trova un estimatore o un appassionato. Il che succede molto più spesso di quanto si potrebbe pensare.
In quel microcosmo in cui il tempo sembra essersi fermato, il turista sosta, ed è come immergersi in un'oasi, estranei alla confusione e al consumismo che fuori la fanno da padrone (anche i prezzi, detto tra noi, paiono fuori dal tempo).
Fra i turisti, poi, si è sparsa la voce di questa presenza veneta, in un'isola in cui tutti parlano napoletano: molti villeggianti vengono proprio dal Veneto e considerano un piacevole obbligo sostare in quel negozietto del corso, che dà proprio sul porto. Parlando con Lina si sentono a casa. E lei anche",
Questo negozio ormai non esiste più...
Carolina Zampieri (Lina) con il marito Antonio Farese (Tony) davanti al negozio (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Oggi a Ponza troviamo u casatièlle in ogni periodo dell'anno, basta andare dalla Russiella , ma un tempo bisognava aspettare il periodo pasquale.
U casatièlle ponzese è dolce rispetto a quello napoletano, si fa con uova, farina, zucchero, strutto e criscito (lievito naturale).
Mia madre Elvira impastava una bella quantità di casatièlle in una scafarèje e ricordo ancora la forza che metteva nel mescolare gli ingredienti. Poi divideva l'impasto nei ruoti e li metteva a lievitare nel posto più caldo della casa, magari con qualche coperta sopra. Appena lievitati noi ragazzine portavamo i ruoti avvolti nei canovacci, una sorta di mappatèlle, giù dal fornaio Temistocle, in via Corridoio e in seguito da D'Atri, giù alla Banchina Di Fazio. Ogni ruoto all'interno del bordo aveva il nome della famiglia che li portava ad infornare.
Quando portavamo a casa i casatièlle il profumo era inebriante, non vedevamo l'ora di assaggiare.
Qualche giorno fa mi ha scritto Marco Scardecchia chiedendo notizie di suo nonno, lo so è un pò difficile perchè è passato troppo tempo ma ci provo.
Suo nonno si chiamava Michele Scardecchia, prima della Seconda Guerra Mondiale lavorava come guardia carceraria tra Gaeta e l'isola di Ponza.
Nei racconti della nonna pare che Michele abbia fatto da padrino, negli anni '40 / '50, ad un bambino di Ponza.
Ecco la sua foto
Nel dialetto ponzese l'upupa viene chiamata cèntraualle. In questo periodo sull'isola di Ponza, come in tante altre località, passano gli uccelli migratori.
In queste foto Silveria Aroma è riuscita a immortalare u cèntraualle a Le Forna e ne ha concesso gentilmente la pubblicazione.
Piano piano l'isola di Ponza sta perdendo pezzi di storia.
Ieri è mancata Rita Morrone, che per quasi tutta la vita ha vissuto sulla Dragonara. Una persona semplice, ma che quando usciva di casa era sempre elegante.
Amava tanto i gatti.
Questa foto è stata scattata da mia figlia Marianna nell'agosto del 2014. Rita si fece promettere da lei che non l'avrebbe pubblicata finché sarebbe stata in vita.
Mia figlia le inviò una copia a Ponza e lei era molto contenta.
Buon viaggio Rita!!!
In questa foto Rita è davanti alla casa sulla Dragonara.
(La foto è di Marianna Licari)
In questa foto vediamo insegnanti ponzesi con la direttrice didattica di Gaeta.
Riconosco Margherita Sandolo, Totonno Scotti, Gennaro Valiante...sarebbe bello dare il nome ad ognuno
La storia della scuola di Ponza di tanto tempo fa
Mia cugina Laura Iacono Volante che vive negli Stati Uniti, qualche giorno fa, era a cena in un ristorante italiano in Florida, a Port St. Lucie, ed ha scoperto che i proprietari sono originari dell'isola di Ponza, il loro cognome è Feola.
Feola come il cognome di nostra nonna, la mamma di mio padre Ciro e del suo, Giovanni.
Alla parete del ristorante c'è una bella foto dell'Arco Naturale di Ponza.
Nel ristorante c'è anche la statua di San Silverio sulla barchetta.
E' proprio vero...dove c'è un ponzese c'è San Silverio
Il cestaio a Le Forna, isola di Ponza
(Foto di Raimonda Buitoni)
(Tratta dal libro "Ponza - Palmarola -Zannone" di Caterina Bon - Raimonda Buitoni - Giovanni Maria De Rossi - Mariella Liverani - Salvatore Paternò (1986 - De Luca Editore)
L'uomo ritratto nella foto si chiamava Carmine Vitiello, era un pescatore, orfano di guerra a soli tre anni.
A otto anni si è imbarcato per andare a pescare in Sardegna perchè doveva aiutare sua madre, vedova con tre figli.
La mamma, Filomena Di Meglio, vendeva uova e cose fatte in casa nella zona del porto di Ponza. Partiva da Le Forna a piedi alle quattro del mattino ed era molto amata.
Ci si arrangiava come si poteva ma soprattutto con onestà.
E' importante ricordare le persone.
A pelose così viene chiamato in dialetto ponzese un granchio, l'eriphia verrucosa. Questo granchio ha le zampe ricoperte di peli perciò i ponzesi lo chiamano così, vive tra le rocce.
Si raccolgono di notte con l'aiuto di una torcia ma bisogna stare attenti alle chele.
Ernesto Prudente racconta che è stato spettatore all'isola di Zannone della rottura di una lumaca di mare da parte di una pelosa. Però dice anche che le pelose, tra tutti i crostacei, danno il sugo con il più ricco sapore di mare per condire le linguine,
(Notizie attinte dal libro di Ernesto Prudente " ALFAZETA Voci del dialetto ponziano")
A pelosa (Immagine reperita in rete)
Anche all'isola di Ponza è usanza fare la Pasquetta andando in luoghi dal paesaggio mozzafiato come il Monte Guardia, il pianoro dell'Incenso, i Faraglioni...portando "casatielli", pizze rustiche ed altre bontà.
Quando ero piccola andavamo dai nonni materni sopra i Conti, una volta siamo andati con la mia famiglia giù ai Faraglioni alla grotta di zia Carmela.
Una volta, ero molto piccola, abitavamo in una piccola casa sul Corso Pisacane, si mise a piovere a dirotto e mio padre Ciro mise una coperta per terra sul pavimento, così mangiammo il cibo per la nostra Pasquetta. Ci si accontentava di poco.
Che bei ricordi!!!
Una Pasquetta degli anni '30 sul monte Guardia
Spero sia una Pasqua di pace anche se quest'anno pare sia molto difficile.
Ci sono troppi conflitti nel mondo, troppi bambini che soffrono.
Auguri di Buona Pasqua!!!
Nella foto: Isola di Ponza, tramonto a Chiaia di Luna (estate 2021)
In questa foto è ritratta una "Gouache" di Ponza del 1820
In questa foto vediamo una bella scolaresca in quinta elementare con la maestra Sofia Rispoli.
La maestra Sofia aveva il dono di spiegare i concetti talmente bene da inculcarli nella mente dei suoi alunni. Ricordo che faceva anche il doposcuola ai tanti ragazzi di Ponza.
E' stata veramente una brava insegnante.
Suo marito, Silverio Di Lorenzo, era vigile urbano ed era cugino di mio padre Ciro, le loro mamme erano sorelle.
In questa foto, davanti alla maestra Sofia, c'è il compianto Giuseppe Tricoli, il Barone.
Nell'estate del 1951, all'isola di Ponza, ci fu il primo Campionato Italiano di pesca subacquea.
Queste foto testimoniano quell'avvenimento, riconoscibile il medico della gara, il dottor Francesco Sandolo.
In questa foto di Salvo Galano, tratta dal libro "L'ISOLA" è ritratto Minicuccio di Barbaresco, "Menacazzott", contadino.
Lo ricordo bene, aveva anche un asinello e abitava sugli Scotti, all'isola di Ponza.
Il 21 marzo 1992, all'isola di Ponza, le ragazze che praticavano il dragon boat, durante la trasmissione televisiva Scommettiamo che?, con la loro canoa spostarono la motonave Rio Marina per 40 metri in quattro minuti.
Venti ragazze che si erano allenate tantissimo nelle acque dell'isola di Ponza guidate da Salvatore Perrotta e Silverio Di Lorenzo, un "tamburino" che scandisce il ritmo, un timoniere che a poppa dirige la barca.
Quella sera di marzo, a colpi di pagaia, vinsero la loro scommessa, ricordo molto bene la voce dell'indimenticabile Fabrizio Frizzi che conduceva il programma.
Il dragon boat è una disciplina che viene dall'Oriente e negli anni '90 entusiasmò i giovani ponzesi.
Peccato sia tutto finito lì...
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
(Il video di Rossano Di Loreto)
https://www.youtube.com/watch?v=wiivkyR8VQo&ab_channel=barba836
Il culto verso San Giuseppe è molto sentito all'isola di Ponza, soprattutto nella zona dei Conti e di Santa Maria dove c'è una graziosa chiesa dedicata a Lui.
Nell'Ottocento gli abitanti di questa zona hanno lottato per avere questa chiesa poichè era difficoltoso andare a Messa nella zona del Porto. Non si poteva utilizzare ancora la galleria e quindi bisognare salire e scendere per Giancos.
Oggi le famiglie di queste zone, per la festa, hanno addobbato le strade, le case, e spuntano bellissime statuette di San Giuseppe.
Domani è la festa del papà, auguri a tutti anche al mio che non c'è più.
Qualche foto della processione del 2019 di Giovanni Pacifico.
Acquasante e nciènze
(acquasanta e incenso)
Era l'espressione dei vecchi quando succedeva qualcosa di anormale.
L'acquasanta e l'incenso servivano ad allontanare il malocchio.
(Dal libro di Ernesto Prudente "A Pànje - i proverbi di Ponza-)
Mi sembra ancora di sentire la voce di mia madre Elvira quando usava questa espressione.
Un pò di foto dell'isola di Ponza di tanto tempo fa (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)