venerdì 31 maggio 2024

L'Iscaiuolo

 In questa foto è ritratto il figlio dell'Iscaiuolo, Gaetano, mentre svolge il suo lavoro fuori alla pescheria di famiglia, nell'altra un pesce, lo scorfano.

L'Iscaiuolo, il papà, era Luigi Sogliuzzo che era chiamato così per le sue origini ischitane.

Le foto sono tratte dal libro della fotografa Lou Embo "Isole Ponziane"





mercoledì 29 maggio 2024

A tofe

 All'isola di Ponza il tritone, un gasteropode dalla grossa conchiglia a forma di spirale che vive nel mar Mediterraneo, viene chiamato tofe ed è commestibile.

Viene lessata, tagliata a fettine poi condita con olio, aglio e prezzemolo.
Una volta la simpatica Candidina, quella del calamaro mbuttunato, nota per la sua fame leggendaria, ne mangiò una intera ma, ahimè, dopo si sentì male.

tofe veniva usata, fin dal Neolitico, come strumento di segnalazione, tipo una tromba, soffiandoci dentro emette un suono fortissimo.
Sulle bancarelle dei bambini ponzesi forse si riesce a trovare ancora qualche esemplare di questa splendida conchiglia.
A Roma c'è la fontana del Tritone, realizzata da Gian Lorenzo Bernini, nella quale il dio reclina la testa nel soffiare in una grossa conchiglia da cui esce uno zampillo d'acqua.
Appunto un tritone o tofe come la chiamiamo a Ponza...


A tofe


A  tofe in fondo al mare


La fontana del Tritone a Roma
(Immagini reperite in rete)


Angelino Vitiello, pescatore e ristoratore ponzese, mentre suona a Tofe
(Foto tratta dal libro di Silverio Mazzella "Le ore del giorno, i giorni dell'anno, gli anni della vita")

domenica 26 maggio 2024

La pesca subacquea all'isola di Ponza

 Nel tempo Ponza ha avuto dei pescatori subacquei che ancora ricordiamo per la loro bravura, per le loro capacità, come Silverio Zecca, Mimì Dies e Gavino.

Come i ponzesi si sono perfezionati in questo tipo di pesca lo racconta Ernesto Prudente nei suoi libri.
Ecco cosa scrive: 
"Era l'estate del 1936. In un caldo pomeriggio di fine luglio sbarcarono a Ponza due giapponesi. Erano due giovani funzionari dell'ambasciata nipponica a Roma. Vennero ricevuti, allo sbarco, dal commissario di P.S. a cui erano stati raccomandati. Trovarono alloggio presso una famiglia e consumarono i pasti nella trattoria "Zi Capozzi", l'unico ristoro dell'isola.
Tutti i pomeriggi, al ritorno dal bagno, portavano nella trattoria un buon numero di saraghi e ombrine. Sceglievano quelli da mandare, in regalo, al commissario e quelli che volevano mangiare la sera e il restante lo regalavano alla zia Capozzi che, quando non aveva clienti, lo distribuiva ai notabili del paese.
Il perpetuarsi di favolose pescate incuriosì molto la signora Antonietta che, non vedendo nei due gentiluomini dei pescatori, nè tantomeno erano dotati di attrezzi da pesca, incominciò a porre domande su come pescassero tutto quel pesce.
I due giapponesi, con la loro caratteristica cadenza linguistica, che faceva tanto ridere la trattora, fecero capire che si dilettavano nella pesca sott'acqua.
La cosa era talmente nuova, in un paese di pescatori, che spinse la zia Capozzi a parlarne con Aristide Baglio che, a sua volta, ne parlò con Luigi Murolo suo costante e assiduo compagno di pesca alle occhiate con i nattelli e con la traino.
Il giorno dopo, Aristide e Luigino seguirono, come poliziotti, i due giapponesi.
Li precedettero a Chiaia di Luna dove, per non destare sospetti, si misero ad armeggiare intorno alla loro barca che tenevano a secco in una grotta.
La loro attenzione era, però, soltanto ai due giapponesi.
Li videro stendere gli asciugamani su cui posarono gli indumenti. Notarono che trassero un qualcosa dalla borsa che avvitarono, così sembrava dai movimenti, ad una estremità di due bastoni. La loro meraviglia fu enorme quando li videro mettersi un paio di occhialini, non prima di averli sciacquati a mare. Intorno alla vita si legarono una cordicella. 
Con gli occhialini e con il bastone, tenuto dalla destra, su tuffarono prendendo la via del Fieno.
Aristide e Luigi manifestarono mille pensieri su quell'armamentario. Il più costante fu quello di attenderli all'arrivo.
Cosa che fecero, seguendoli sempre con lo sguardo.
Attesero diverse ore.
Quando li videro ritornare prima che toccassero la  riva posero, volutamente, sul bagnasciuga davanti agli asciugamani stesi.
Qui dovevano venire.
Quando emersero, ognuno di loro aveva all'incirca, una dozzina di pesci infilati nella cordicella.
Essendo a stretto contatto, salutarono e giù una serie di domande in cui i giapponesi diedero ampie risposte. 
Del bastone, che in fondo era fiocina, si resero perfettamente conto di come era fatto e del suo peso approssimativo.
La loro curiosità maggiore era rivolta agli occhiali che provarono e riprovarono.
Aderivano perfettamente nell'orbita ed erano di una sostanza simile all'ambra.
Contenti per la loro scoperta presero la via del ritorno portandosi a casa buona parte del pescato, loro offerta.
Il giorno dopo e quelli seguenti furono per loro un travaglio continuo perchè volevano equipaggiarsi come quei due."
Con mezzdi fortuna riuscirono a riprodurre occhialini e fiocina...
"...Era nata così, con Aristide e Luigino, la prima attrezzatura subacquea italiana che diede anche buoni risultati.
Diversi giovani di Ponza si diedero a copiare le lenti di Aristide e Luigino: Adalgiso Coppa, Ninotto Mazzella, Alberto Migliaccio,Giannino Mazzella.
Essi le usarono soprattutto per raccogliere patelle e cozze pelose.
Quando uscirono i primi fucili (il Saetta e poi il Cernia), per essi, essendo già esperti sommozzatori, fu facile diventare ottimi pescatori subacquei.
A loro seguirono Silverio Zecca, Mimì Dies, Gavino, le cui imprese leggendarie fanno parte della storia della pesca subacquea in apnea, scrivendo pagine memorabili"

Nota:
Secondo il Corvisieri i giapponesi erano tre: Tukumori Agaraje, suo fratello Soghi e suo zio Tazuo Agaraje, dell'isola di Okinawa, la principale delle Rjukju. In questa isola c'erano delle scuole dove si imparava la tecnica per diventare sakanaciuki cioè "infilzatori di pesce".





Il grande subacqueo ponzese Silverio Zecca con le sue prede (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



I subacquei giapponesi

venerdì 24 maggio 2024

L'antico stemma dell'isola di Ponza

 L'antico stemma di Ponza "Consisteva in una torre sull'agitato mare, sedente sulle onde, al fianco una donna coi capelli scarmigliati, tenente con la sinistra la coda di un grosso pesce in atto di uscire dall'acqua e con l'altra un'asta  col pungiglione di una Tortora marina, pesce della famiglia Pastinaca, detto dai marinai Muchio" . Questa la descrizione del Tricoli nella Monografia del 1855.

Nel 1953 ne venne adottato un altro, ignorando che esistesse già uno stemma, che venne deliberato dal Consiglio Comunale.







mercoledì 22 maggio 2024

U sanduline

Questa foto inviata da Fabrizio  Bruschelli è del 1935 e ritrae suo padre Raoul, al centro, su un sanduline, una specie di canoa,  all'isola di Ponza. Con lui  ci sono altri due ragazzi ponzesi, Fortunato e Silverio Mazzella.

Il  suo papà Raoul ha vissuto sull'isola di Ponza per circa 3 anni e u sanduline lo hanno costruito sulla spiaggia di Santa Maria con l'aiuto di qualche maestro d'ascia.

Raccontava spesso dell'isola di Ponza, delle foche monache che stazionavano sugli scogli delle Formiche  e che andavano a disturbare.  Era un bravo subacqueo in apnea ed aveva imparato da alcuni giovani giapponesi che gli avevano insegnato a pescare con una canna appuntita e gli avevano regalato degli occhialetti per praticarla. 

Amava molto il mare...

Il nonno di Fabrizio, papà di Raoul, era il Commissario Prefettizio nell'isola di Ponza, quindi responsabile governativo anche del confino.




domenica 19 maggio 2024

Dall'album di famiglia

 Le foto di alcuni momenti della processione di San Silverio, il 20 giugno ma in anni diversi, all'isola di Ponza, in cui si vede il mio papà Ciro Iacono e tante persone che non ci sono più. Credo anni '70 / '80.

Queste foto sono nell'album della mia famiglia











venerdì 17 maggio 2024

Aprile 1847, Pasquale Mattei a Palmarola

 Nell'aprile 1847 Pasquale Mattei visita le Isole Ponziane e attraverso i suoi disegni, le sue descrizioni, possiamo ammirarle.

Ecco il suo approdo a Palmarola così raccontato nel libro "L'ARCIPELAGO PONZIANO memorie storiche artistiche";

"...Palmarola ci era a vista.

Il profilo dell'isola, alla quale ci eravamo avvicinati, trovai tanto a quello di Ponza somigliante, che mi parve esser facile da lungi di scambiar l'una per l'altra. Però quando vi fummo molto dappresso, nulla più mi occorse all'occhio che balze discoscese, creste taglienti di montagne, rocce di tufo cosparse di lapillo vulcanico, masse colorate fortemente di un giallo bruno, ed un insieme di arido e d'isterilito nella scarsa vegetazione. Quelle coste apparivano per soprappiù inaccessibili, e più o meno scendenti a picco sul pelo delle acque, effetti potenti di alluvioni, per le quali tutto il terreno nella periferia dell'isola, che non misura più di sei miglia di circuito, si presenta solcato, scabro, avvallato, ed il ridosso de' monti sfranato ed informato di grandi e neri macigni. Ed è per questa medesima ragione, e più per gli effetti di una tremenda scossa che quel suolo avrà dovuto subire in altri tempi, che la estremità a sud dell'isola sporgente nel mare lascia scorgere visibilmente il distacco di una parte di essa. Era bello il distinguere il cinericcio pallido, il rosso, ed il giallo negli strati di quelle squarciate viscere del monte.

Rasentando la suddetta costa franata per inoltrarci verso il sinistro fianco dell'isola, quasi avamposti dell'esercito formidabile di scogli che coronavano le rocce bagnate dal mare, scorsi due mostruosi masi che meglio si direbbero isolette, coperti di svariate erbe muscose. A piè di uno di essi si elevava impiantato sul mare ne' suoi piè dritti uno smisurato arco, che a prima vista sorprendeva per la sua forma colossale.  Ma da vicino osservato è forza riconoscere in esso uno di quei tanti fantastici capricci della natura nel suolo insulare di Ponza, di cui per lo innanzi abbiam parlato. Questo ardito monumento, che da secoli resiste agli urti potentissimi e terribili del mare, non è in sostanza che una roccia conformata in quella speciale guisa. E per tal modo ovunque meravigliato girava lo sguardo, mi si presentavano lande fantastiche, creste addentellate come il taglio di una sega, punte angolari acuminate, contrastanti a masse pesanti profondamente scavate come le pomici. Nella guisa appunto di uno spettatore non uso alle fantasmagorie di magico teatro, io mi rimasi estatico. Ad ogni tonfo di remo, una scena singolare ti si svolge innanzi  come per incantesimo;  ei sembra di aggirarti in un suolo che fosse appartenuto alle nordiche regioni più che alle contrade del nostro regno. Del pari non sapresti renderti ragione di un tetro e profondissimo silenzio che regna a te d'intorno nel vasto orizzonte, se non rappresentandoti la più squallida scena di sterminati deserti. Colà la tua voce è l'unica voce umana che risuoni in tutta quell'isola, attorniata da acque profonde e pericolose dall'un capo all'altro. Nè dissi a caso poè anzi umana voce, chè ben mi rimembra di scena in un sorprendente e compassionevole da belati lamentevoli di un piccolo gregge; il quale libero e tranquillo pasturava sull'erta altissima degli anzidetti isolotti, non guardato da cani, e manco da pastori. Di queste capre derelitte la coraggiosa agilità, e la sicurezza dello sgambettare fra quelle ripide balze, e lo star come ad un capello sull'orlo del precipizio era sorprendente spettacolo. Si che mai più come in quella circostanza riconobbi la giustezza del comune adagio che proclama quegli animali per antonomasia modelli di meravigliosi salti e di giocosa ginnastica. Quelle povere bestie, prese da subitanea paura al nostro troppo appropinquarci, si posero a saltellare da locuste più che da quadrupedi!..."

"...Seppi che questa tribù nomada era stata colassù rilegata in quella strana guisa per trar profitto di quella demaniale pastura, senza che l'avaro proprietario di essa vi spendesse cura nè pensiero di sorta alcuna. Così per quelle vittime l'universo è circoscritto in quei pochi palmi di discosceso e funesto soggiorno..."

" ..._Perdonate, signor mio, (così un marinaio interruppe alcune mie apostrofi di di commiserazione per quelle povere bestie), credo non valga la pena di accorarvi tanto per le condizioni di queste capre..."

" Non vi pare che sia questo più aspro calle e più disperato ancora che le isolette delle Capre ( così le chiameremo da oggi innanzi in memoria della vostra sensibile predilezione)? Ebbene: un uomo potente rilegava colassù e faceva morir di stento e di digiuno un santo Pontefice, il glorioso martire S. Silverio nostro protettore!...

E que' marinai a scoprirsi il capo riverentemente a quel nome, a sospendere il remigare, e recitar preci che nessuno osava interrompere fino a che non fummo giunti al piede del famoso Picco di S. Silverio, così addimandandosi quella roccia famosa fin da' tempi delle persecuzioni della Chiesa Cristiana.

Ed a noi davanti sorgeva infatti un'altissima roccia di forma conica, flagellata dalle onde del mare, le quali sono profondissime intorno al masso, che inabissasi  a perdita di vista sino a che non tocchi il fondo di quello. In forma di penisola sporge e si eleva questa eccelsa rupe, che sembra attaccata al bel mezzo della cerchia di una spiaggia di lapillo e sabbia. E qui propriamente che il masso s'innalza dritto e quasi a picco, mentre nella parte opposta si mostra il pendio, e coperto di musco e di altre erbe spontanee. Nella vetta recisa del cono appariscono frammenti di vetuste fabbriche, e poichè mi proponeva di visitarle, cominciai dall'arzigogolare in qual modo di antichi abitatori riuscissero a guadagnare quelle alture. Investigando mi feci accorto di una serie successiva di buchi dall'alto in basso della rupe correnti sul fianco che guarda la spiaggia. Eran tali buchi ostruiti di ferro, e questa particolarità mi fece indovinare l'artificio di una pensile scala formata di spranghe orizzontali di questo metallo,  che si addossava in altri tempi a quel lato, e di cui avanza appena la memoria. Nulla presentandosi la roccia da questa parte diventa inaccessibile, ed invece bisogna azzardarsi per la china opposta, che inoltrandosi nel mare, meno ripida presenta la sua schiena.

Aspettando che la barchetta fosse pronta, mi volsi a considerar l'aspetto del sito in cui eravamo sbarcati, il solo abbordabile, non essendoci in tutta l'isola che quella spiaggia sgombra di scogli.

E sulle prime l'avvallamento di quell'unica spiaggia, mi faceva congetture,  che ricolmo in origine avesse potuto formare una massa con suolo circostante montuoso e vulcanico, e che per effetto de' soqquadri cui andò soggetta  la profondità della spiaggia medesima, si fosse operato per la friabilità di quei massi di lava. Difatti è la sostanza di questa spiaggia come un impasto di lapillo, sabbione e tufo, reso per la sua estrema friabilità in certo modo soffice e polveroso; ed in tal grado, che quando m'apprestava per inerpicarmi sulle cime delle alture circostanti, mi era malagevole di ritirare l'un piede appresso l'altro dalla profondità di più palmi. Ma quando dalle eminenti creste di que' monti per ogni verso girai indagatore lo sguardo, stanco io ritornava, malinconico e tristo, come quando si viene da un sito di desolazione. Frastagliate costantemente le cime, effetto potente della degradazione delle masse montuose, si allargano verso il sud, e fan tentativi per ispianarsi,  senza formar altro che convalli ed un sol breve ripiano..."

"...Pur nullameno non mancano concrezioni calcaree in quest'isola; che anzi i gioghi del sud ed il picco di S. Silverio sono appunto di roccia calcarea. A questa occidentale formazione è dovuto che a differenza delle lave degradate della spiaggia, sia rimasto il picco suddetto. E mostra ancora questo roccioso cono  di S. Silverio gli strati a lamine l'uno all'atro sovrapposti; ma quelle che più sorprendono sono in essi strati le verticali fenditure, quasi che fossero state l'effetto di una concussione, siccome per una cagione quasi simile dell'estrema punta del sud dell'isola staccavansi violentemente le sezioni che formano i grandi scogli delle capre notanti per lo avanti. 

Parecchie vestigie di fabbriche, ma rase  a fior di suolo, si osservano sul piano della piccola spiaggia a' piedi del famoso picco, ed altri simili esistono sulla vetta del medesimo..."

"...Ma a qual uopo si volle costruire sulla cima di quel picco un ostello? Egli è indubitato per tener più facilmente adocchiati i Musulmani che scorrazzavano que' mari pirateggiando, essendo quell'altura una eccellente specola, mercè la quale i monaci erano a tempo avvisati per potersi imbarcare e ricoverarsi in Ponza. E forse pel medesimo uso servì a' pirati stessi, dominatori di quest'isola, fugati i monaci. E con qualche fondamento si può anche affermare che la prima idea di specola fosse Romana antica, deducendosi ciò dagli avanzi di mosaico che rimangono nel suolo chiuso da quelle fabbriche; dappoichè sembra questo genere di lavoro doversi attribuire a quel popolo, piuttosto che ai pochi monaci eremiti stanziati temporaneamente nell'isola..."

"...Ordinando alla mia  ciurma comune la mensa, e vi aveva ben dritto, poichè durante la mia esplorazione aveva dato opera a raccogliere per quelle rive dovizia di squisiti testacei, volli pure commensale un vecchiarello solitario, unico vivente su questo deserto scoglio. 

E fu imbandita la mensa fra i venerati ruderi monastici, all'ombra del famoso picco sacro alla memoria del Santo Martire Pontefice..."


Il Picco di San Silverio dalla Forcina di Palmarola


Rovine sul Picco di San Silverio a Palmarola


Interno della grotta di San Silverio

(Disegni di Pasquale Mattei, aprile 1847)


L'Arco di Mezzogiorno di cui racconta il Mattei





Caprette a Palmarola (Foto di Giuseppe Mercurio)


mercoledì 15 maggio 2024

La Prima Comunione

 Maggio è il mese delle Prime Comunioni e vediamo qualche foto di bambini di tanto tempo fa all'isola di Ponza 


Anni '20


Anni '30

(Foto tratte dal libro di Ernesto Prudente "PONZA il tempo della storia e quello del silenzio")


Bambini sulla loggia del Giudicato dove abitavano i miei nonni paterni. Il bambino vestito di scuro potrebbe essere mio padre Ciro o suo fratello Silverio.


Potrebbe essere mio padre Ciro 

(Dall'album di famiglia)

lunedì 13 maggio 2024

Buon compleanno mamma!!!

 Buon compleanno mamma, ovunque tu sia!!!

Il ricordo non muore mai...

Elvira Conte Iacono, la mia mamma (Foto scattata da mia figlia, Marianna Licari, il 31 luglio 2017)



venerdì 10 maggio 2024

La festa della mamma

 Anticamente questa festa era legata al culto di divinità della fertilità dai popoli politeisti e veniva celebrata nel periodo di passaggio della natura dall'inverno all'estate.

In Inghilterra nel diciassettesimo secolo cominciò l'usanza di festeggiare il Mothering Sunday con rose rosse da regalare alle mamme.
Nel primo Novecento arrivò negli Stati Uniti grazie ad Anna M. Jarvis che dopo la morte di sua madre, a cui era particolarmente legata, inviò lettere al Congresso per fare istituire una Festa Nazionale dedicata alle mamme. Nel 1914 il presidente W.Wilson istituì il Mother's Day.
Anna Jarvis propose come simbolo della festa il garofano, fiore preferito da sua madre, rosso per le mamme in vita, bianco per quelle scomparse.
In Italia la mamma fu festeggiata per la prima volta nel 1957 da don Otello Mignosi, nel piccolo borgo di Tordibetto, vicino Assisi. Ogni anno si festeggia la seconda domenica di maggio.
I simboli scelti, di colore rosso, sono il cuore e la rosa, fiore che rappresenta l'amore, la bellezza e l'affetto materno.

Auguri a tutte le mamme, anche alla mia che è in cielo

Nella foto: mamma Elvira con mia sorella Olimpia, mio fratello Peppino ed io piccolina, sulla Banchina nuova all'isola di Ponza. Le gemelle Lella e Anna Maria non erano ancora nate.
(Dall'album di famiglia)






mercoledì 8 maggio 2024

U Scirocco

 Una bella poesia di Carmine Pagano tratta dal libro "SANGUE 'I ROTUNE Poesie Ponzesi"

U Scirocco

Te susse a dìnt' u liette 'pa matina

e te siente 'na schifezza, ma comm'è?

te muove ma te fanno male 'i rine

te pesa a capa e nun sai 'u pecchè.


Po' arape 'na fenesta e te n'adduone

'u ciele è cupe, è negliuso e comme se

passanno quacche d'uno dispettuse

l'avesse fatta apposta sulo a te.


Poi piense "Ma comm'è sta musciarìa?

ch'avimme fatte 'i male pe' scuntà

sta cappa e neglia, stu senzo 'i pecundrìa

ca sulo 'u scirocco te sape purtà".


Pe' uno gione, che è chino d'energia

nun ce stanno tiempi cu sanno fermà, 

ma chi tene quacche acciacco arassèsia

'nu tiempo peggio nun'u ponno capità.


I' per esempio mo tengo 'na zia, 

che è vecchia e soffre 'i core, e quanno che

capita na jurnata 'i musciaria

se jetta 'n'coppa a seggia e se venteia, 

lle manca 'u ciate e pensa a chissà che.


Ll'èpassa annanzi 'a vita soja vissuta,

doppo tant'anni nun sa ancora 'u ppecchè

da guerra e 'a famme ch'hanno patuto,

 e 'i chillu figlio che n'è chiù turnato, 

povera vicchiarella disperata.


Passa a jurnata soja cu stu dulore

chiena 'i malincunia e ...n'fosa 'i sudore.


Nota:

"pecundrìa" significa voglia di non far niente


Nelle foto: Isola di Ponza, scirocco alla Parata, estate 2015











domenica 5 maggio 2024

Ncòppe i Cuonte, vita in campagna

 Isola di Ponza, ncòppe i Cuonte, vita in campagna.

Foto di Raimonda Buitoni, anni '80

Scatto tratto dal libro "Ponza - Palmarola -Zannone" di Caterina Bon - Raimonda Buitoni - Giovanni Maria De Rossi - Mariella Liverani - Salvatore Paternò (1986 - De Luca Editore)




venerdì 3 maggio 2024

Una processione di San Silverio di tanti anni fa

 In questa foto vediamo la processione di San Silverio del 20 giugno 1930. 

Isola di Ponza, località Sant'Antonio, si vede il palazzo Martinelli in costruzione



mercoledì 1 maggio 2024

Un matrimonio di tanti anni fa

 Un matrimonio all'isola di Ponza di tanti anni fa

Giuseppe Onorato sposa Altolina Mazzella 

In questa foto gli sposi con i parenti, che eleganza!!!



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