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venerdì 28 dicembre 2007

Momenti di poesia

“Era già l’ora che volge al desio,
ai naviganti intenerisce il core”
così scrive Dante nel V canto del Purgatorio.
Il momento della giornata che per me dà un senso di serenità, di tranquillità e di pace interiore è l’ora del tramonto.
I raggi del sole accarezzano le case dai colori pastello e il rosso mattone del porto s’infuoca.
Sulla spiaggia di Chiaia di Luna si resta incantati da un tramonto spettacolare, si può ammirare il sole che si nasconde dietro Palmarola e un cielo dipinto con colori straordinari. Sublime!!!
Ci si può dimenticare della propria vita, del mondo, di tutto, andare in estasi totale.
Il cielo imbrunisce e pian piano viene illuminato da una miriade di stelle, la luna con la sua luce dà un tocco di romanticismo.
A Ponza si può godere di una notte stellata straordinaria, tra le più belle della propria vita, magari insieme alla persona amata.

domenica 9 dicembre 2007

Natale è….

Qualche giorno fa ho chiesto ai bambini della mia classe: “cos’è il Natale?” La risposta è stata unanime: “i regali!”
Per me, bambina degli anni sessanta, era il presepe e ricordo con molta nostalgia soprattutto il momento in cui lo preparavamo.
L’artefice di tutto era mio padre, Ciro, che con la sua creatività, rendeva tutto speciale.
Il nostro era un presepe in cui le montagne erano di sughero e le casette erano state costruite sempre da mio padre. Mettevamo dei ramoscelli di pino che con il loro aroma inebriavano l’aria e il muschio (quello vero), per me quello era il profumo del Natale.
Io e mio fratello ci litigavamo i pastorelli (ne avevamo alcuni preferiti) che passavamo a papà, che poi li collocava con cura al posto più consono.
Nel nostro presepe c’era un pastorello che il mio papà aveva comprato da bambino e l’aveva pagato mezza lira.
Davanti alla capanna di Gesù Bambino alla fine, mia madre metteva la sabbia, che sembra sia di buon augurio.
Quando ero piccola passavo molto tempo davanti al presepe, immaginando quella famiglia di Nazareth.
A Ponza arrivavano anche gli zampognari che facevano il giro per le case. Io avevo un po’ paura di loro, mi rifugiavo nell’altra stanza, ma ascoltavo incantata la loro nenia natalizia.
Erano tempi molto diversi da oggi, c’erano pochi regali ma tanto amore e noi piccoli non chiedevamo molto, ci accontentavamo di poco.
Nella mia casa odierna, in tutti questi anni, non è mai mancato il presepe.
Un Natale senza presepe che Natale è………….

Presepe sul porto di Ponza

Questo presepe è stato realizzato dal maestro d'ascia Ciro Iacono. Riproduce il porto di Ponza. Realizzato nel 2003.

mercoledì 5 dicembre 2007

Ponza segreta

Quando torno a Ponza amo fare passeggiate per strade solitarie, lontane dalla folla estiva.
Sulla collina che sovrasta Sant’Antonio, c’è un angolo di Ponza, poco conosciuto, che somiglia ad un presepe.
Per arrivarci c’è una lunga scalinata in mezzo a case ben curate che seguono la linea della collina.
La salita è un po’ faticosa, il fiato potrebbe diventare un po’ corto, le gambe essere un po’ stanche ma ne vale la pena.
È Salita Croce, che prende questo nome dalla cappella votiva intorno alla quale, nelle sere d’estate, un tempo, la gente della contrada si raccoglieva in preghiera.
Arrivo fin su alla cappella e rivolgo lo sguardo verso il porto, la vista è splendida. I colori delle case risaltano sull’azzurro del mare, nel porto ci sono una miriade di barchette.
Proseguo per un viottolo che passa sulla collina sovrastante la centrale elettrica e arrivo a sopra Giancos che è un tripudio di case e giardini. Fuori una villa c’è Mamozio, una statua romana senza testa, che un tempo stava in piazza Pisacane. C’è una tranquillità totale, lo spirito si ritempra ora sono pronta a tuffarmi nel caos estivo.

giovedì 29 novembre 2007

San Silverio

Il venti giugno Ponza festeggia il santo patrono, San Silverio. Per quel giorno, i ponzesi, sparsi in tutto il mondo, cercano in tutti i modi di essere presenti  per quello che è l’evento atteso un anno intero.
Quelli che, per vari motivi, non possono, purtroppo, essere sull’isola ci sono col pensiero e col cuore.
Tutto inizia al mattino presto con la “Diana”: il suono delle campane, i botti e la banda.
Verso mezzogiorno la statua di San Silverio, posizionata in una barchetta di legno stracolma di garofani rossi, viene portata in processione. Questa barchetta è stata costruita dal maestro d’ascia Ciro Iacono negli anni sessanta.
La processione attraversa le strade dell’isola seguita da centinaia di persone e da tante imbarcazioni via mare. San Silverio viene imbarcato su una barca da pesca che lo porta fuori dal porto, vengono lanciati i fiori in ricordo dei caduti in mare mentre le sirene delle navi suonano.
Ogni ponzese rivolge una preghiera, una supplica per sé e per la propria
famiglia vicina o lontana.
C’è anche chi ringrazia San Silverio per qualche grazia ricevuta come quella ragazza “forestiera” che ogni anno fa commuovere per la dedizione con cui aiuta a portare la statua del Santo.
Sembra un evento folcloristico ma in fondo c’è molta spiritualità, tanta preghiera.
Tutto termina con il lancio dei garofani che ognuno conserva nelle proprie cose.
San Silverio viene festeggiato anche New York, nel Bronx, dove i ponzesi emigrati tanti anni fa hanno costruito il San Silverio Strine.
In qualsiasi parte del mondo vi siano ponzesi San Silverio viene festeggiato, a Buenos Aires viene chiamato il Santo dei pescatori.
Nei momenti di difficoltà il ponzese, ovunque si trovi, alza gli occhi al cielo esclamando ad alta voce: San Silverio aiutami!
Foto tratta dal libro "Le isole di Circe" di Silverio Mazzella

venerdì 16 novembre 2007

Mareggiata

Nel mese di agosto, quest’anno, c’è stata una burrasca di maestrale con mare forza sette e forse anche otto.
Palmarola, per alcuni giorni, è rimasta isolata, nessuna barca poteva raggiungerla, tanta era la furia del vento.
Le persone che stavano sull’isola si sono divertite a scattare innumerevoli foto, affascinate da una natura scatenata.
Le onde si infrangevano, con tutta la loro potenza, su Cala del Porto, unico approdo dell’isola.
È una spiaggia stupenda dove, oltre a ciottoli bellissimi e levigati, possiamo trovare piccole biglie di ossidiana dal colore nero opaco.
Questa bellissima baia, a forma di mezzaluna, costituisce un ottimo riparo dal levante e dallo scirocco ma il maestrale, con tutta la sua furia, crea onde gigantesche.
Le onde vanno e vengono, una diversa dall’altra, creando uno spettacolo unico, irripetibile.

sabato 3 novembre 2007

Cala Fonte

C’è un luogo nascosto che però vale la pena di visitare, è un piccolo gioiello incastonato nel mare della costa occidentale di Ponza: è Cala Fonte.
Questo angolo di paradiso è un piccolo porticciolo naturale, protetto da uno scoglio a forma di mezzaluna.
I pescatori,un tempo, avevano scavato delle piccole grotte per custodire le loro imbarcazioni e i loro attrezzi. Purtroppo qualche anno fa una frana ha distrutto buona parte dello scoglio ma non ha tolto la poesia a chi si affaccia dalla strada sovrastante.
Sembra di stare in un posto fuori dal tempo, lontano dal caos di Ponza porto, un luogo dove la tranquillità è disturbata solo dalle onde che s’infrangono sugli scogli.
Il paesaggio è da cartolina, non si può fare a meno di cliccare sulla macchina fotografica per fermare l’attimo.
In lontananza Palmarola mostra tutto il suo splendore!

giovedì 1 novembre 2007

Il porto di Ponza

Tempo fa Folco Quilici definì il porto di Ponza “ l’approdo più bello del Mediterraneo “.
Per chi giunge dal mare, davanti agli occhi appare l’immagine spettacolare delle case che digradano dolcemente intorno al porto, con i loro colori pastello e lo chiudono in un piacevole anfiteatro.
Il porto di Ponza è un’esplosione di colori e di storia, è il fulcro della vita dell’isola.
Sorge su un antico porto romano del 313 a.C. che venne rimodellato, seguendo il piano architettonico dei Borboni, dal progetto del Carpi e del maggiore del Genio Winspeare.
Sovrasta il molo la lanterna ottagonale rosso mattone ( il lanternino per i ponzesi ) che venne costruita sui resti di un faro più antico di cui abbiamo notizie dall’abate Pacichelli in visita a Ponza nel 1685. Sul piazzale del “lanternino” c’era disegnata una bellissima rosa dei venti che purtroppo qualcuno ha cancellato. Nelle serate estive è il ritrovo di una miriade di ragazzini che schiamazzano fino a tarda notte togliendo un po’ di poesia a questo luogo magico.
Sulla scogliera è piantato l’affusto di cannone della Liberty affondata nel febbraio del 1943 davanti a Forte Papa.
Le navi, anni fa, attraccavano al molo Musco ed ogni sera c’era un capannello di gente ad assistere allo sbarco dei passeggeri. Era l’evento della giornata!
In estate c’erano poche barche a motore, molte a remi e pochissimi motoscafi.
Negli anni sessanta alla banchina Mamozio noleggiavano barche, ai primi turisti, Ciro Iacono e Maurino Di Lorenzo. Erano cugini ma anche molto amici. Erano tra gli organizzatori della festa di San Silverio e venivano chiamati “ mast i festa”.
Oggi il porto è sovraffollato di barche, in ogni angolo c’è un noleggiatore che cerca di acchiappare il turista appena scende dalla nave o dall’aliscafo.
Da quell’oasi di tranquillità, che è fuori stagione, il porto di Ponza in estate si trasforma in un microcosmo da vivere intensamente.

martedì 30 ottobre 2007

Arrivo con sorpresa

In un giorno di gennaio, nella nostra famiglia, composta già da tre figli, arrivarono due gemelle. Erano gli anni Sessanta, io avevo quasi cinque anni ma quel giorno non lo dimenticherò mai. Mia madre non sapeva di aspettare due gemelle, a quei tempi non c’era l’ecografia e si partoriva in casa.
Quella mattina, mentre mi preparavo per andare all’asilo (si chiamava così allora), mi madre mi disse: “Francesca, fai la brava, che oggi nascerà il fratellino o la sorellina”.
All’uscita da scuola io, insieme a mia sorella e mio fratello, andammo a casa di nonno Peppino. Ci preparò da mangiare una pasta in bianco con i capperi (credo), ed io schizzinosa com’ero non mangiai niente.
Verso sera tornammo a casa nostra e nel letto grande vicino a mia madre c’erano due fagottini.
Una, cicciotella, stava in una copertina rosa, l’altra, molto piccola, piangeva sempre ed era avvolta in una copertina verdina.
Mio fratello se ne uscì con un’esclamazione: “Ah! invece di una sono due!”. Capirai, era rimasto l’unico maschio in mezzo a quattro femmine.
Mio padre, invece, impazzì di gioia. Mise due fiocchi rosa alla finestra per annunciare questa nascita.
Per Ponza fu un evento!
Un parto gemellare in una piccola comunità non era cosa da poco!
Le gemelle, crescendo, facevano parecchie marachelle e poiché erano le ultime nate, erano chiamate in dialetto la “rattatura della mattera”.

domenica 28 ottobre 2007

Un ponzese a Santo Stefano

Più di quarant’anni fa, su una piccola isola delle Ponziane, Santo Stefano, esisteva un penitenziario a prova di fuga.
Molti nomi della storia italiana passarono per quel carcere come Luigi Settembrini, Sandro Pertini, Gaetano Bresci e tanti altri.
Fu progettato da Carpi, verso la fine del settecento ed era una struttura semicircolare, a ferro di cavallo con al centro la cappella esagonale.
Per diversi anni, fu cappellano di quel carcere, un ponzese, don Aniello Conte.
Finì sui giornali dell’epoca per aver fatto scarcerare una persona detenuta innocente. Don Aniello aveva raccolto la confessione di un detenuto che oltre ai suoi crimini aveva commesso un omicidio per il quale era stato accusato un’altra persona.
La persona innocente, per ironia della sorte, si trovava anche lui nel carcere di Santo Stefano.
Il cappellano, legato al segreto confessionale, non poteva rivelare la verità. Solo alla morte del colpevole, don Aniello svelò quel segreto.
A Ponza fecero il processo e l’innocente venne liberato.
Questo fatto di cronaca credo sia avvenuto negli anni cinquanta, purtroppo non ne so di più.
Finita la sua missione nel carcere di Santo Stefano, don Aniello si ritirò nella sua casa sui Conti, dove si spense nel luglio del 1961.
Il carcere fu chiuso definitivamente nel 1965.
Foto tratta dal libro di Gin Racheli

domenica 21 ottobre 2007

Il fascino di un’isola

È stare in mezzo al mare, lontani parecchie miglia dalla terraferma.
È ascoltare la risacca del mare, musica per le nostre orecchie.
È poter scrutare l’orizzonte immaginando altri lidi, oltre quella linea.
È la luce intensa che colpisce i nostri occhi in ogni momento della giornata.
È la brezza fresca che ristora il nostro corpo.
È andare con la barca in cale spettacolari e immergersi in fondali meravigliosi.
È percepire i profumi deliziosi della macchia mediterranea.
È la magia di un tramonto a Chiaia di Luna, cullati dalle onde del mare.
È osservare un cielo pieno di stelle, che ormai in continente è impossibile osservare.
È poter sognare…felici di esistere.

venerdì 12 ottobre 2007

I bambini di Ponza

L’isola è un posto tranquillo, ci si conosce un po’ tutti e i bambini possono girovagare nei vicoli in assoluta libertà. Acquisiscono un’autonomia che quelli del continente se la sognano…
Giocano a pallone sulla piazzetta investendo, a volte, qualche malcapitato di passaggio. Anni fa, verso sera, si sentivano le voci delle madri che chiamavano i loro figli per farli rientrare a casa. Oggi, invece, a quell’ora si sentono i trilli dei telefonini. Anche i bambini di Ponza sono diventati tecnologici!
La mia infanzia a Ponza è stata stupenda.
Ricordo ancora il mio primo giorno di scuola, l’emozione che provai nel varcare quel cancello. Avevo già frequentato la scuola dell’infanzia, che allora veniva chiamata asilo, dalle suore, ma in quel momento stavo diventando grande. Quel primo ottobre mi ero svegliata prestissimo con un’euforia tale che mia madre stentava a starmi dietro. La mia prima maestra si chiamava Margherita, era di vecchio stampo, piuttosto severa, e l’anno dopo andò in pensione. Negli anni successivi subentrò Iole, maestra fantastica che io adoravo. La mia classe era tutta al femminile, e in quarta o quinta elementare facevamo le gare di geografia con i maschi della classe parallela. Quello per noi era un punto di contatto con il modo maschile.
Ero una ragazzina abbastanza sveglia, gironzolavo tranquillamente, e se ne avevo voglia prendevo la “corriera” per andare ai “Conti” da mia nonna. Quando insegnava ho visto, a Ponza negli anni Ottanta, dei bambini che a cinque anni erano già indipendenti, andavano a scuola da soli. Ricordo Gioia, con la sua cartella in mano, fare la salita di via Roma, sembrava più grande dei suoi anni così la chiamavamo l’universitaria. Ma come non ricordare Raffaele, con le vertigini tra i capelli e la sua innata simpatia, era il primo che arrivava a scuola. Quest’estate l’ho rivisto, ha fermato la sua motoretta e con il suo sorriso disarmante mi ha salutata. Che piacere!
Ponza sembra un mondo a parte e forse lo è davvero, ma soprattutto c’è un libertà sconosciuta altrove.
Foto scuola dell'infanzia "Ciro Piro" negli anni sessanta

mercoledì 3 ottobre 2007

Feste di quartiere

A Ponza ci sono molte edicole votive dedicate alla Madonna, dove un tempo ci si radunava per pregare. Le edicole sacre testimoniano la cultura e la storia dell’isola. Erano luoghi di aggregazione che nei giorni della festa venivano addobbati dalle persone che abitavano in quella zona.
Ho un ricordo nitido della festa che si faceva il 16 luglio sulla scalinata che porta alle case del Giudicato, dove c’è un’edicola dedicata alla Madonna del Carmine. Sulla loggia venivano messe tante bandierine colorate per la gioia di noi bambini, e intorno all’edicola venivano sistemati dei vasi con fiori freschi. Nelle case le donne preparavano i dolci ed io ricordo con nostalgia le “nocchette” di nonna Olimpia.
In quella scalinata ormai non si festeggia più, dopo il crollo di una parte delle case avvenuto circa trent’anni fa, ma l’edicola votiva c’è ancora.
La Madonna del Carmine si festeggia sulla Parata, ma ormai in tono minore da quando è venuta a mancare Antonietta, la moglie di Tatore.
Lei ci teneva tanto a questa festa e nei giorni precedenti addobbava l’edicola, che è collocata nelle mura della sua abitazione.
Sulla Parata la sera si recita ancora il Santo Rosario e si cantano delle antiche canzoni dedicate alla Madonna, grazie anche alla voce melodiosa di Adele. Speriamo che non finisca anche questa festa!

Foto di un edicola sacra tratta dal libro “Ponza-l’immagine di un’isola” di Lemme-Morlacchi

La descrizione di un attimo

L’isola è stata rappresentata in tantissimi modi nel corso della storia: disegni, acquarelli, fotografie…
Tutte queste arti catturano istanti non più ripetibili, frammenti di vita che mai più si riproporranno. L’isola è in divenire: ogni momento non è mai uguale a se stesso, ogni foto dello stesso soggetto non è mai uguale a se stessa.
Il vento e il mare scolpiscono la roccia, la vegetazione riacquista i suoi spazi, la mano dell’uomo entra in azione. Ma soprattutto ogni immagine, disegnata o fotografata, è specchio dell’emozione suscitata nell’autore.
Suggestione data da paesaggi mozzafiato, dal mare cristallino, da volti solcati dall’esperienza e dalla salsedine.
Quanti hanno tentato di dare una propria interpretazione all’isola!
Il primo fu Mattej Pasquale nell’ottocento, un formiano, che stregato dalle isole ponziane fece una grande quantità di disegni, testimonianza di un passato ormai perduto. Sempre nell’ottocento, l’architetto ponzese Silverio Migliaccio fece il disegno in prospettiva di tutto il porto borbonico. Anche Pietro Mandruzzato ha disegnato alcuni sprazzi di vita isolana. C’è da annoverare l’artista romano Libero Magnoni, che per più di mezzo secolo ha frequentato l’isola. I suoi lavori sono prova di vero amore verso Ponza. La fotografa Lou Embo ha dato alle stampe un libro con fotografie meravigliose, con le isole lontane dall’assalto della stagione turistica. C’è anche Salvo Galano, ponzese. Anche lui si è dedicato alla Ponza fuori stagione, dando molto spazio alle persone, ai “personaggi” dell’isola, con una mostra fotografica nel 2002. Da non dimenticare Silverio Mazzella, anche lui ponzese, che con la sua libreria (e le sue foto) cerca di diffondere un po’ del sapere isolano.
Chissà quanti ne ho dimenticati, in questo breve e incompleto elenco.
Chissà di quanti non conoscerò mai il nome, ma ne potrò vedere le fotografie. Forse le immagini più importanti sono proprio quelle di cui non si conosce l’autore. Cartoline dal passato e dal presente: ritratti di famiglia, scene di vita quotidiana, scolaresche, foto di antiche processioni di San Silverio, battesimi, comunioni, matrimoni, mareggiate. Tutte raccolte negli album degli isolani o da appassionati. Sono queste le più vere testimonianze del passato. E del presente. Ogni foto raccolta, in un piccolo (e sempre più grande) archivio, è un pezzo in più per comporre una nuova immagine, una nuova idea dell’isola.
È un frammento in più per ricordare, per non dimenticare e per iniziare a immaginare un futuro migliore per questo angolo di paradiso.
Nella foto la spiaggia di S. Antonio nel 1952.

domenica 30 settembre 2007

I Conti

C’è un posto a Ponza poco conosciuto dai villeggianti, dove un tempo l’attività prevalente era l’agricoltura (ora un po’ meno). È “I Conti”, un agglomerato di case situato un po’ in alto, sopra il villaggio di Santa Maria, e deve il suo nome alle numerose famiglie che vi abitano.
Ho molti ricordi della mia infanzia legati a questo posto, perché vi abitavano i miei nonni materni. Spesso trascorrevo giornate all’aria aperta, giocando nell’ampio cortile della loro casa. A volte andavo a curiosare nella loro cantina, dove c’erano i “palmenti”, in cui si pigiava l’uva in tempo di vendemmia, ricordo anche la mola con cui macinavano il grano per avere la farina.
Verso sera scrutavo la strada in attesa di mio nonno Salvatore, che con un sacchetto di tela grezza sulle spalle, ritornava dal pezzo di terra dove aveva lavorato per molte ore. Gli andavo incontro festosa, abbracciandolo, e ricordo come ora i suoi occhi di un azzurro intenso. La nonna Assunta era un po’ severa, ma nel pomeriggio preparava una merenda semplice ma buonissima: fresella bagnata con pomodoro. Una bontà!
Durante il giorno stavo bene sopra “I Conti”, ma verso sera cominciavo a smaniare che volevo tornare a casa mia. Mi sembrava di soffocare nel buio e il mio malessere era tale che tiravo un sospiro di sollievo solo all’uscita del tunnel di Santa Maria.
Ricordo che una sera, era il mese di luglio, si scatenò un temporale con acqua a catinelle. Io, mia madre e le mie sorelle non sapevamo come tornare a casa. La nonna voleva farci dormire lì ed io già facevo la lagna che non volevo starci, quando all’improvviso ci venne a prendere mio padre con un pulmino. Mitico! Ormai anche ai Conti, come nel resto dell’isola, le cose sono cambiate.
Molte cantine e stalle sono state ristrutturate, ma hanno cambiato destinazione d’uso. Infatti, sono diventate stanze da affittare ai forestieri.
Il turismo sta arrivando anche sopra i Conti e presto anche questo piccolo angolo rurale non sarà più lo stesso.
 

giovedì 27 settembre 2007

La quiete dopo la tempesta

È  arrivato settembre  e i ponzesi si riappropriano della loro isola.
Dopo notti insonni, caratterizzate da bande rumorose  di ragazzi anche un po’ brilli, non sembra vero poter riposare  in tranquillità.
E che dire delle strade gremite, all’inverosimile di gente che ti spintona da una parte all’altra.
Il mare è strapazzato da centinaia di imbarcazioni  d’ogni grandezza, che hanno creato tante di quelle onde da mettere in difficoltà le piccole barchette.
A settembre il mare è cristallino e l’acqua, un po’ più fresca, ti accarezza la pelle in un bagno rigenerante. Le calette intorno a Ponza sono quasi deserte, le rocce sembrano assumere un colore più bello.
Quest’anno però, in alcune parti dell’isola, non c’è quel bellissimo contrasto tra il verde della vegetazione con l’azzurro del mare. L’incendio di fine agosto ha reso spettrale la zona del Monte Guardia e mi hanno detto che si sente ancora l’odore di bruciato. Che peccato!
Ora che i villeggianti sono partiti, molti negozi chiudono e tra un po’ per comprare anche un pezzetto di pane o un po’ di frutta, che prima trovavi sotto casa, devi camminare un pochino.
Molti ponzesi, con le loro famiglie, si trasferiscono in continente, con la scusa dei figli che devono studiare e praticamente Ponza  si spopola. Anzi i ragazzi, oggi, sono più fortunati di quelli del passato, che per poter studiare venivano mandati in collegio quindi restavano per lunghi periodi lontano dalla famiglia.
Oggi c’è un istituto superiore che garantisce l’istruzione senza dover lasciare la propria isola. È  già qualcosa!
Da settembre in poi la popolazione si riduce a poche anime coraggiose.
In primavera poi c’è il gran ritorno dal continente. Bisogna prepararsi all’arrivo dei turisti, quindi sfruttare le bellezze dell’isola, per poter guadagnare tanto, anche se la maggior parte di quel denaro non viene speso a Ponza.
È  una quiete un po’ amara per i pochi isolani che restano.

Il vento

Un’isola senza vento è come un cielo senza stelle.
Il vento, quando soffia leggero, sembra stia giocando con le onde del mare e porta nelle narici il salubre odore della salsedine. Quella leggera brezza accarezza le ginestre in fiore, trasportando il loro profumo nell’aria circostante.
Il vento, quando è forte, si sente urlare rabbioso per i vicoli, i tunnel, le scalinate…
A volte per passare nel grottone di Pascarella e giungere velocemente in piazza, ti sembra di cozzare contro un muro tanta è la sua forza in quel tratto.
Di conseguenza si scatenano violente mareggiate in alcuni tratti dell’isola, a seconda del quadrante del vento a cui sono esposti.
Nella costa orientale prevalgono il Levante e lo Scirocco, che sono un po’ l’incubo dei diportisti che affollano i pontili nella zona del porto.
Mentre nel versante occidentale, da Chiaia di Luna a Le Forna, prevalgono il Ponente e il Maestrale che a volte sono veramente furiosi.
Il forte vento può dal luogo anche a delle frane e facendo il giro dell’isola se ne vedono parecchie. Nel mese di luglio, durante una furiosa tempesta, c’è stata una grossa frana a Cala dell’Acqua che per fortuna non ha creato danni alle persone. Sembra che in questi giorni siano iniziati i lavori di recupero di quel tratto di costa e speriamo che la prossima estate sia agibile ai bagnanti.
Nei millenni il vento ha lavorato con la sua forza le rocce, che sembrano sculture levigate da un artista. Facendo il giro intorno a Ponza o Palmarola si vedono tante rocce che assumono le figure più svariate.
Sull’isola il cielo è per la maggior parte dell’anno sereno grazie al vento che spazza via le nuvole.

lunedì 17 settembre 2007

La ponzite

La ponzite è una vera malattia che colpisce il cuore e la mente.
Io ne soffro da sempre! Partire dalla propria isola è qualcosa che frattura il cuore. Mentre la nave è attraccata al porto, pronta per salpare, io sto già male. Non voglio partire, non voglio andare via !!! in questa isola ci sono nata ed il legame tuttora è molto forte, non si è mai affievolito, anzi…
La nave mi porta via, e man mano che si allontana, con lo sguardo accarezzo le case, le barche, le persone…
Fisso la scia della nave, mi soffermo a guardare il monte Guardia e lo sguardo corre fino a Gavi, dove una colonia di gabbiani svolazza da uno scoglio all’altro. Ponza sempre più lontana ed io pregusto già il momento del ritorno. Porto con me delle immagini bellissime, il rumore del mare, il soffiare del vento, il verso dei gabbiani e tante altre cose…
La nostalgia è tanta ma non della Ponza caotica, piena di gente chiassosa o barche rumorose.
La Ponza che io preferisco è quella primaverile, stupenda con i suoi colori o autunnale con la sua quiete dopo la tempesta estiva.
Il momento in cui Ponza sfoggia il meglio di se stessa!

Chiaia di Luna

Salendo per la strada Panoramica, mi trovo di fronte alla spiaggia più spettacolare del Mediterraneo: Chiaia di Luna.
Dal piazzale rimango senza fiato nell’ammirare la falesia, alta più di cento metri, con i colori che vanno dal giallo al bianco, fino al rosa.
È la baia che ognuno di noi sogna,affacciata sull’isola di Palmarola,
ricoperta da un manto di ciottoli.
Uno dei posti più romantici del mondo!
Decido di attraversare la galleria romana per arrivare direttamente sulla spiaggia.
Provo una grande emozione quando, man mano che mi avvicino all’uscita, sento il rumore del mare, rimango accecata dalla luce sempre più intensa.
Resto colpita da tanta bellezza, da ciò che la natura ha saputo creare,
non ho più parole.
Mi siedo in un angolo, assorta nei miei pensieri, in attesa del tramonto,
che con i suoi colori, riesce sempre a darmi un’emozione.
Lo sguardo spazia libero tra mare e cielo e una barca in lontananza
fa ritorno in porto.

mercoledì 12 settembre 2007

Barchetta

Questo è il modello di una barca costruita dal maestro d'ascia Ciro Iacono. Un modello simile è nel ristorante "Acqua Pazza" di Ponza,variano solo i colori giallo, bianco e rosso.

sabato 8 settembre 2007

Il Santa Lucia

L’altra sera, in televisione, è stata rievocata una pagina di storia purtroppo molto brutta per l’isola di Ponza. Una vera tragedia che ogni anno a fine luglio ci riporta indietro di molti anni. Era la mattina del 24 luglio del 1943, il piroscafo Santa Lucia, che collegava le isole di Ponza e Ventotene con il continente, venne affondato da siluri sganciati da aerei Alleati. Tutto accadde a due miglia da Ventotene, la nave venne colpita al centro e in meno di un minuto s’inabissò. Si salvarono in pochi, tra cui il comandante Simeone, che però morì sull’idrovolante che lo stava trasportando in ospedale a Napoli. Uno dei sopravvissuti, Francesco Aprea, era già scampato ad un naufragio, ma morì comunque in mare anni dopo, nell’affondamento di una nave da carico. A bordo c’erano anche delle coppie di sposi che purtroppo non ebbero il tempo di godersi la loro vita matrimoniale. C’era anche il papà di Mirella Romano, giovane sottufficiale della Guardia di Finanza, che ritornava da pochi giorni di licenza. Lasciò una moglie giovanissima e una bimba di circa due anni.
Per Ponza questa fu una vera tragedia!
Su quel traghetto ognuno aveva un parente, un amico, un conoscente, ma non si è mai saputo il numero esatto di persone che trasportava.
Mirella, attraverso la televisione e i giornali, si è messa alla ricerca dei parenti delle persone morte nell’affondamento. È riuscita ad incontrarne molti ed ogni anno ricordano a Ventotene quel giorno tragico con una toccante commemorazione.
L’altra sera mi hanno colpito gli occhi tristi di Mirella, e le sue parole quando ha detto: <>. Per tutta la sua vita, lei ha portato avanti la sua ricerca e il ricordo di quanto accaduto, e ancora oggi continua con la stessa passione.
Il relitto del Santa Lucia giace a 40 metri di profondità e oggi è meta di immersioni subacquee. Del filmato mi ha molto emozionata quel lancio di fiori in mare con le note del Silenzio in sottofondo.
Il prossimo anno voglio andarci anch’io!
Foto del Santa Lucia, presa dal libro di Ernesto Prudente “Ponza, il tempo della storia e quello del silenzio”

Maestro d’ascia, un antico mestiere

<<….È dai tempi più antichi che l’attività delle costruzioni delle navi è stata considerata al tempo stesso arte e scienza; dal progetto del costruttore fino agli studi pratici dei maestri d’ascia che coltivano l’arte della tecnologia tutto è preordinato. Non esiste una disciplina provvista di basi così sicure ed invariabili, e al tempo stesso, non c’è mai stata una nave uguale all’altra. I maestri d’ascia, in quanto artigiani, si occupano sia del progetto che della realizzazione del manufatto. Aiutati dalle antiche esperienze e seguendo la tradizione e l’istinto, costruiscono i loro scafi con risultati tuttora apprezzati dal moderno costruttore navale. Nei cantieri artigianali il gozzo viene costruito “a occhio”, con il solo aiuto dell’esperienza e della pratica acquisita attraverso le generazioni. Il modello cresce nelle mani e nella testa dell’esecutore come se fosse una scultura, ricavando da un blocco di legno la forma desiderata. Ogni famiglia di costruttori predilige sostanzialmente una tipologia di forme bene definita ritenendola più adatta e inizia la vera e propria costruzione della barca.
…>>.

Tratto dal libro di Paolo Iannuccelli “Ponzamare”, Ed. Associazione Culturale Pontina, 2006

Nella foto a lato, il mastro d’ascia Ciro Iacono al lavoro.

venerdì 7 settembre 2007

Tramonto su Palmarola

Ecco un fantastico tramonto su Palmarola. La foto è stata scattata sull'Aia degli scotti il 21 Luglio del 2006, giorno della festa della Madonna della Civita.

mercoledì 5 settembre 2007

Cisterne romane

In tutto questo tempo si è trascurata completamente la parte archeologica che possiede Ponza.
 Penso che molte cose siano distrutte dalla negligenza e dall’incuria. C’erano molte e ampie cisterne romane ricavate nella roccia viva, con pilastri di sostegno a più navate che potevano contenere molte cubature di acqua. Molte di queste sono state distrutte, in altre addirittura alcuni hanno ricavato mini appartamenti.
Un esempio è la Cisterna di Via Parata, che durante la Seconda Guerra Mondiale fu utilizzata come rifugio antiaereo. Negli ultimi anni i proprietari di case attigue alla cisterna hanno sfondato il muro e hanno costruito camere, bagni ed altro per il loro personale utilizzo.
Non c’è controllo. Tanti anni fa vennero a Ponza anche incaricati della Sovrintendenza del Lazio ma tutto venne messo a tacere. Chissà!!!
E pensare che la vicina Ventotene ha recuperato le sue cisterne, che sono visitabili dai numerosi turisti che lo richiedono.
Anche Formia ha recuperato il suo Cisternone, che era pieno di immondizia, ed ora è visitabile facendo scoprire l’ingegno e l’abilità dei romani.
 E che dire del Museo che Ponza NON possiede: chissà dove sono finite le anfore ritrovate su un relitto anni fa. Recuperando queste opere si darebbe un’impronta culturale al turismo, si potrebbero impegnare dei giovani come guide. Ponza potrebbe avere non solo un turismo balneare, ma anche culturale.


A lato pianta Cisterna in via Parata. In giallo i pozzi di luce e di presa d’acqua; in marrone le strutture moderne, elevate per ricavare vani abitabili a ridosso della cisterna;in verde le murature antiche di rinforzo.
Tratto dal libro
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale
“Le Isole Pontine attraverso i tempi” a cura di G.M. De Rossi, 1986
Guido Guidotti Editore

Disegno2

Ecco uno dei tanti disegni di Ciro Iacono. Questo è stato fatto nell'ultimo periodo della sua vita.

lunedì 3 settembre 2007

Palmarola

Andare a Palmarola diventa un pensiero fisso, quasi un’ossessione, appena la si vede circondata da tutte le sfumature del rosso e dell’oro durante i sempre differenti tramonti.
Non a caso un vecchio detto ponzese dice:
<<Parmarola m’ha ccuòtte u core.>> (Palmarola mi ha cotto il cuore).
Ma questa attrazione per la piccola isola gioiello dell’arcipelago, si trasforma in amore totale solo quando si inizia a scorgere il verde-blu indescrivibile delle sue acque, il colore “verde di Palmarola” come dice l’artista Ike.
 Palmarola è un vero luogo dell’anima, in cui solo ascoltando le armonie del mare e il silenzio della terra, si ritrova se stessi rigenerati a vita nuova.
 Non a caso si dice <<Chiste è u paese addò nun se jastémme né se prèche a Ddje.>> (Questo è il paese dove non si bestemmia né si prega Iddio).
Infatti, non c’è bisogno di pregare, perché la presenza del divino è in ogni singola roccia ed anfratto, immanente nella Natura stessa.
Altrimenti non è spiegabile come abbiano potuto solo il mare e il vento creare la Cattedrale a Cala Tramontana, o la Grotta di Mezzogiorno, solo per fare due esempi esaustivi.
 Palmarola è l’isola paradiso dei ponzesi, l’isola sacra perché San Silverio ha colto qui la palma del martirio.
 Palmarola è isola di cristallo, per la presenza dell’ossidiana, il vetro vulcanico che attirò l’uomo preistorico.
Palmarola è il tesoro nascosto che ogni ponzese ha nel cuore, non a caso per dire <<hai trovato un tesoro>> si dice << È truvate a rène i Parmarole>> (Hai trovato la sabbia di Palmarola).
E quando la barca mette la prua verso Ponza, Palmarola ti strappa una promessa in fondo al cuore, a fior di labbra: <<Ritornerò>>.
Forse ho trovato << a rène>>.

<<Chiste è u paese addò nun se jastémme né se prèche a Ddje.>>
“Perché la vita stessa è preghiera materializzata, la Natura è monumento inimitabile, simbolo ed emblema della religiosità dell’uomo sa o non sa cogliervi”. Gin Racheli, “Le isole ponziane, rose dei venti: natura, storia, arte”,
Milano, Mursia, 1986.

Il luogo della memoria

Il cimitero di Ponza è situato in uno dei posti più panoramici dell’isola, sul promontorio sovrastante le grotte di Pilato, proprio sui resti di una villa augustea. Venne inaugurato nel 1892 dal sindaco Vincenzo De Luca ed appena si varca il cancello, c’è la chiesetta dedicata alla Madonna della Salvazione. Scendo nel piazzale dove c’è il monumento ai caduti ed entro nella grotta di tufo del 1831 dove riposa papà Ciro, accanto allo storico ponzese Giuseppe Tricoli, autore di “Monografia per le isole del gruppo ponziano”, pubblicato nel 1857. Dopo una breve preghiera, comincio il mio girovagare cercando nomi e foto conosciuti. Mi soffermo davanti alla foto di Angela Coppa (Angelina) e mi ritorna in mente la sua risata squillante. Andando più giù per le scalette, ecco Enrico Migliaccio (Enricuccio) e me lo rivedo con il suo “canestiello” che torna dalla spiaggia di Chiaia di Luna. Altri nomi, altre foto. In una cappella un saluto a Silverio D’Arco (Bebè), che improvvisamente ha lasciato il suo posto davanti alla barca che porta San Silverio in processione. Sono tantissime le persone che vorrei nominare, parenti, amici, che purtroppo ci hanno lasciato e per i quali il ricordo è sempre vivo. Purtroppo al cimitero di Ponza non c’è più spazio e anche i defunti vengono sfrattati per far posto ad altri.
Bisognerebbe cercare altre soluzioni perché ogni ponzese alla fine dei suoi giorni vuole tornare nella sua isola e trovare un posto decoroso per riposare per l’eternità.
La foto è presa dal libro di Gin Racheli "Le isole Ponziane" Ed.Mursia e raffigura la tomba della famiglia Tricoli.

Disegno

Ecco uno dei tanti disegni di Ciro Iacono. Questo è stato fatto nell'ultimo periodo della sua vita.

La spigolatrice di Sapri

Me ne andavo un mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti.

Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti avevano una lacrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane:
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
Siam venuti a morir pel nostro lido.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti.

Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: - dove vai, bel capitano? -
Guardommi e mi rispose: - O mia sorella,
vado a morir per la mia patria bella. -
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: - V’aiuti ‘l Signore! -
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti.

Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontraron con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliar dell’armi.
Ma quando fur della Certosa ai muri,
s’udiron a suonar trombe e tamburi,
e tra ‘l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Eran trecento non voller fuggire,
parean tremila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a lor correa sangue il piano;
fun che pugnar vid’io per lor pregai,
ma un tratto venni men, né più guardai;
io non vedeva più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

di Luigi Mercantini

Un mondo nascosto

"Il mare. Un mondo nascosto da cui scaturisce la vita su questo pianeta. Materno, materno oceano. Un simbolo universale di vita e fertilità nell'arte e nella letteratura. Oggetto di sogni romantici. Un gentile seduttore che ti attira con un cenno e, allo stesso tempo, un'inflessibile forza capace di furia istantanea. E il mare è libertà. È l'ultima distesa per le vaste globali migrazioni dei più grandi animali in natura, dove i soli recinti sono le coste continentali. Libertà, anche dalla gravità, per quelli immersi nelle sue acque. Un ultimo rifugio. Per molti, semplicemente, un arcobaleno è un arcobaleno, e il mare è il mare, e si lasciano sfuggire i loro più profondi segreti. Ma essi meritano una maggior attenzione, poiché ci sono arcobaleni dentro il mare per coloro che hanno gli occhi capaci di scorgerli."
Christopher Newbert, 1984

venerdì 31 agosto 2007

I colori di Ponza

In primavera Ponza è uno splendore, un’esplosione di colori. Oltre alle case che hanno diverse tonalità, dal rosa al celeste, dal bianco al giallo, la natura ci offre uno spettacolo meraviglioso. Ponza non ha boschi come Zannone, ma è ricca di macchia mediterranea, che a primavera esplode nei suoi colori. Il colore predominante è il giallo delle ginestre, ma c’è anche il bianco del cisto e il fucsia del fico degli ottentotti. Quest’anno c’erano anche i fiori spettacolari dell’agave, gialli e profumati, che purtroppo fioriscono una volta nell’arco di molti anni.
Ponza è rinomata per le sue calette, per il colore azzurro del suo mare, e così si è un po’ trascurata la campagna che prima era ben curata, verdeggiante. C’erano una miriade di contadini che lavoravano, producendo ogni ben di Dio. Oggi queste persone hanno cambiato attività, le campagne sono abbandonate e i prodotti locali quasi non esistono più. Certo il lavoro del contadino è duro, è faticoso e non è molto redditizio, quindi abbiamo una moltitudine di operatori turistici improvvisati. Molti terreni ormai sono incolti e durante il periodo delle piogge il mare è macchiato di terra per molti metri. Infatti, non ci sono più le piante a trattenere la terra.
 Ed ora sarà anche peggio, con gli incendi che hanno devastato l’isola nei giorni scorsi. In questo momento i colori sono spenti, rimane solo il nero del bruciato!

Eèa

<che dall’alto ho visto,
dall’ardua punta dove sono asceso,
che questa è un isoletta: umile giace,
 e immenso intorno la corona il mare…>>.
Omero, Odissea, X, 276-279
La foto è del fotografo Nico Ruta.

giovedì 30 agosto 2007

Una chiesetta molto graziosa

A Ponza c’è una chiesetta che è un amore.
Si trova in campagna, sotto il Monte Guardia, e per arrivarci bisogna fare una scarpinata ma ne vale la pena. È dedicata alla Madonna della Civita, che viene festeggiata il 21 luglio con una processione molto suggestiva che attraversa sentieri di campagna fino ad arrivare all’Aia degli Scotti dove viene celebrata la messa.
Venne fatta costruire, nel 1954, dal parroco Monsignor Luigi Dies ed è una struttura molto semplice tinteggiata di bianco. Nel piccolo complesso c’è anche una cameretta per il parroco, un pozzo per attingere l’acqua e il campanile con una campana. Il sagrato offre un panorama fantastico, in lontananza lo sguardo corre fino all’isola di Zannone, agli scogli delle Formiche, si può stare in contemplazione dello spettacolo che la Natura ci offre. Anche il piccolo asinello che sta nel campo attiguo fa parte dello spettacolo: sembra un personaggio di altri tempi, ormai ne esistono così pochi!
Purtroppo il 26 agosto 2007 è stata anch’essa circondata dal fuoco, tutta la macchia mediterranea è bruciata, come anche i vigneti e i frutteti.
Tutto ciò per opera degli incendiari senza scrupoli,chissà se quell’asinello è sopravvissuto al rogo!

"S.Silverio…"

 Poesia inedita 1976 di Gigi Proietti

La festa del 20 giugno era stata rimandata al 27 a causa delle elezioni, il 26 ci fu un forte levantata….

S. Silverio…S. Silverio
dimme un po’: te pare serio
che arivate a fine giugno
te presenti co sto grugno

Tempo incerto, traballante
un po’ scirocco, un po’ levante
e ce fai sbatte li denti
invece de smorzà li venti

S. Silverio che è successo?
Nu lo dì, forse ho capito
che cos’è che nun te piace
è che nun te mette in pace:

È che il giorno tuo augurale
pe na strana coincidenza
va a finì nella scadenza
del periodo elettorale

e già questo te indispone
e nun l’hai mannata giù
poi stavorta perdippiù
c’è da dì che l’elezione
l’hanno pure anticipate

T’hanno messo er manifesto
su li muri insieme a quelli:
tutti boni, tutti belli
che hanno sempre solo chiesto

Certo che ce vo coraggio
ad affiggete sur muro
inzieme a chi cor core duro
sta a elemosinà un suffragio

Ma te pare che t’ammischi
co li giochi der potere?
Tu sei Santo e ciai piacere
de potè evità sti rischi

E pe questo che t’incazzi
e fai muove cielo e mare
vuoi informà a parole chiare
st’ammuchiata de pupazzi

Però all’ultimo minuto
tu diventi tollerante
fai carmà pure el levante
e ce dai er tuo benvenuto

T’aringrazio S. Silverio
e te dico a tutto core
sei davvero un gran signore
ciò piacere che sei serio.