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venerdì 12 ottobre 2007

I bambini di Ponza

L’isola è un posto tranquillo, ci si conosce un po’ tutti e i bambini possono girovagare nei vicoli in assoluta libertà. Acquisiscono un’autonomia che quelli del continente se la sognano…
Giocano a pallone sulla piazzetta investendo, a volte, qualche malcapitato di passaggio. Anni fa, verso sera, si sentivano le voci delle madri che chiamavano i loro figli per farli rientrare a casa. Oggi, invece, a quell’ora si sentono i trilli dei telefonini. Anche i bambini di Ponza sono diventati tecnologici!
La mia infanzia a Ponza è stata stupenda.
Ricordo ancora il mio primo giorno di scuola, l’emozione che provai nel varcare quel cancello. Avevo già frequentato la scuola dell’infanzia, che allora veniva chiamata asilo, dalle suore, ma in quel momento stavo diventando grande. Quel primo ottobre mi ero svegliata prestissimo con un’euforia tale che mia madre stentava a starmi dietro. La mia prima maestra si chiamava Margherita, era di vecchio stampo, piuttosto severa, e l’anno dopo andò in pensione. Negli anni successivi subentrò Iole, maestra fantastica che io adoravo. La mia classe era tutta al femminile, e in quarta o quinta elementare facevamo le gare di geografia con i maschi della classe parallela. Quello per noi era un punto di contatto con il modo maschile.
Ero una ragazzina abbastanza sveglia, gironzolavo tranquillamente, e se ne avevo voglia prendevo la “corriera” per andare ai “Conti” da mia nonna. Quando insegnava ho visto, a Ponza negli anni Ottanta, dei bambini che a cinque anni erano già indipendenti, andavano a scuola da soli. Ricordo Gioia, con la sua cartella in mano, fare la salita di via Roma, sembrava più grande dei suoi anni così la chiamavamo l’universitaria. Ma come non ricordare Raffaele, con le vertigini tra i capelli e la sua innata simpatia, era il primo che arrivava a scuola. Quest’estate l’ho rivisto, ha fermato la sua motoretta e con il suo sorriso disarmante mi ha salutata. Che piacere!
Ponza sembra un mondo a parte e forse lo è davvero, ma soprattutto c’è un libertà sconosciuta altrove.
Foto scuola dell'infanzia "Ciro Piro" negli anni sessanta

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