Questo racconto è tratto dal racconto di Ernesto Prudente che da bambino ha assistito a questo episodio.
" Era bambino frequentava la seconda elementare, quando, in un freddo e ventoso mattino di marzo, accorse con altri compagni sul torrione del molo per assistere all'uscita dal porto di una"mbrucchièlle".
La " mbrucchièlle" era un bastimento, particolare per la sua struttura, adibito al trasporto delle aragoste vive. Seguiva i gozzi, già trasferitisi lungo le coste della Sardegna, per raccogliere da ognuno le aragoste che aveva pescato e trasportarle a Marsiglia o in qualche altro porto dove erano richieste.
Soffiava, quel giorno, un vento fresco da levante e il mare era abbastanza mosso. Le onde si infrangevano contro la scogliera di protezione del porto elevandosi paurosamente.
Si era radunato, come tutte le mattine, sulla Punta Bianca, con altri ragazzi, per avviarsi a scuola. Il vento si infilava in quel corridoio e loro, i ragazzi, si sbottonavano i cappotti e le giacche, se giacche e cappotti potevano chiamarsi quegli indumenti, che si gonfiavano come vele. Era quasi una gara ad andare controvento.
Lungo la balconata che dà sul porto e dai balconi soprastanti c'era, quel giorno, gente affacciata come per assistere ad uno spettacolo. Quelle case allora erano tutte abitate.
Decine e decine di ragazzi si appesero al muro, la cui altezza vietava la loro visuale, per vedere cosa stesse succedendo nelle acque del porto.
Un bastimento stava salpando l'ancora. Tre uomini, due da un lato e uno dall'altro, azionavano, a movimento alternativo, le leve dell'argano mentre un quarto sistemava in coperta la catena che veniva recuperata e il cui rumore diventava assordante con il sibilare del vento. E assordante era anche il frastuono ritmico della "castagna" che scorreva sugli ingranaggi de salpancora.
Quando l'ancora fu a picco il capitano ordinò di alzare le vele. I marinai lasciarono il verricello e corsero ai paranchi. E in un baleno la randa e la maestra erano a riva sbatacchiando paurosamente. I marinai tesarono quelle cime come corde di chitarra.
"Adda partì! Jamme a ponte u muole", fu il grido di un ragazzo. E tutti vocianti in modo scalmanato, presero a correre per il molo dove arrivò tra i primi e prese posto su uno dei bastioni per avere maggiore e migliore visuale.
Come prima cosa guardò il mare. Faceva paura. Grossi cavalloni correvano verso Ponza andando a morire sulle spiagge non prima, però, di aver schiaffeggiato e inondato la Ravia e sommersa la scogliera. Con l'animo pieno di paura indirizzò lo sguardo, senza mai staccarlo, sul bastimento per seguire minuziosamente quanto avveniva a bordo. I marinai erano tornati all'argano per svellere l'ancora dal fondo. Uno di loro prese un cavo da una barca, con tre uomini a bordo di cui due ai remi ed il terzo seduto a poppa, che si era portata sottobordo. La cima legata al baglio della lancia e a prua del bastimento venne messa in tiro dall'azione dei rematori.
Il suono dei rintocchi di una campana, posta a prua e azionata da un marinaio, diede il segnale di : libero a prua.
I marinai tornarono alle vele issando due balacconi, quelle vele a forma di triangolo che tutti i velieri hanno a pruavia e che scorrono lungo i cavi d'acciaio, le draglie, distesi tra l'albero di trinchetto e lo spicone, il bompresso.
Quella barchetta a remi, posta a prua, aveva il compito di favorire il movimento del bastimento nelle acque portuali tenendolo con la prua in direzione dell'imboccatura del porto.
Quando il bastimento giunse al traverso del lanternino e le sue vele incominciarono a gonfiarsi per l'azione diretta del vento si udì, imperioso, il comando del capitano: "molla a prua". Il marinaio che si trovava a prua e che fino a quel momento aveva provveduto a incatenare l'ancora alla murata del bastimento, come fosse corpo unico, per non farla sbatacchiare contro di essa, mollò la cima della barchetta che scivolò sotto vento come un proiettile. Il bastimento era libero di manovrare a suo piacimento. Diresse la prua in direzione della Ravia che raggiunse in pochi minuti. Sembrava quasi che la toccasse. Il commento dei ragazzi fu uno solo: "mò va a tuzzà". Ma quando il veliero stava per cozzare contro lo scoglio, si notò il movimento del boma della randa e il bastimento, come se facesse perno sul timone, modificò la sua prua in direzione dello scoglio Rosso.
Attoniti guardavano, quei ragazzi il cui numero era aumentato. All'altezza dello Scoglio Rosso il bastimento virò nuovamente e questa volta in direzione, molto al largo, dello Scoglio Bianco che divide la spiaggia di Frontone da quella del Core.
Giunto a quell'altezza un'altra virata per mettere la prua verso le Formiche, gli scogli al largo della Parata.
"E' andata!", disse il vecchio marinaio che si trovava tra quella nidiata di bambini, dopo aver aspirato una boccata di fumo dalla sua pipa di coccio la cui cannula teneva schiacciata fra i denti. E quando la barca si nascose dietro lo Scoglio Rosso lo si sentì augurare : " C'a Madonne v'accumpagne". Appoggiato ad un bastone prese ad allontanarsi, assorto, dal Lanternino. Forse nella sua mente rimuginava e riviveva le sue tante partenze nelle stesse condizioni di vento e di mare.
I ragazzi lo travolsero quasi per correre a scuola. Sulla Parata, che domina la zona di are dove sono poste Le Formiche, vi era altra gente ad assistere al passaggio del bastimento. Vi era anche il suo maestro che, poi, in classe, approfittò della circostanza e dell'interesse dei bambini per parlare della pesca delle aragoste e delle Mbrucchièlle adibite al loro trasporto."
Questo racconto dell'infanzia di Ernesto è tratto dal suo libro "Miscellanea"