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giovedì 30 aprile 2020

La chiesa dell'isola di Ponza raccontata da Gabriella Moriondo

La maestra Gabriella Moriondo nel libro Impressioni, pubblicato nel 1890, descrive anche la chiesa di Ponza.
Ecco cosa scrive:
"...Nelle vicinanze della Torre vedi sparse qua e la varie casette, bianche, alcune di foggia alquanto signorile, altre di rustico stile,  a mezzo sommerse nelle folti siepi di fichi Opunzii, altre piantate a ridosso in fra loro senza un pochino d'ordine e simmetria. Scendi buon tratto e scorgi la modesta, ma graziosa Chiesetta, imitazione del Pantheon, il cui sesto acuto è sorretto da due svelte colonne bianche, se non vogliamo tener conto delle altre due laterali, continuazione e termine delle pareti. Per giungere all'ingresso fa duopo salire una gradinata proporzionata all'edificio.
Entriamo nel Sacro Luogo: Nulla qui si presenta allo sguardo, che possa allettare l'occhio artistico, non lavori di architettura, non di pittura; qui, tranne alcune statue, la modestia, la nudità, permettetemelo, la quale si osserva in quasi tutte le Chiese dei piccoli paesi; ma d'altra parte, e questo vale, vi si nota molta divozione-
Infatti l'isolano è divotissimo specialmente del suo glorioso Patrono S.Silverio..."
"...Il devoto isolano ama e venera sommamente il suo Patrono, del cui patrocinio ben spesso ei prova la benefica influenza;  di rado la prece innalzata a piè dell'altare a Lui sacro se ne va perduta, donde avviene che ognuno grato per questa o quella speciale grazia ottenuta sua mercè,  vieppiù lo ossequia e si pregia ricordare il nome imponendolo ad uno de' suoi pargoletti. Il marinaio che dopo lungo e periglioso viaggio, tocca il porto, rende grazie a Lui e gli fa presente d'un qualche dono se nello smercio della mercanzia ha fatto buon negozio..."


In questa foto, credo dei primissimi anni del Novecento, si vede una processione sul piazzale della chiesa. Al posto dell'Hotel Feola  si vedono piante, forse c'era un giardino



In questa foto si vede la "gradinata" di cui una parte è scomparsa con l'ampliamento del 1940






La chiesa dell'isola di Ponza com'era

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

Nota:
Gabriella Moriondo, maestra nata a Milano accettò giovanissima l'incarico di insegnare all'isola di Ponza. Sposò il notaio Giovanni Coppa che è stato anche sindaco di Ponza nel 1905. Era la madre del professor Ezio Coppa , uno dei medici più illustri della nostra isola.



La foto di Gabriella Moriondo è stata gentilmente fornita dalla pronipote Maria Francesca Ormanni in occasione della ristampa del libro "Impressioni". 
Il libro si può acquistare presso la libreria "Il Brigantino" di Ponza di Silverio Mazzella

lunedì 27 aprile 2020

La Terra Aurunca ed il Golfo di Napoli viste dai Saraceni, 1525, Piri Re'is

Con il termine Saraceni si era soliti indicare, nell’occidente cristiano, quelle popolazioni arabe , turche , berbere, guerriere musulmane che hanno flagellato per secoli le nostre coste .
Le scorribande dei Saraceni si intensificarono nell’alto medioevo e videro il loro culmine nel 1500 allorquando la debolezza politica del regno di Napoli favorì tali incursioni .
Un sistema a scopo difensivo e di allerta di torri di guardia ed avvistamento fu installato lungo le coste in tutto il regno , si contano edificate in tutto il meridione circa 366 torri tra il IX ed il XVI sec. , dette appunto saracene .
Attraverso segnali luminosi si avvertivano i paesi dell’interno dell’arrivo dei predoni dal mare. In qualche caso le chiese di campagna incominciavano a suonare le campane: “Santa Maria La Piana sona sona la campana so arrivati li turchi abbascio a la marina.” Nicola Borrelli in “Tradizioni Aurunche” ci racconta come dall’antica ed oggi diruta chiesa posta su l’Appia nei pressi di Sessa si avvertisse del pericolo proveniente dal mare.
In queste magnifiche mappe di 500 anni fa il cartografo ed ammiraglio turco ottomano Piri Re’is ci dà una testimonianza del punto di vista saraceno della nostra linea di costa tirrenica !
Un grande opera sulla navigazione , un portolano , che traccia tutta la linea di costa mediterranea e che venne dedicata al sultano di Costantinopoli Suleiman I detto il magnifico !
Nella prima mappa l'originale del golfo di Gaeta e nella seconda con identificazioni , così per il golfo di Napoli



In questa mappa  c'è l'arcipelago Ponziano, il Litorale Laziale, Ischia



Nella stessa mappa i nomi delle località



Il Golfo di Napoli

Nella stessa mappa i nomi delle località

(Tratto dalla pagina Facebook "Terra Aurunca" per gentile concessione dell'amministratore)

domenica 26 aprile 2020

Un vecchio proverbio

Quanne cante u quaraqùagle 
pigle a rèzze e va a quagle

(Quando canta il crocione
prendi la rete e va a quaglie)






Quaraqùagle all'isola di Ponza

(Foto di Rossano Di Loreto, aprile 2019)

Nota:
U quaraqùagle (crocione) è il gruccione

venerdì 24 aprile 2020

Il 25 aprile, festa della Liberazione

In questo giorno ricordiamo che il 25 aprile 1945 ci fu la fine dell'occupazione nazista, la caduta del fascismo.
Per combattere il nazifascismo, in quegli anni, si era organizzata la Resistenza formata dai partigiani.
Anni di lotte, di sacrifici per conquistare la libertà.
Una pagina di storia, quindi, molto importante.
Ma la storia passò anche da Ponza...
Fu confinato a Ponza Sandro Pertini, partigiano, futuro Presidente della Repubblica. 
Ma anche altri diedero un importante contributo alla Resistenza come Mario Magri, Gianbattista Canepa, Cencio Baldazzi...ma non solo loro...
La prima partigiana d'Italia fu la ponzese Maria Vitiello, moglie di Canepa, il comandante "Marzo".
Per loro furono anni terribili ma alla fine riuscirono a vedere l'Italia libera, altri, purtroppo, come Mario Magri, Antonio Camporese non ebbero questa possibilità.
Antonio Camporese fu ucciso dai tedeschi il 28 aprile 1945 a Porta Savonarola, una delle vie d'accesso di Padova, proprio mentre era in corso l'ultimo scontro armato in quella città.
Aveva solo 39 anni, nel pieno della vita...
Era nato a Padova il 21 febbraio 1906 ed era un operaio meccanico che durante il regime fascista, per le sue idee, venne mandato in carcere e poi al confino, anche nell'isola di Ponza.
E proprio all'isola di Ponza conobbe e sposò una donna ponzese, Carolina Guarino, che condivise con lui anni difficili e di persecuzioni visto il momento ed il contesto in cui si trovarono.
Antonio Camporese, dopo la sua morte, venne insignito, dallo Stato Italiano, della medaglia d'argento al valor militare con questa motivazione: "Distintosi in azioni di sabotaggio durante tutto il periodo dell'occupazione tedesca, partecipò attivamente ai combattimenti, intesi ad impedire l'accesso al nemico alla città di Padova, al momento della ritirata, per preservare l'abitato da inevitabili distruzioni, incontrando gloriosa morte".

Onore a questi eroi, spesso dimenticati, che hanno fatto grande l'Italia...

Sono tante le storie italiane che non sono scritte nei libri.
Non possiamo dimenticare.

Buon 25 aprile!!!

Un paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani

Indro Montanelli



Maria Vitiello, la prima partigiana d'Italia, con il marito Gianbattista Canepa, il comandante "Marzo"


Maria Vitiello con la figlia Enrica



Rita Parisi con il marito Mario Magri ucciso alle Fosse Ardeatine

Antonio Camporese

mercoledì 22 aprile 2020

I cecauòcchje

Così viene chiamata nel dialetto ponzese la pianta dell'euforbia, cecauòcchje.
L'euforbia è legata ai filtri magici della Maga Circe che spezzando una parte della pianta ricavava il lattice bianco che fuoriusciva.
Ma un tempo gli isolani usavano l'euforbia anche per le virtù terapeutiche. Il lattice curava i porri e i semi erano usati come purgante ma non doveva venire a contatto con gli occhi perchè poteva causare irritazioni.
Da qui il nome cecauòcchje.

(...e al cibo aggiunse farmachi maligni si che obliasser la lor patria terra...)
Omero, Odissea X 338,39



In primo piano i cecauòcchje e in lontananza Palmarola

(Foto di Lina Raso)

lunedì 20 aprile 2020

Peppino Di Fazio

Peppino Di Fazio nacque a Ponza il 27 luglio 1887,  fu armatore e capitano del cutter Papà Fortunato.
Peppino acquistò il cutter il 22 febbraio 1930 per trasportare la merce tra il continente e l'isola di Ponza. Aveva già una piccola barca da traffico il San Silverio Fazio ma ormai era troppo vecchia.
Il cutter Papà Fortunato in seguito fu impiegato per trasportare la bentonite tra Ponza e Gaeta dove c'era la raffineria in cui veniva lavorata.
Il Papà Fortunato mentre era nel cantiere navale a Gaeta per lavori bruciò insieme ad altre barche, durante la ritirata tedesca nel settembre 1943, per un atto vandalico. Peppino Di Fazio era in convalescenza a Ponza perchè, durante i lavori al cantiere navale,  gli si rovesciò addosso la pece bollente.
Io ho un bel ricordo di Peppino Di Fazio nel negozio di alimentari giù alla Banchina insieme alla moglie Assuntina.
Erano i genitori di Maria, Giovanna e Rita.
Rita ha sposato zio Aniello Conte, fratello di mia madre.


Peppino Di Fazio con il nipotino Silverio Conte, figlio di sua figlia Rita


Peppino Di Fazio in barca a remi nella Ponza di un tempo

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



In primo piano il cutter Papà Fortunato davanti al negozio di Peppino Di Fazio carico di bentonite che poi trasporterà a Gaeta



Il cutter Papà Fortunato a Formia



Il cutter Papà Fortunato in una gauche fatta realizzare a Napoli nel 1930 dal fratello di Peppino Di Fazio, Luigi.

(Dal libro di Silverio Mazzella "Ponzesi gente di mare. Storie di barche, di pesca, di navigazione")

sabato 18 aprile 2020

C'era una volta la trattoria Italia...all'isola di Ponza

Leggendo il libro di Mino Maccari Visita al Confino del 1929 mi sono imbattuta nella trattoria Italia.
Maccari scrive così:
"Salgo dunque le tre rampe di erte scale che, mi si permetta l'espressione, bucano il ventre di Ponza, attraversandone i tre strati di case che si distendono, uno addossato all'altro, sul declivio della collina, e, soddisfatto della mia risoluzione, giungo alla trattoria Italia, col'intenzione di chiedere ai commensali qualche consiglio circa l'impiego della mia vacanza. Ma mentre sto per infilare la porta, mi vedo sbarrato l'ingresso, mi sento gentilmente apostrofare, ed eccomi di nuovo preda dell'ennesimo confinato. Lo riconosco subito: è Ambrosini. Vittorio Ambrosini, siciliano, già capo di Arditi del popolo, sindacalista, dice lui, integrale, ma in realtà girovagante tra Roma, Parigi e Vienna con intermezzi giornalistici e con avventure e disavventure svariate..."
"...Ambrosini è cliente fedele della trattoria Italia, dove hanno bazzicato notissime figure della lotta politica in Italia, fra cui il Gran Maestro della Massoneria, Tor. Il proprietario, il signor Verde, che ha servito per 31 anni nella Regia Marina, pervenendo al grado di maresciallo, e navigando per tutti i mari del mondo, mi ha raccontato a proposito del Tor, una curiosa questione, che mise a repentaglio la sua "parente d'esercizio".
Il sig. Verde ebbe un giorno a subire la tremenda accusa di non voler servire il pranzo a colui che fu già capo della Massoneria Italiana; e ci volle da parte sua del bello e del buono, per scongiurare i fulmini del Commissario di Pubblica Sicurezza, che gli contestava la grave colpa. Il povero Verde, uomo correttissimo, esperto della vita e incapace di commettere torto a chicchessia dovette, con prove alla mano. dimostrare che fra lui ed il Tor. s'è di comune accordo stabilito che, nuocendo evidentemente la presenza del Tor. agli interessi della trattoria Italia e provocando l'allontanamento della pacifica clientela, al Tor. stesso sarebbe stato servito, da allora in poi, il pranzo a domicilio. Non è da credersi, infatti, quali complicazioni producesse l'avvennimento, in sè tanto semplice e innocente, del desinare di Tor. La trattoria veniva a costituire, per un'ora l'oggetto principale della attenzione delle autorità responsabili e delle forze esecutive di cui esse dispongono: la signora Verde cucinava sotto gli occhi della Pubblica Sicurezza, il piccolo Verde, recando i pasti, s'imbatteva nell'agente di servizio, del quale padron Verde, compilando le note, si sentiva gli occhi addosso. Ne risultavano bistecche bruciate, rotture di stoviglie, errori di somme: un turbamento generale, che il cliente non tardava ad avvertire. La conversazione, la compagnia del Tor. erano ritenute compromettenti e pericolose; e volendo evitare d'essere sospettati in contatto con la Massoneria, uno per uno i vecchi e affezionati avventori prendevano il largo, e i nuovi si guardavano bene dall'insistere nella loro frequenza. E' facile immaginare gli umori dell'ex Maresciallo Verde e della sua famigliola; ma il racconto che egli mi fa dell'episodio, è veramente inimitabile. La sua voce cupa di marinaio, che gli scivola dalla bocca come se giungesse, attraverso una tromba-a-vento dal ventre della nave; l'alta figura, un pò curva, dai gesti lentissimi, calcolati, esasperanti, danno alla rievocazione un sapore ed un colore gustosissimi, e un tono tanto lugubre, che sembra fatto apposta per sottolineare la comicità e la goffaggine del fatto. La Massoneria, il Gran Maestro, i clienti impauriti, la desolazione dell'oste, il fare circospetto delle guardie, l'odor di soffritto,; tutto questo mescolato, impastato, fuso in un napoletano temperato da trentun anni di navigazione, diventa qualcosa fra la pagina di Dickens e l'acquaforte del Goya."

Ho chiesto in giro per Ponza dove si potesse trovare la trattoria Italia nel 1929 e qualcuno mi ha detto che era sul palazzo del Giudicato. Ecco quindi "le tre rampe di erte scale che, mi si permetta l'espressione, bucano il ventre di Ponza, attraversandone i tre strati di case che si distendono, uno addossato all'altro, sul declivio della collina..."



In questa foto, nel cerchio rosso, c'è scritto Trattoria Italia, quindi era veramente sul palazzo del Giudicato (ingrandire la foto)

Nota:
Mino Maccari, giornalista della Stampa venne inviato, nel 1929, prima a Ponza e poi a Lipari in visita ai luoghi di confino
Altra nota:
Tor.  è Domizio Torrigiani, Gran Maestro della Massoneria, confinato a Ponza

giovedì 16 aprile 2020

L'Arco di Mezzogiorno all'isola di Palmarola

C'era una volta l'Arco di Mezzogiorno, all'isola di Palmarola, nell'Arcipelago Ponziano.
Era un Arco composto da basalto che era integro fino ai primi anni '60 quando la volta crollò per una violenta mareggiata e nel novembre 1997 un'onda gigantesca gli ha dato il colpo di grazia.
I pescatori ponzesi, un tempo, quando partivano, in primavera, per la stagione di pesca in Sardegna lo doppiavano alle prime luci dell'alba.
Era questo di buon auspicio!!!


L'Arco di Mezzogiorno


L'Arco di Mezzogiorno con la volta crollata



Ecco ciò che resta del meraviglioso Arco di Mezzogiorno, un altro monumento naturale perduto

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



L'Arco di Mezzogiorno com'era...

(Foto di Giovanni D'Onofrio)

martedì 14 aprile 2020

U zucazuche

U zucazuche è un fiore giallo, un tempo, era molto ricercato dai bambini che ne succhiavano il gambo da cui usciva un succo dal sapore acidulo, simile a quello del limone.
E' l'acetosella gialla una pianta con foglie cuoriforme e fiori gialli penduli.
A Ponza si trova sui bordi delle strade ma può creare nei prati ampie distese fiorite dal bellissimo colore giallo.
Fiorisce in primavera.
In passato questa pianta trovava largo impiego nella medicina popolare e sulle navi veniva usata contro lo scorbuto per il contenuto di vitamina C delle foglie.




L'acetosella gialla chiamata in dialetto ponzese zucazuche

sabato 11 aprile 2020

BUONA PASQUA

In questo periodo un pò triste della nostra vita, in cui tutti i giorni sembrano uguali, in cui siamo pieni di preoccupazioni per il futuro, non sappiamo ancora con certezza quando tutto questo finirà.
Una pandemia che ci costringe a non uscire di casa, ci ha cambiati profondamente, ci ha allontanati dalla nostra quotidianità.
Restate a casa!!!
Solo così potremo uscire da questa brutta situazione.
Intanto voglio augurare a tutti una
BUONA PASQUA!!!


La baia di Chiaia di Luna, isola di Ponza

(Estate 2018)

giovedì 9 aprile 2020

U fucarazze

Durante la processione del Venerdì Santo, nell'isola di Ponza, a Sant'Antonio, c'è l'incontro tra Gesù morto e la Madonna Addolorata. 
Anni fa si incontravano sulla Punta Bianca.
Il momento è molto toccante e sulla spiaggia brucia un grande fucarazze
Nei giorni precedenti i ragazzi si danno da fare per prepararlo, tutto deve essere pronto...
Un tempo se ne preparavano anche in altri quartieri come sulla Parata, a Giancos ma quello più grande e più importante restava quello di Sant'Antonio.
Anche u fucarazze fa parte delle antiche tradizioni di Ponza che non bisogna perdere.
Purtroppo quest'anno, causa coronavirus COVID - 19,  non si potrà fare niente perchè bisogna evitare assembramenti. 
Ognuno se vuole pregare può farlo nella propria casa se tiene alla sua salute e a quella della sua famiglia.
Prima usciamo da questa terribile situazione e meglio è.
Restate a casa!!!




U fucarazze sulla spiaggia di Sant'Antonio

(Foto di Carlo Ponzi, 2015)



La preparazione del fucarazze

(Foto di Rossano Di Loreto, 2015)



U fucarazze

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

mercoledì 8 aprile 2020

La preparazione della Madonna Addolorata per il Venerdì Santo

Un tempo, all'isola di Ponza, la Madonna Addolorata veniva portata dai giovani a casa di Ersilia Parisi, sugli Scarpellini, in vista della processione del Venerdì Santo, da cui poi usciva per incontrarsi con Gesù morto.
I ragazzi andavano a raccogliere i pugnienti (pungitopo) da Maria Picicco, i dònne ncamicje (calle), il biancospino, mentre Maurino sistemava le luci intorno alla Madonna.
Rosa Maggio (Rusinella) e le altre sistemavano il vestito lucidando l'argento.
Un fucarazze si faceva tra il camerone e le suore.
Ersilia premiava i ragazzi con del cioccolato.
Altri tempi...

(Un ricordo di Aniello De Luca)




La Madonna Addolorata

(Foto di Rossano Di Loreto, 2018)



La Madonna Addolorata in processione

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

domenica 5 aprile 2020

U casatièlle

Nei giorni che precedevano la Pasqua, a Ponza, nell'aria si sentivano i profumi di casatièlle e pastiere che si portavano a cuocere nei forni della zona.
U casatièlle a Ponza si fa dolce con uova, farina, zucchero, strutto e criscito (lievito madre).
Mia madre impastava una bella quantità di casatièlle in una scafarèje e ricordo ancora la forza che metteva nel mescolare gli ingredienti. Poi divideva l'impasto nei ruoti e li metteva a lievitare nel posto più caldo della casa, magari con qualche coperta sopra.
Appena lievitati noi ragazzine portavamo i ruoti avvolti nei canovacci, una sorta di mappatèlle, giù dal fornaio Temistocle, in via Corridoio. Ogni ruoto all'interno del bordo aveva il nome della famiglia che li portava ad infornare.
Quando portavamo a casa i casatièlle il profumo era inebriante, non vedevamo l'ora di assaggiare.
Ma dovevamo aspettare...



Casatièlle ponzese



In via Corridoio c'era il forno di Temistocle

giovedì 2 aprile 2020

Le epidemie di colera dell'Ottocento

Oggi, nel 2020, siamo alle prese con un virus, il covid - 19, che sta mietendo nel mondo numerose vittime. Ognuno di noi è chiuso nella propria abitazione sperando che passi presto.
Sbirciando qua e là ho trovato notizie di epidemie di colera all'isola di Ponza, nell'Ottocento, riportate sia da parte del Tricoli che della Moriondo.
Ecco cosa scrive la Moriondo:
"...Ciò si è verificato l'anno 1887 allorchè nel mese di ottobre si presentarono alcuni casi di colera, che fecero vittime tre coatti: altrettanti paesani furono colpiti; ma salvi, certo dalle premure delle loro famiglie, e da cure che i maggiori mezzi permettevano. Presentossi il colera, dico, e al terribile nome un timor panico invase l'intera isoletta. Prontamente si adottarono mezzi energici per impedirne la propagazione, intanto qualcuno della bassa plebe andava sottovoce mormorando di non so qual ordine segreto giunto da fuori di eliminare in parte il popolino per non dovergli dar pane; di conseguenza sospetti contro untori immaginari, e timore che non si corrompessero le acque ed i principali generi mangerecci; odii contro persone altolocate e sorde minacce di vendetta.
Per consiglio di prudenza fu schierato di picchetto quasi tutto il pelottone di fanteria nelle prossimità dell'ospedale, ma fortuna volle che lo spaventevole morbo, a sua volta spaventato, se ne andasse pago di sì poca preda.
I sospetti, gli odii e le tacite congiure tacquero per dar posto alla calma primitiva. Un bello spirito esclamava: "Povero Signor Colera! Chi l'avrebbe mai detto che a Ponza avresti dovuto combattere nientemeno che soldati in armi?! Ti hanno impaurito, è vero, e te l'hai svignata, hai fatto bene!..."
Ma ancor prima della Moriondo ne scrive il Tricoli.
Ecco cosa racconta:
"L'Isola fu invasa dal morbo, attaccando i soli adulti, era di carattere astenico, sintomi terribili..."
"...Nel 10 Novembre 1836 sopra approdatovi paranzello napoletano si sviluppava, e nel dì seguente furono impestati venti abitanti dei bracciali, e ne soccumbette la metà. ricomparve nel 31 Luglio del seguente anno per contatto di altro paranzello arrivato da Gaeta, e di 200 casi ne restarono vittime 90 di ogni ceto de' naturali; si riproduceva nel 16 Agosto 1854, impegnando da 160 individui, de' quali ne perì poi un terzo, e di questi 48 rilegati. Ritornò nel dì 8 Agosto del successivo anno con 270 casi, e ne cessavano da 22 isolani, e 50 relegati."
Nell'agosto 1973 ci fu un'epidemia di colera che colpì l'Italia, soprattutto Napoli, e con una campagna di vaccinazioni a livello nazionale si riuscì a bloccare.
E questa è storia quasi dei giorni nostri...






L'isola di Ponza nel tempo...

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

Nota:
Gabriella Moriondo era una maestra elementare del Nord Italia venuta ad insegnare all'isola di Ponza. Sposò il notaio Giovanni Coppa e uno dei loro figli era il professor Ezio Coppa