L'archeologo Amedeo Maiuri scoprì Ponza verso la metà degli anni venti e restò incantato dalle bellezze dell'isola. Scoprì anche il grande patrimonio archeologico di Ponza e pubblicò la "Ricognizione archeologica nell'isola di Ponza", un saggio sul Bollettino d'Arte del Ministero della Pubblica Istruzione.
Nell'ottobre del 1926 visitò a Ponza le cisterne romane, la necropoli dei Guarini, i resti di ville imperiali, il tunnel di Chiaia di Luna che erano conservati abbastanza bene ma che avrebbero avuto bisogno di più cura.
Il Maiuri scrisse così di Ponza: "...pochi luoghi conservano come questa piccola isola sperduta nella vastità del Tirreno, altrettanto nitido e luminoso nella natura e nelle cose il colore e l'ambiente, dell'antica civiltà mediterranea. Nella linea del paesaggio o selvaggiamente rupestre o serenamente addolcito dalla coltura dei bassi vigneti, nella forma dell'abitato a gruppi di piccole case bianche assiepate intorno alla rada ed agli approdi o disseminati sulle colline al riparo di un ciglio di roccia o d'una siepe di fichi d'India, o rozzamente incavate nella stessa rupe come abitazioni primitive di predoni in agguato, sembra per chi vi giunga dal mare e la percorra sulle inerpicate vie mulattiere, come in'isola dello Ionio o del lontano Egeo (...). L'isola con i suoi spechi ombrosi, con le sue grotte fantasticamente tappezzate di rocce policrome o paurosamente orride, con gli scogli a forme strane e mostruose eruttati dalle ignivome profondità marine doveva necessariamente richiamare qui, meglio che altrove, il favoloso viaggio di Ulisse e l'incantata dimora di Circe".
Purtroppo questo grande patrimonio archeologico resta sulla carta, non è stato recuperato e versa in cattive condizioni.
Questo è il tesoro di Ponza...peccato che nessuno ci creda...
...piccole case assiepate intorno alla rada...
Case intorno all'approdo...
Panorama di Ponza...in primo piano piante di Fichi d'India
Il tunnel che porta alla spiaggia di Chiaia di Luna
...con gli scogli a forme strane e mostruose eruttati dalle ignivome profondità marine...
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
L'archeologo Amedeo Maiuri a Pompei
(Immagine reperita in rete)
Pagine
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mercoledì 31 gennaio 2018
domenica 28 gennaio 2018
A cannafèole
Nel dialetto ponzese è chiamata cannafèole la parte dell'agave che sostiene il fiore. E' una specie di alberello vuoto all'interno che quando fiorisce la pianta muore.
Il succo delle radici era utilizzato nella cura dello scorbuto.
Ecco un pò di foto di cannafèole
Cannafèole sopra Cala Gaetano (estate 2017)
Il succo delle radici era utilizzato nella cura dello scorbuto.
Ecco un pò di foto di cannafèole
Cannafèole sopra Cala Gaetano (estate 2017)
venerdì 26 gennaio 2018
Giuvanne a scigne
Giovanni Onorato aveva questo soprannome perchè dopo essere stato prigioniero in Grecia, tornò a Ponza con una scimmietta, Cocò, che stava sempre con lui e a volte si poggiava sulle spalle. Giovanni sapeva parlare perfettamente il greco.
Ma soprattutto Giovanni fu l'antesignano degli attuali barcaioli perchè, negli anni '60, inventò la linea di Frontone al costo di 50 lire. Le persone salivano in barca nello specchio di mare davanti ai carabinieri dove ora c'è Tritone.
Mio padre spesso lo contattava per portare viveri e quant'altro al dott. Spadazzi, farmacista di Roma, che abitava nella casa del faro di Zannone.
Bei tempi...
Giuvanne a scigne porta i turisti a Frontone
(Per gentile concessione di Lucia Onorato, la figlia)
Giuvanne a scigne
(Archivio fotografico di Mariano Picicco), pubblicata da Giovanni Pacifico
La spiaggia di Frontone com'era...
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Ma soprattutto Giovanni fu l'antesignano degli attuali barcaioli perchè, negli anni '60, inventò la linea di Frontone al costo di 50 lire. Le persone salivano in barca nello specchio di mare davanti ai carabinieri dove ora c'è Tritone.
Mio padre spesso lo contattava per portare viveri e quant'altro al dott. Spadazzi, farmacista di Roma, che abitava nella casa del faro di Zannone.
Bei tempi...
Giuvanne a scigne porta i turisti a Frontone
(Per gentile concessione di Lucia Onorato, la figlia)
Giuvanne a scigne
(Archivio fotografico di Mariano Picicco), pubblicata da Giovanni Pacifico
La spiaggia di Frontone com'era...
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
mercoledì 24 gennaio 2018
Una bella poesia dedicata a Ponza
PONZA
D' a Vuardia a u Ncienze Ponza se nne sta
cumm'a na bella fèmmena int'u mare.
E se fa cunnulia' da ll'onne chiare
e 'a tutt'i viente se fa carezza'.
Cu a luna o u sole o i stelle fa ncanta',
ma è bella pure 'a notte cu i lampare
ca lùcene int'u scure ammiez'a u mare
o quanne na tempesta a ricama'
se mette nu merlette tuorne tuorne
c'a fa par' na sposa dint'u velo.
Culline e spiaggie d'a Madonna a i Fforne
e tanti culure nterra, a mmare, ncielo
tene Ponza cu Parmarola e Zannone
che ccà staie mparavise a ogne staggione.
Tommaso Lamonica
Queste bellissime foto di Ponza sono di Rossano Di Loreto e sono state scattate nel novembre 2015
Nota:
femmena (donna)
cunnulia' (da connola, culla, perciò cullare)
lùcene (luccicano)
Altra Nota:
Tommaso Lamonica è l'autore di questa bella poesia dedicata a Ponza, isola in cui nacque quasi cento anni fa. E' stato insegnante elementare e poeta, una di quelle persone che hanno dato lustro alla nostra isola.
D' a Vuardia a u Ncienze Ponza se nne sta
cumm'a na bella fèmmena int'u mare.
E se fa cunnulia' da ll'onne chiare
e 'a tutt'i viente se fa carezza'.
Cu a luna o u sole o i stelle fa ncanta',
ma è bella pure 'a notte cu i lampare
ca lùcene int'u scure ammiez'a u mare
o quanne na tempesta a ricama'
se mette nu merlette tuorne tuorne
c'a fa par' na sposa dint'u velo.
Culline e spiaggie d'a Madonna a i Fforne
e tanti culure nterra, a mmare, ncielo
tene Ponza cu Parmarola e Zannone
che ccà staie mparavise a ogne staggione.
Tommaso Lamonica
Queste bellissime foto di Ponza sono di Rossano Di Loreto e sono state scattate nel novembre 2015
Nota:
femmena (donna)
cunnulia' (da connola, culla, perciò cullare)
lùcene (luccicano)
Altra Nota:
Tommaso Lamonica è l'autore di questa bella poesia dedicata a Ponza, isola in cui nacque quasi cento anni fa. E' stato insegnante elementare e poeta, una di quelle persone che hanno dato lustro alla nostra isola.
domenica 21 gennaio 2018
Tesori nascosti
Ogni tanto si sente parlare di tesori nascosti o ritrovati secoli fa all'isola di Ponza.
Questa storia è raccontata nel libro di Silverio Mazzella Racconti e leggende dell'isola dei pescatori che scrive: "Si narrano ritrovamenti di favolosi tesori nascosti dai saraceni quando per secoli hanno saccheggiato navi e paesi cristiani. Durante i lavori di costruzione delle nuove case i primi coloni, arrivati dall'isola d'Ischia nel 1734, trovarono spesso oggetti e monete d'oro e finanche forzieri stracolmi. Nei primi anni dell'Ottocento, si racconta, due energumeni con piccone ed un grande rotolo di carta nautica sotto braccio, entrarono di prepotenza nella casa di Ciccillo Conte sulla Dragonara, quando era a tavola con la famiglia a cenare.
Il primo individuo fece cenno e costrinse i familiari a spostarsi in un angolo della stanza mentre il secondo che lo seguiva incominciò a picconare il pavimento nel bel mezzo della cucina, là dove aveva indicato quello che possedeva la mappa. Con grande stupore Ciccillo vide spuntare dallo scavo un forziere che, aperto, risultò pieno di monete d'oro e pietre preziose. Era un tesoro nascosto anni prima da loro stessi ed erano tornati a Ponza per recuperarlo.
Prima di lasciare la casa i due diedero una generosa manciata di quel tesoro a Ciccillo Conte che investì nell'acquisto di terreni sulla Guardia, dispensando la proprietà ai figli e per questo fu chiamato il " re della Guardia". Investì parte del tesoro anche nella costruzione di bastimenti, diventando uno dei maggiori armatori di Ponza."
La storia potrebbe essere vera perchè a Ponza di incursioni saracene ce ne sono state, quindi è plausibile che ci siano stati tesori nascosti.
La scalinata che porta alla Dragonara
La piazzetta del pino sulla Dragonara...da queste parti i saraceni nascosero il forziere con il tesoro
Il passaggio di un'antica abitazione sulla Dragonara
(Foto estate 2017)
Il Monte Guardia
(estate 2016)
Un forziere con il tesoro
Nota:
Da Ponza Mia: " Appena imboccato il tratto di strada fra i due muri a secco, la salita si fa un pò meno faticosa per un centinaio di metri, poi uno strappo di altri 100 metri fino ad un tratto di una ottantina di metri di falsopiano, dove incontrerete le prime casette dei contadini della zona. A questo punto vi dirò qualcosa di questi contadini. Li conosco tutti questi simpaticissimi personaggi che trascorrono la loro vita in questo luogo che ha più di romitaggio che di compagnia. Vi sono i fratelli Conte, il cui padre, buonanima, era chiamato "il re della Guardia", per essere il proprietario per lo meno di mezza collina. Morto il padre, i fratelli Conte si suddivisero il regno in tanti domini più piccoli. Ognuno di essi recintò il proprio territorio con robustissimi muri a secco, costruì al centro di esso la cantina colla casetta e cominciò a produrre il proprio vino con orgoglio. Sono Aurelio, Peppino, Giovanni, Luigi, ma più di tutti fanno spicco Emidio e Silverio."
Questa storia è raccontata nel libro di Silverio Mazzella Racconti e leggende dell'isola dei pescatori che scrive: "Si narrano ritrovamenti di favolosi tesori nascosti dai saraceni quando per secoli hanno saccheggiato navi e paesi cristiani. Durante i lavori di costruzione delle nuove case i primi coloni, arrivati dall'isola d'Ischia nel 1734, trovarono spesso oggetti e monete d'oro e finanche forzieri stracolmi. Nei primi anni dell'Ottocento, si racconta, due energumeni con piccone ed un grande rotolo di carta nautica sotto braccio, entrarono di prepotenza nella casa di Ciccillo Conte sulla Dragonara, quando era a tavola con la famiglia a cenare.
Il primo individuo fece cenno e costrinse i familiari a spostarsi in un angolo della stanza mentre il secondo che lo seguiva incominciò a picconare il pavimento nel bel mezzo della cucina, là dove aveva indicato quello che possedeva la mappa. Con grande stupore Ciccillo vide spuntare dallo scavo un forziere che, aperto, risultò pieno di monete d'oro e pietre preziose. Era un tesoro nascosto anni prima da loro stessi ed erano tornati a Ponza per recuperarlo.
Prima di lasciare la casa i due diedero una generosa manciata di quel tesoro a Ciccillo Conte che investì nell'acquisto di terreni sulla Guardia, dispensando la proprietà ai figli e per questo fu chiamato il " re della Guardia". Investì parte del tesoro anche nella costruzione di bastimenti, diventando uno dei maggiori armatori di Ponza."
La storia potrebbe essere vera perchè a Ponza di incursioni saracene ce ne sono state, quindi è plausibile che ci siano stati tesori nascosti.
La scalinata che porta alla Dragonara
La piazzetta del pino sulla Dragonara...da queste parti i saraceni nascosero il forziere con il tesoro
Il passaggio di un'antica abitazione sulla Dragonara
(Foto estate 2017)
Il Monte Guardia
(estate 2016)
Un forziere con il tesoro
Nota:
Da Ponza Mia: " Appena imboccato il tratto di strada fra i due muri a secco, la salita si fa un pò meno faticosa per un centinaio di metri, poi uno strappo di altri 100 metri fino ad un tratto di una ottantina di metri di falsopiano, dove incontrerete le prime casette dei contadini della zona. A questo punto vi dirò qualcosa di questi contadini. Li conosco tutti questi simpaticissimi personaggi che trascorrono la loro vita in questo luogo che ha più di romitaggio che di compagnia. Vi sono i fratelli Conte, il cui padre, buonanima, era chiamato "il re della Guardia", per essere il proprietario per lo meno di mezza collina. Morto il padre, i fratelli Conte si suddivisero il regno in tanti domini più piccoli. Ognuno di essi recintò il proprio territorio con robustissimi muri a secco, costruì al centro di esso la cantina colla casetta e cominciò a produrre il proprio vino con orgoglio. Sono Aurelio, Peppino, Giovanni, Luigi, ma più di tutti fanno spicco Emidio e Silverio."
venerdì 19 gennaio 2018
Il fico d'India
A Ponza ci sono tantissime piante di fico d'India e in dialetto ponzese i frutti si chiamano fechetìne mentre la pianta palètte.
La pianta può essere alta anche cinque metri, i fiori sono gialli o rosati ed i frutti a forma ovale, avvolti da una scorza spinosa, sono buonissimi.
I nostri contadini con il succo delle fechetìne e il mosto preparavano i mustarde, dolci che si mettevano ad asciugare al sole coperti da un velo per proteggerli dagli insetti.
La pianta del fico d'India veniva utilizzata anche per delimitare i confini tra le proprietà terriere ma anche per riparare dal vento le coltivazioni.
Pianta di fico d'India a Ponza
Quante fechetìne!!!
Nota:
Ernesto Prudente ci racconta delle mustarde: "Si potrebbe anche definirla un dolce isolano. Occorrono: semola, vino cotto e succo di fichi d'India, frullati e setacciati. In una pentola si mettono le materie liquide e si portano ad ebollizione, si aggiunge la semola come se si cucinasse la polenta. Alcune massaie ci aggiungono anche i semi del finocchio selvatico. quando la semola è cotta si versa il tutto in un piatto da portata perchè si raffreddi. quando si è raffreddata si taglia a pezzetti. Va mangiata come se fosse un pezzo di cioccolato. Una volta si faceva in tutte le case contadine. Oggi è diventata una cosa rara. La vedova di Aurelio Conte, la signora Giuseppina, ancora la fa per regalarla agli amici del marito.
La pianta può essere alta anche cinque metri, i fiori sono gialli o rosati ed i frutti a forma ovale, avvolti da una scorza spinosa, sono buonissimi.
I nostri contadini con il succo delle fechetìne e il mosto preparavano i mustarde, dolci che si mettevano ad asciugare al sole coperti da un velo per proteggerli dagli insetti.
La pianta del fico d'India veniva utilizzata anche per delimitare i confini tra le proprietà terriere ma anche per riparare dal vento le coltivazioni.
Pianta di fico d'India a Ponza
Quante fechetìne!!!
Nota:
Ernesto Prudente ci racconta delle mustarde: "Si potrebbe anche definirla un dolce isolano. Occorrono: semola, vino cotto e succo di fichi d'India, frullati e setacciati. In una pentola si mettono le materie liquide e si portano ad ebollizione, si aggiunge la semola come se si cucinasse la polenta. Alcune massaie ci aggiungono anche i semi del finocchio selvatico. quando la semola è cotta si versa il tutto in un piatto da portata perchè si raffreddi. quando si è raffreddata si taglia a pezzetti. Va mangiata come se fosse un pezzo di cioccolato. Una volta si faceva in tutte le case contadine. Oggi è diventata una cosa rara. La vedova di Aurelio Conte, la signora Giuseppina, ancora la fa per regalarla agli amici del marito.
mercoledì 17 gennaio 2018
Le donne pescatrici
Qualche giorno fa in una trasmissione televisiva è stata intervistata una ragazza siciliana che, pur essendo laureata, di mestiere fa la pescatrice, in estate pratica pescaturismo. Non è un mestiere nuovo per una donna.
Anche nella nostra isola di Ponza qualche secolo fa c'erano delle donne che andavano a pesca.
Nell'aprile del 1847, Mattei, nel suo viaggio alle isole Ponziane, mentre andava verso Palmarola con una barca, i cui rematori erano quattro giovanotti, fece un incontro in mezzo al mare...
Avevano appena girato la Punta della Guardia quando incontrarono una barca con quattro donne che remavano vigorosamente...
Il Mattei incuriosito volle parlare con queste donne....scoprire chi fossero e cosa facessero nel bel mezzo di quel mare...
Fece fermare la barca, fece zittire i giovanotti che erano presi a sbeffeggiarle...e cominciò a fare domande...
Le donne risposero così: "Non siamo che rivendugliole e incettatrici di pesce, che andiamo a mercanteggiare a bordo delle tartanelle. Ritornando a Ponza ci sarà dato di offrirvi un saggio del nostro mestiere".
Il Mattei si accaparrò il loro pesce dandogli pochi carlini.
Quella non era l'unica barca di donne che andavano a pescare facendo anche concorrenza agli uomini che trovavano ogni modo per umiliarle.
Sicuramente, oltre a pescare, queste donne curavano la casa, crescevano i figli e chissà se qualche volta non hanno rischiato addirittura di partorire sulle loro barche...
E come disse il Mattei: Viva la marineria femminile!
Un pò di foto di quel mare dell'isola di Ponza solcato dalle donne pescatrici
(Foto di Rossano Di Loreto, aprile 2015)
Nel disegno del Mattei ecco le donne che andavano a pescare con le loro tartanelle
Tartanella
Nora:
Di donne che andavano a pescare ne scrive un'antropologa, Marilena Maffei, nel suo libro "Donne di mare".
Racconta delle donne dell'arcipelago delle Eolie che ogni giorno pescavano, tiravano le reti per mantenere la propria famiglia e questo fino agli inizi del Novecento.
Quindi il racconto del Mattei per quanto riguarda le donne pescatrici ponzesi è plausibile...
Anche nella nostra isola di Ponza qualche secolo fa c'erano delle donne che andavano a pesca.
Nell'aprile del 1847, Mattei, nel suo viaggio alle isole Ponziane, mentre andava verso Palmarola con una barca, i cui rematori erano quattro giovanotti, fece un incontro in mezzo al mare...
Avevano appena girato la Punta della Guardia quando incontrarono una barca con quattro donne che remavano vigorosamente...
Il Mattei incuriosito volle parlare con queste donne....scoprire chi fossero e cosa facessero nel bel mezzo di quel mare...
Fece fermare la barca, fece zittire i giovanotti che erano presi a sbeffeggiarle...e cominciò a fare domande...
Le donne risposero così: "Non siamo che rivendugliole e incettatrici di pesce, che andiamo a mercanteggiare a bordo delle tartanelle. Ritornando a Ponza ci sarà dato di offrirvi un saggio del nostro mestiere".
Il Mattei si accaparrò il loro pesce dandogli pochi carlini.
Quella non era l'unica barca di donne che andavano a pescare facendo anche concorrenza agli uomini che trovavano ogni modo per umiliarle.
Sicuramente, oltre a pescare, queste donne curavano la casa, crescevano i figli e chissà se qualche volta non hanno rischiato addirittura di partorire sulle loro barche...
E come disse il Mattei: Viva la marineria femminile!
Un pò di foto di quel mare dell'isola di Ponza solcato dalle donne pescatrici
(Foto di Rossano Di Loreto, aprile 2015)
Nel disegno del Mattei ecco le donne che andavano a pescare con le loro tartanelle
Tartanella
Nora:
Di donne che andavano a pescare ne scrive un'antropologa, Marilena Maffei, nel suo libro "Donne di mare".
Racconta delle donne dell'arcipelago delle Eolie che ogni giorno pescavano, tiravano le reti per mantenere la propria famiglia e questo fino agli inizi del Novecento.
Quindi il racconto del Mattei per quanto riguarda le donne pescatrici ponzesi è plausibile...
domenica 14 gennaio 2018
Ncòppe i Scuotte
Ncòppe i Scuotte è uno dei primi nuclei abitativi fondato dai coloni che giunsero a Ponza, nel 1734, da Ischia.
Prese questo nome dal cognome Scotti che era predominante in quella zona.
Il primo a giungere a Ponza fu l'eremita Giuseppe Scotti di Sant'Angiolo d'Ischia. Dimorava in grotte di difficile accesso, in luoghi impervi, a volte a picco sul mare. Curava la Cappella della Madonna della Salvazione, quella più antica che ora non c'è più, a Madunnella.
E' una delle parti alte dell'isola, un pò faticosa per arrivarci ma si viene ripagati dal panorama semplicemente favoloso.
Un pò di foto che ho scattato nell'estate 2017
Un panorama mozzafiato
Che meraviglia!!!
Un antico nucleo abitativo
Il pozzo-cisterna
Una scala che porta al tetto dell'abitazione
La Parata degli Scotti
Si vedono i Faraglioni della Madonna
Da quassù si vede la Parata
Prese questo nome dal cognome Scotti che era predominante in quella zona.
Il primo a giungere a Ponza fu l'eremita Giuseppe Scotti di Sant'Angiolo d'Ischia. Dimorava in grotte di difficile accesso, in luoghi impervi, a volte a picco sul mare. Curava la Cappella della Madonna della Salvazione, quella più antica che ora non c'è più, a Madunnella.
E' una delle parti alte dell'isola, un pò faticosa per arrivarci ma si viene ripagati dal panorama semplicemente favoloso.
Un pò di foto che ho scattato nell'estate 2017
Un panorama mozzafiato
Che meraviglia!!!
Un antico nucleo abitativo
Il pozzo-cisterna
Una scala che porta al tetto dell'abitazione
La Parata degli Scotti
Si vedono i Faraglioni della Madonna
Da quassù si vede la Parata
venerdì 12 gennaio 2018
Ras Immerù confinato a Ponza
Ras Immerù (Immirù) oltre ad essere cugino del Negus di Etiopia, Hailè Selassiè, era il comandante delle forze etiopiche ed anche il suo consigliere. Fu mandato in confino a Ponza.
Così racconta Ernesto Prudente: "Egli raggiunse Ponza il 13 gennaio 1937 con il cacciatorpediniere Aquilone in compagnia del generale Degiac e due inservienti. andò ad abitare a Le Forna ma subito si fece trasferire per le condizioni climatiche dannose alla salute del generale. Gli misero a disposizione la casa Mazzella (il maestro Silverio) situata sulla spiaggia di Santa Maria, ora Pensione Silvia, casa che venne poi, luglio 1943, adibita ad alloggiare Benito Mussolini quando, a seguito della celebre riunione del Gran Consiglio, venne fatto arrestare dal Re.
Il Folchi, nella sua opera "La persecuzione politica a Littoria" afferma che il generale Degiac donò alla statua della Madonna Addolorata, sita nella Cappella dei Conti, una medaglietta d'oro che lui portava al collo in segno di devozione."
Pare che Ras Immerù (Immirù) durante le sue passeggiate sostasse in preghiera proprio davanti alla Cappella dell'Addolorata e gettasse monete attraverso le grate.
Sarebbe interessante saperne di più...
Anche questa è storia...
La casa dove soggiornò Ras Immerù e poi Mussolini sulla spiaggia di Santa Maria
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
La Cappella dell'Addolorata
La Madonna Addolorata all'interno della Cappella
Ras Immerù (Immirù)
(Immagine reperita in rete)
Così racconta Ernesto Prudente: "Egli raggiunse Ponza il 13 gennaio 1937 con il cacciatorpediniere Aquilone in compagnia del generale Degiac e due inservienti. andò ad abitare a Le Forna ma subito si fece trasferire per le condizioni climatiche dannose alla salute del generale. Gli misero a disposizione la casa Mazzella (il maestro Silverio) situata sulla spiaggia di Santa Maria, ora Pensione Silvia, casa che venne poi, luglio 1943, adibita ad alloggiare Benito Mussolini quando, a seguito della celebre riunione del Gran Consiglio, venne fatto arrestare dal Re.
Il Folchi, nella sua opera "La persecuzione politica a Littoria" afferma che il generale Degiac donò alla statua della Madonna Addolorata, sita nella Cappella dei Conti, una medaglietta d'oro che lui portava al collo in segno di devozione."
Pare che Ras Immerù (Immirù) durante le sue passeggiate sostasse in preghiera proprio davanti alla Cappella dell'Addolorata e gettasse monete attraverso le grate.
Sarebbe interessante saperne di più...
Anche questa è storia...
La casa dove soggiornò Ras Immerù e poi Mussolini sulla spiaggia di Santa Maria
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
La Cappella dell'Addolorata
La Madonna Addolorata all'interno della Cappella
Ras Immerù (Immirù)
(Immagine reperita in rete)
martedì 9 gennaio 2018
Le centenarie di Ponza
Nel giro di due mesi tre belle signore di Ponza hanno festeggiato i loro primi cento anni.
Nel mese di novembre la prima a spegnere le candeline è stata nonna Antonietta che abita sopra Giancos. Pochi giorni dopo una bella festa l'ha fatta Rosa Galano di cui ho già scritto in questo blog. Poi qualche giorno fa è stata la volta di nonna Assunta che ha festeggiato circondata da parenti e amici.
Ma a Ponza non è una novità avere dei centenari, qualche anno fa li abbiamo avuti contemporaneamente, proprio come adesso, anzi di più.
Anche nell'Ottocento...
Il Mattei nel suo viaggio a Ponza, nell'aprile del 1847, incontrò un vecchio di 108 anni che, con l'aiuto del suo bastone, ogni giorno dal Borgo di Sant'Antonio, dove abitava, camminando per oltre un chilometro si recava alla Chiesa del Porto per la Messa.
Era talmente lucido da ricordare le origini della colonizzazione di Ponza avvenuta a metà del Settecento.
Il vecchio Giovanni così dice al Mattei: "Credete sia impossibile che in questa età si possa ancora godere florida salute, mangiare e digerire benissimo, e tenere dippiù chiarezza di mente e memoria?..."
Io sono qui, e i libri Parrocchiali stanno là, senza dirvi che tutta Ponza conosce il vecchio Giovanni o per meglio esprimermi sono io che conosco tutti questi Ponzesi ora miei compaesani, i quali dal primo all'ultimo ho visto nascere, e i loro figli de' figli...
Per la memoria, se vi aggrada, posso darvene un saggio"
E comincia a raccontare...
Il vecchio Giovanni dice anche che è arrivato a quell'età perchè si ciba di cose sane come il pesce, i legumi, gli ortaggi e poca carne...che a Ponza l'aria è pura e basta fare un pò di movimento.
Anche il Tricoli a proposito di centenari ha da dire qualcosa...
Nella Monografia del 1855, descrivendo la popolazione di Ponza, scrive di un uomo di 103 anni, Giovanni Tagliamonte e una donna di 102, Anna Tagliamonte che appartenevano alla sua famiglia materna.
Un mio antenato, Evangelista Feola, raccontava nonno Peppino, è vissuto fino a 104 anni.
Nonna Antonietta di sopra Giancos ha festeggiato cento anni nel mese di novembre
Rosa Galano anche lei ha festeggiato a novembre
Assunta Cristo ha festeggiato il sei gennaio
(Le foto sono di Rossano Di Loreto)
Il vecchio Giovanni di 108 anni incontrato dal Mattei nell'aprile del 1847
Nel mese di novembre la prima a spegnere le candeline è stata nonna Antonietta che abita sopra Giancos. Pochi giorni dopo una bella festa l'ha fatta Rosa Galano di cui ho già scritto in questo blog. Poi qualche giorno fa è stata la volta di nonna Assunta che ha festeggiato circondata da parenti e amici.
Ma a Ponza non è una novità avere dei centenari, qualche anno fa li abbiamo avuti contemporaneamente, proprio come adesso, anzi di più.
Anche nell'Ottocento...
Il Mattei nel suo viaggio a Ponza, nell'aprile del 1847, incontrò un vecchio di 108 anni che, con l'aiuto del suo bastone, ogni giorno dal Borgo di Sant'Antonio, dove abitava, camminando per oltre un chilometro si recava alla Chiesa del Porto per la Messa.
Era talmente lucido da ricordare le origini della colonizzazione di Ponza avvenuta a metà del Settecento.
Il vecchio Giovanni così dice al Mattei: "Credete sia impossibile che in questa età si possa ancora godere florida salute, mangiare e digerire benissimo, e tenere dippiù chiarezza di mente e memoria?..."
Io sono qui, e i libri Parrocchiali stanno là, senza dirvi che tutta Ponza conosce il vecchio Giovanni o per meglio esprimermi sono io che conosco tutti questi Ponzesi ora miei compaesani, i quali dal primo all'ultimo ho visto nascere, e i loro figli de' figli...
Per la memoria, se vi aggrada, posso darvene un saggio"
E comincia a raccontare...
Il vecchio Giovanni dice anche che è arrivato a quell'età perchè si ciba di cose sane come il pesce, i legumi, gli ortaggi e poca carne...che a Ponza l'aria è pura e basta fare un pò di movimento.
Anche il Tricoli a proposito di centenari ha da dire qualcosa...
Nella Monografia del 1855, descrivendo la popolazione di Ponza, scrive di un uomo di 103 anni, Giovanni Tagliamonte e una donna di 102, Anna Tagliamonte che appartenevano alla sua famiglia materna.
Un mio antenato, Evangelista Feola, raccontava nonno Peppino, è vissuto fino a 104 anni.
Nonna Antonietta di sopra Giancos ha festeggiato cento anni nel mese di novembre
Rosa Galano anche lei ha festeggiato a novembre
Assunta Cristo ha festeggiato il sei gennaio
(Le foto sono di Rossano Di Loreto)
Il vecchio Giovanni di 108 anni incontrato dal Mattei nell'aprile del 1847