Verso la metà dell'Ottocento all'isola di Ponza iniziò la costruzione di una chiesa in località Sant'Antonio ma non fu mai terminata.
Pagine
venerdì 29 novembre 2024
La chiesa intitolata all'Immacolata
mercoledì 27 novembre 2024
domenica 24 novembre 2024
Il munacièllo a bordo
Questo racconto è tratto dal libro di Silverio Mazzella "Le ore del giorno, i giorni dell'anno, gli anni della vita" in cui Bersila Iodice, figlia del pescatore Aniello, uno dei protagonisti, così ricorda:
"Mio padre Aniello era imbarcato sul gozzo di Ciancanella, armatore di Le Forna, e pescava le aragoste nell'isola di Iàlde (L'isola de La Galite, al largo della Tunisia), per mandarle poi a Ponza o a Marsiglia con i motovelieri chiamati burchièlle (velieri - vivaio con parte della stiva inondata d'acqua perchè dei fori praticati sulla fiancata ne permettevano il ricambio continuo per conservare vivo il pescato)"
Dopo la faticosa giornata di lavoro, con la barca ormeggiata il quello che era un porticciolo di fortuna, l'equipaggio aveva trovato rifugio in quella grotta - magazzino che i primi coloni provenienti dall'isola di Ponza avevano faticosamente scavato là dove la spiaggia finisce e inizia la parete del monte. Aniello si svegliò in piena notte per fumare la pipa, come sua abitudine, e per questo litigava spesso con la moglie.
Il mare era calmo, la barca dondolava pigramente al chiarore della luna che splendeva alta e piena nel cielo, quel cielo lontano mille miglia dalla sua isola, dalla sua casa.
Ciancanella dormiva e fuori c'era una calma quasi irreale.
"Seduto in silenzio in quel giaciglio improvvisato fu attratto da un'ombra furtiva. Rimase in silenzio senza muoversi mentre i suoi compagni dormivano, capobarca compreso. Aniello osservò con attenzione per capire se fosse un ladro perchè una figura esile e minuta come un bambino e con un berrettino in testa si avvicinò a Ciancanella per svegliarlo. Parlottarono sottovoce. Riuscì a capire solo qualche frase: - "Ti avevo detto di non venire; lo sai che ora non pescherai molto!" - "Lo so, ma non potevo fare a meno di venire a pescare qui".
Poi quella misteriosa figura uscì dalla grotta e si allontanò inghiottito dal chiarore lunare. Non fu facile il giorno dopo per Aniello sapere la verità su quell'incontro. Dopo reiterate insistenze il mistero fu svelato: - "Era il munacièllo che vive sulla mia barca da molto tempo." confessò Ciancanella - "purtroppo è un munacièllo povero, non mi dà ricchezza, però mi aiuta nella pesca e nel remare"
E Aniello: "Ecco perchè quando noi remiamo in due sulla nostra barca non riusciamo mai a raggiungerti, tu non remi da solo, ti aiuta il munacièllo!"
La spiaggia di La Galite, 1939
venerdì 22 novembre 2024
Ancora maletièmpe all'isola di Ponza
All'isola di Ponza, come in altre parti d'Italia, è ancora maletièmpe.
In queste foto si vede la forza delle onde che s'infrangono sugli scogli.
Isola di Ponza, Cala Fonte, 21 novembre 2024, foto di Annalisa Sogliuzzo
giovedì 21 novembre 2024
Maletièmpe all'isola di Ponza
Mare arrabbiato, onde altissime, vento forte di ponente. E' la forza della natura.
Isola di Ponza, Chiaia di Luna, 20 novembre 2024, foto di Rossano Di Loreto
mercoledì 20 novembre 2024
I Faraglioni del Calzone Muto
L'isola di Ponza, nell'Arcipelago Ponziano, è costellata da scogli e Faraglioni. Nel versante orientale oltre ai Faraglioni della Madonna ci sono anche quelli del Calzone Muto.
Anticamente il Faraglione più alto veniva chiamato Cappièlle poi venne ribattezzato Calzone Muto per una pietra bianca incastonata nella roccia dalla forma di pantaloni.
Le rocce testimoniano l'origine vulcanica.
domenica 17 novembre 2024
Beatrice, la sartina ponzese nella Valdarno
Nei primi anni del '900 all'isola di Ponza c'erano i relegati della Compagnia di Disciplina, soldati che durante la guerra si erano resi colpevoli di propaganda sovversiva. Finì a Ponza anche Enrico Rossini, proveniente da una famiglia di contadini socialisti, la sua colpa era quella di aver cantato nella camerata della caserma Bandiera Rossa.
Enrico però a Ponza trovò l'amore e si sposò. Era toscano, di un paese vicino ad Arezzo.
Ecco la sua storia raccontata da un pronipote, Antonio Usai.
"La notte, i militari della Compagnia di disciplina dormivano nel carcere borbonico, situato sulla collina della Madonna. Di giorno, uscivano quasi soltanto per andare a lavorare. Furono impiegati come uomini di fatica nella realizzazione di importanti opere pubbliche. Si ricordano, tra le tante, la sistemazione della strada camionabile sterrata che collegava il rione del Porto con Le Forna e il consolidamento dell'antico tunnel romano di Santa Maria.
Giunto a Ponza, in caserma nell'antica Torre dei Borboni, ad Enrico fu consegnata una divisa militare un pò abbondante. Lui era alto e magro e con quel vestito sembrava uno spaventapasseri. La prima volta che andò in libera uscita si recò in una bettola sul porto per bere un bicchiere di vino con gli amici.
I Montella vendevano vino al minuto nella loro abitazione ma, su richiesta, preparavano anche i piatti unici della tradizione culinaria napoletana. Si trattava in genere di cibi semplici: pane o gallette bagnate con pomodoro, origano, olio, acciughe o tonno fatto in casa; rotondi in carpione o polpi lessi in insalata; minestre di verdure, pastasciutta al pomodoro e basilico.
Il giovane soldato chiese al gestore se conoscesse un sarto in grado di rendere più accettabile la sua divisa grigioverde. Antonino Montella rispose che la sua figlia maggiore, Beatrice, la cameriera, era anche una brava sartina. La ragazza, su invito del padre, prese le misure al giovanotto, sotto l'occhio vigile di mamma Antonia, detta 'Nduniella.
Il giorno dopo, di buon mattino, Enrico consegnò la divisa alla graziosa sartina, ma prima infilò nella tasca dei pantaloni un bigliettino con alcune frasi d'amore scritte per lei. Bice trovò casualmente il biglietto, lo lesse furtivamente con gli occhi pieni di gioia, lo ripiegò e poi lo rimise al suo posto.
Il giorno convenuto, Enrico passò a ritirare il vestito. Era curioso di vedere come si sarebbe comportata la ragazza nei suoi confronti. Rimase deluso perchè Beatrice assunse un atteggiamento piuttosto distaccato, molto professionale. Allora le chiese sfacciatamente se avesse letto il suo messaggio. Lei mostrò indifferenza e rispose negativamente. Non voleva dare soddisfazione al giovane spasimante!
Con la divisa ben modellata, Enrico sembrava un figurino! Era un bel giovane, alto, robusto, sempre allegro, ironico e simpatico. Tutti i giorni si recava dai Montella per bere un bicchiere di vino bianco del Fieno o di Santa Maria, ma l'interesse maggiore era per Beatrice. Gli garbava osservarla mentre versava il vino nei bicchieri degli avventori. Trovava intrigante la sua cantilena napoletana e provava una certa emozione quando riusciva a scambiare qualche parola con lei.
La ragazza mostrava di gradire il corteggiamento. Enrico era diventato amico di papà Antonino e dei suoi figli più grandi (...). Con tono scherzoso gli diceva: "Quando mi dai tua figlia? L'oste rispondeva sempre allo stesso modo: "Non è per te!"
Terminata la guerra e scontata la relegazione, il 20 novembre 1924 Beatrice ed Enrico si sposarono nella chiesa della S.S. Trinità di Ponza. Enrico lavorava nell'edilizia, fece qualsiasi lavoro, anche il facchino del porto.
"Enrico era una persona buona, generosa, allegra, di compagnia, che trascorreva il tempo libero nelle poche osterie del porto. Amava il gioco delle carte e la passatella. Era un forte bevitore di vino e spesso i compagni si divertivano a farlo ubriacare. In un certo periodo fu preso di mira da alcuni giovinastri che si trovavano sull'isola, probabilmente al domicilio coatto. Sembra che uno di loro avesse messo gli occhi sulla giovane moglie Bice. Per fargli dispetto, quando lo incontravano per strada lo canzonavano, se poi reagiva lo massacravano di botte. Stanco di subire angherie, un giorno Enrico sporse denuncia alle forze dell'ordine. D'intesa con lui, una sera i carabinieri si appostarono nei pressi della galleria di Santa Maria, con l'intento di cogliere sul fatto gli aggressori. Era buio pesto. Enrico era appena uscito dal tunnel quando i soliti noti si avvicinarono per insultarlo. Lui reagì e quelli gli saltarono addosso. Nella colluttazione uno degli aggressori tirò fuori un coltello e assestò un colpo al petto del malcapitato con l'intenzione di ucciderlo. Fortunatamente la lama fu deviata dal portamonete di cuoio che Enrico teneva nel taschino della giubba. La lama si conficcò nell'addome anzichè nel cuore e il giovane cadde a terra in una pozza di sangue. Per evitare un secondo colpo, impugnò a sua volta il coltello che portava sempre con sè e vibrò alcuni fendenti in aria. La tragedia si consumò sotto gli occhi dei carabinieri. Uno degli assalitori, colpito a morte, emise un urlo straziante di dolore, barcollò e poi crollò a terra senza vita. Al processo penale fu riconosciuta la legittima difesa, anche sulla base della testimonianza dei Carabinieri. Enrico non fu mandato in prigione ma l'incidente rimase scritto per sempre nel casellario giudiziale. Con l'arrivo dei figli diventò sempre più difficile per Beatrice far quadrare il bilancio familiare. A Ponza erano numerose le famiglie povere perchè c'era poco lavoro e la terra era poco fertile.
La presenza dei confinati politici oppositori del regime fascista non contribuiva a migliorare la qualità della vita dei ponzesi.
(...) Alla fine degli anni Venti, Enrico lasciò la famiglia per lavorare alla bonifica dell'Agro Pontino. In quel periodo egli fu protagonista di un episodio che avrebbe potuto avere rilevanza storica: salvò - nientedimeno! - la vita al Duce!
Mussolini stava percorrendo un viottolo di campagna alla guida di una motocicletta, senza scorta, forse reduce da un incontro amoroso clandestino, quando ad un tratto perse il controllo del mezzo e uscì di strada. Cadde in un fossato pieno d'acqua e di fango e rischiò di annegare.
Enrico si stava dirigendo da solo, a piedi, verso una cantina sociale poco distante dalle baracche del cantiere per acquistare il vino per la cena. L'incidente stradale accadde improvvisamente a pochi passi da lui. Senza pensarci su, si avvicinò all'uomo e l'aiutò a uscire dal fosso. Era tutto bagnato e sporco ma non aveva niente di rotto. La luna illuminava a malapena la notte. Non lo riconobbe.
Lo sfortunato motociclista ringraziò il giovane soccorritore. Prima di riprendere la sua strada volle sapere da lui nome, cognome e recapito postale.
Sentendo la sua parlata toscana chiese il motivo che lo avesse condotto in quelle paludi malsane. Poi ripartì a bordo della motocicletta un pò ammaccata ma ancora efficiente. Nei giorni successivi, Mussolini andò a trovare Enrico. Si presentò e gli disse: "Se avrai bisogno di me, scrivimi a Roma ed io ti aiuterò. Mi hai salvato la vita ed io non lo dimenticherò".
Il Duce mantenne la parola data: tutte le volte che Beatrice chiese un sussidio lo ottenne. Provvedeva lui direttamente, tramite la sua segreteria, oppure faceva intervenire donna Rachele.
Molti anni dopo, ripensando a quell'episodio, Enrico, memore della tradizione familiare socialista, osservando le macerie prodotte dalla guerra e la miseria in cui versava gran parte della popolazione, era solito ripetere: "Se avessi saputo che quel signore che stava annegando nel fango era Mussolini, l'avrei spinto ancora più giù, così avrei evitato all'Italia e agli italiani tante sciagure"".
(La storia di Beatrice, la sartina ponzese, è tratta dal libro di Gino Usai "PONZA CARCER ILLUSTRIUM" ed è frutto della ricerca di suo fratello Antonio)
Nota:
Beatrice Montella, detta Bici, sposò Enrico Rossini il 20 novembre 1924. Era la sorella di Michelina la nostra amata bidella della scuola elementare. Da Ponza poi si è trasferita con la famiglia in Toscana.
Un pò di foto di quella Ponza del passato che non c'è più
Nella prima c'è la Torre dei Borboni dove Enrico Rossini trascorreva la notte, purtroppo non ci sono foto di Beatrice.
venerdì 15 novembre 2024
Un importante documento
Nel libro di Silverio Corvisieri "All'isola di Ponza" , a pagina 236, si accenna alla Società di Mutuo Soccorso "Duca degli Abruzzi" , una organizzazione creata nel febbraio 1912.
Il compianto Franco Schiano pubblicò nel dicembre 2020 questo importante documento che aveva trovato nell'Archivio di Stato di Caserta.
A questa Società aderirono 188 ponzesi tra contadini, pescatori, marinai, calzolai...
Ci sono anche i miei nonni, Giuseppe (Peppino) Iacono, Salvatore Conte, i miei bisnonni, Placido Conte e Pasquale Mazzella, marittimo (tra gli amministratori della Società).
Del bisnonno Pasquale Mazzella, di Francescantonio, padre di nonna Assunta, non ho foto, so solo che è nato a Napoli nel 1859 ed è deceduto forse nel 1921.
Portò questa idea a Ponza lo spedizioniere Silverio De Luca fu Erasmo e lo scopo, forse, non era di tipo previdenziale ma doveva essere una cooperazione tra di loro, come avere dei prestiti, acquistare merce a prezzi ridotti...
Lo Statuto non è stato ritrovato.
Franco Schiano mi contattò per avere notizie dei miei nonni ed il bisnonno e gli inviai delle foto. Contava di raccogliere informazioni sugli altri ponzesi e poi pubblicarle ma forse non ha fatto in tempo.
Che peccato!
Il documento
mercoledì 13 novembre 2024
La Cattedrale di Palmarola
Nell'isola di Palmarola, nell'Arcipelago Ponziano, ci sono delle rocce imponenti che somigliano ad una Cattedrale gotica.
Questo insieme di rocce maestose custodiscono all'interno delle spiaggette e davanti il mare splendido di Palmarola.
I ponzesi, un tempo, chiamavano questo luogo "Sènghe i tramuntane" cioè fessure di Tramontana.
La Cattedrale, foto di Dimitri Scripnc, maggio 2021
La Cattedrale, foto di Rossano Di Loreto, luglio 2018
lunedì 11 novembre 2024
Il cutter Elisabetta
Il cutter Elisabetta era del papà di nonna Assunta, il mio bisnonno Pasquale Mazzella.
Credo che mia madre Elvira non l'abbia mai conosciuto poichè è scomparso, forse, nel 1921 e non so quasi niente di lui, solo che è nato a Napoli, credo, nel 1859.
Il cutter Elisabetta fu registrato al compartimento di Gaeta il 10 giugno 1909.
Nel 1929 dopo il decesso di Pasquale Mazzella il cutter passò ai suoi eredi, i figli Maria Giuseppa, Silverio, Assunta (mia nonna), Elisabetta ed alla moglie Maria Antonia Mazzella.
Gli eredi, le figlie Maria Giuseppa, Assunta, Elisabetta e la vedova Maria Antonia rinunciarono a favore di Silverio.
Il cutter, cottero in dialetto ponzese, era un'imbarcazione adibita al trasporto di merce varia tra Ponza ed il continente.
Purtroppo non ho trovato foto del cutter Elisabetta del bisnonno Pasquale Mazzella
(Notizie e foto attinte dal libro di Silverio Mazzella "Ponzesi gente di mare. Storie di barche, di pesca, di navigazione")
Un cutter ponzese con il gran pavese il giorno di San Silverio del 1921
Cutter di fine '800 al porto di Ponza