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venerdì 30 settembre 2022

Il marrobbio raccontato da Ernesto

 "Nome usato per indicare rapide variazioni del livello del mare dovute al temporaneo svuotamento e accumulo di acqua lungo la costa. Sono prodotte dall'azione del vento e dalla depressione atmosferica.

...Ho vissuto in prima persona un fenomeno simile...

Nell'ambito portuale c'era la fine del mondo! La salsedine la faceva da padrone rendendo tanto opaco l'ambiente da togliere la visibilità anche alle cose vicine. Le luci dei riflettori, su ogni barca c'era uno acceso, diffondevano un velo giallastro. Su ogni barca c'era gente. Per arrivare al molo Musco, dietro la Caletta, dove Giuseppe Valiante aveva la sua barca, attraversammo Corso Pisacane.

La banchina di Fazio e, meglio ancora la Banchina Mamozio, per le tante piccole barche che vi erano state ammucchiate, non consentiva il transito di un automezzo, Giuseppe guidava veloce e capii il suo stato d'animo quando arrivammo dietro la Caletta.

Che spettacolo! Il vento da scirocco e levante era forte e teso. I cavalloni si infrangevano contro la scogliera, che ne limitava la libertà, e gli spruzzi, determinati dall'impatto, "s'annariavene" cadendo, poi, come un piovasco. C'erano diverse persone e tutte indossavano indumenti antipioggia, con il cappuccio o berretto talmente calato sulla testa da non consentire di riconoscerle. Guardai attentamente le barche che, sospinte dalla risacca, superavano di molto la superficie della banchina. All'improvviso mi sentii gli stivali pieni d'acqua. Il livello del mare si alzava di oltre un metro e inondava la banchina per poi riversarsi dal lato del porto. Pensavo che fosse acqua di ondate.

Mi resi conto della situazione e dissi a Giuseppe che non era possibile doppiare la testata del molo per entrare nel porto. I marosi erano talmente grossi e prepotenti che avrebbero affondato la barca, senza ombra di dubbio. Emilio, il fratello che avrebbe dovuto aiutarlo nell'impresa, manifestò apertamente sintomi di paura.

Consigliai di tirarla nel piccolo scalo d'alaggio che si trova nella banchina della Caletta e nell'aiutarli a salire a bordo diedi il mio coltello a Giuseppe dicendogli: "potrebbe essere utile". E così fu, quando, tra le tante barche e tra le tantissime cime, una di queste si avvolse nella sua elica. Notai che non era in condizione di dipanarla e subito gli gridai: "taglia e annoda", cosa che fece immediatamente usando il mio coltello. Chiamai a raccolta la gente che operava intorno alle proprie barche, che immediatamente accorse, e aiutammo Giuseppe a far mettere il muso della sua barca nello scivolo e a tirarla all'asciutto. Operazione che venne subito seguita da altre barche. Finita questa operazione mi ritrovai, come gli altri, il pantalone inzuppato fino ai ginocchi. Mi tolsi gli stivali per sgottarli dell'acqua che continuamente vi penetrava. Mi fermai sul ciglio banchina per rendermi conto di questo strano fenomeno. Il mare, il vento e, di tanto in tanto, qualche scroscio di pioggia da scirocco inondavano Ponza. 

Risacca a non finire tanto da diventare un tormento per le barche ancora ormeggiate. Quel repentino sommovimento del mare che riusciva a svuotare la Caletta creava una scena surreale a cui volevo dare una spiegazione. Posi l'attenzione di alcuni amici, marinai e pescatori, sul piccolo specchio d'acqua della Caletta che quando si prosciugava le imbarcazioni si poggiavano su un fianco. Tutti affermavano che non avevano mai visto uno spettacolo del genere. E neanche io ero stato spettatore di una simile manifestazione e nè mai ne avevo sentito parlare. Ben altra cosa è la bassa marea che viene a prodursi anche per  miglia e miglia in alcune zone della terra. Questo era un fenomeno nuovo, una manifestazione irreale che mi venne confermata da quello che vidi, poi, sempre con Valiante mentre ci dirigevamo a Santa Maria per vedere i pescherecci, tirati a secco, come se la stavano cavando in quel trambusto. Il tratto di strada Galleria - Centrale elettrica era zeppo di pietrame, bottiglie e barattoli e tanti altri piccoli oggetti, legname compreso. Il motorista di turno in Centrale  ci disse che era stato il mare a depositarli. "Non i cavalloni ma l'acqua dell'alta marea che aveva superato l'arco che sta sotto il grottone ed era arrivata fino alla nostra porta."

Quando alcuni giorni dopo, incontrai Silverio Vitiello, il comandante del Maddalena e gli raccontai di quanto ero stato testimone, mi spiegò che quella specie di marea anomala e tempestosa era dovuta ad una rapida variazione del livello del mare e al temporaneo accumulo di acqua presso la costa determinati dall'azione del vento e dalla depressione atmosferica. 

Quel fenomeno va sotto il nome di "marrobbio". Quello che in seguito causò la morte di centinaia di migliaia di persone, nel sud - est asiatico, di intensità maggiore, imparammo a chiamarlo Tsunami."

(Racconto tratto da "ALFAZETA" di Ernesto Prudente)












Una tempesta all'isola di Ponza 
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

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