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domenica 24 ottobre 2021

L'isola di Palmarola descritta dal Graeser alla fine dell'Ottocento

 Carl Graeser nel suo "Aus Indien und Italien" racconta il suo viaggio nelle isole del nostro Arcipelago avvenuto verso la fine dell'Ottocento.

In questo brano racconta la sua visita all'isola di Palmarola. Ecco la sua descrizione:

"...Sono circa le nove: passiamo davanti alla Punta di Mezzogiorno, tra le dentate rupi trachitiche chiamate "due Fratelli" modellate bizzarramente dal vento e dal mare.

Siamo all'estremo lembo sud dell'isola di Palmarola che è una piccola copia dell'isola di Ponza: un pò meno alta (con il monte Guarnieri alto 180 metri).

E' formata in prevalenza da tufi e lave vulcaniche dei vari colori; in un punto della costa occidentale dov'è l'approdo, luccica un filone nero come la pece, che riga la roccia gialla: è l'ossidiana.

C'è quasi aria di festa in questo breve viaggio lungo la costa silenziosa dove rocce scure si alternano a baie di finissima sabbia. Colonne di pietra bruna agli ingressi di grotte buie formano alte pareti costituite da massi simili a tronchi di quercia. Rondini guizzano come ombre sulle balze di tufo chiazzate di mirti.

Verso l'approdo c'è un faraglione detto Scoglio di Silverio sul quale biancheggia il rudere di una antica cappella. Si dice che l'abbia fatta costruire lo stesso papa Silverio durante la sua relegazione. Oggi è venerato come santo e martire.

Ma la storia è un pò strana. Al tempo cui ci riferiamo le lotte di religione sono passate. Sotto Giustiniano i conflitti interni cominciano a fiaccare la Chiesa. Teodora, elevatosi da prostituta a imperatrice, si schiera con l'antipapa Vigilio e fa catturare Silverio esiliandolo in queste isole dove si spegne.

Così le isole ebbero l'onore di un papa e un faraglione ne prese il nome. Persino un concilio, benchè ristretto nel numero dei partecipanti, fu tenuto dal papa confinato nel 539.

Sulle colline presso l'approdo abitano alcune famiglie. Hanno scavato le loro dimore incavandole nella roccia, così come hanno fatto i coloni di Le Forna, pure loro dei veri cavernicoli.

Qui a Palmarola coltivano la vite, grano e patate. Ma tutto ciò che producono è bastevole appena per sopravvivere e d'inverno devono essere provvisti da Ponza, spesso con il pericolo della vita.

Sono uomini robusti, taciturni, dai volti duri come fossero intagliati nel legno. Vengono e vanno, qui, senza levatrice e senza dottore!

"A bestia! a bestia!", digrignando i denti una donna bruna mi grida quasi e mi racconta di come questa primavera il monte si è scosso ed ha distrutto tutti i terrazzi coltivati a vite, ricavati faticosamente durante i lunghi anni.

"A bestia!", continua a ripetere, digrignando ancora i denti e serrando i pugni nerboruti verso il monte, come a maledirlo.

Il marito è emigrato in Argentina per "guadagnare i soldi". "Ma anche là c'è solo truffa", e accompagna le parole con un gesto sdegnoso della mano. Mi dà gentilmente dell'acqua e non accetta denaro."

Nota:

Carl Graeser, svizzero, laureato in Medicina, ricercatore sulle malattie tropicali, dopo essere stato in India si stabilisce a Napoli e da qui visita l'Arcipelago Ponziano

Altra nota:

"A bestia" a cui riferisce la donna a Palmarola presumo siano le scosse di terremoto avvenute in queste isole tra novembre e dicembre del 1892


Queste splendide foto dell'isola di Palmarola sono di Dimitri Scripnic, maggio 2021

















































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