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mercoledì 7 aprile 2021

L'avventura di Capitan Giuseppe e del suo equipaggio nell'Ottocento

fatti risalgono al 1855/56 e tramandati oralmente per cui alcuni particolari possono essersi distorti negli anni e nella memoria.

Il capitano Giuseppe Conte nato all'isola di Ponza nel 1826 aveva una discreta flottiglia di pescherecci che stanziavano principalmente tra Ponza, isole della Maddalena e Carloforte, in quei tempi Regno di Sardegna. Giuseppe con le sue barche fu obbligato a seguire le navi del Regno trasportanti le truppe al comando di La Marmora, i ponzesi trasportavano le salmerie e dovevano garantire con la pesca il pranzo ai soldati . Giuseppe con il suo Burchiello non partecipava direttamente alla pesca la coordinava e poi organizzava il trasporto agli accampamenti. Questa funzione lo teneva spesso lontano dalla piccola flottiglia di pescherecci. Un giorno mentre tra le truppe infuriava il colera, per evitare il contagio si allontanarono dalle navi del Regno, ma purtroppo furono assaliti dai turchi e fatti prigionieri. Il Burchiello fu fatto tirare in secco sulla spiaggia di una piccola isola dell'Egeo e l'equipaggio ponzese tratto in prigione sotto la custodia di un turco di lignaggio e di pochi soldati. L'isola era lontana da qualsiasi costa dell'Impero Ottomano per cui con il passare dei mesi furono dimenticati dal potere centrale. Dopo un paio di anni il capo dei carcerieri si ammalò di una grave infezione agli occhi che si iniettarono di sangue togliendogli quasi totalmente la vista. Capitan Giuseppe pensò di sfruttare la situazione, anche perché la guarnigione era molto misera, per cui andò dal Cadì offrendogli un medicamento di sua conoscenza e se fosse riuscito a guarirlo del suo male avrebbe ottenuto la liberazione. Il carceriere accettò ed esaudì la richiesta circa la fornitura di una grossa pentola e di alcuni chili di peperoncini piccanti ma di quelli forti. Riuniti i suoi marinai fece raccogliere dell'erba corallina, triturarono i peperoncini , riempirono la pentola delle loro urine. A questa unirono i peperoncini e l'erba corallina misero tutto al fuoco per molte ore finché l'intruglio si ridusse ad una poltiglia nauseabonda. La fecero raffreddare, la posero in un vasetto ed andarono dal loro carceriere, lo invitarono a spalmare sugli occhi l'unguento. Giuseppe sperava che il Cadì divenuto cieco completamente per effetto dell'intruglio non sarebbe stato più in grado di sorvegliare la spiaggia e quindi avrebbero potuto sopraffare i pochi carcerieri e fuggire. Il Cadì spalmò sugli occhi aperti l'intruglio e subito dopo proruppe in grida laceranti dando l'allarme gridando che lo avevano accecato, si tuffò in una vasca d'acqua cercando di togliersi l'impiastro dagli occhi. Dopo lunghi tentativi puliti per bene gli occhi le grida di dolore e allarme si tramutarono in grida di gioia e lode a Maometto. Gli occhi non avevano più traccia di sangue e lui ci vedeva benissimo. Mantenne la promessa fatta si recò dal Pascià ed ottenne la liberazioni di capitan Giuseppe e del suo equipaggio. Fece calafatare il Burchiello e prima di lasciarli partire regalò a Giuseppe un grandissimo scialle in seta marrone ed oro con una lunga frangia. Quello scialle esiste ancora ed è molto delicato, avrebbe bisogno di un restauro.




Imbarcazioni nel porto di Ponza

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)


La licenza per il comando di barche da pesca rilasciata a Giuseppe Conte nato a Ponza il 6 settembre 1826. E' stata rilasciata dal Ministero della Marina il 31 marzo 1865 per andare in alto mare e all'estero, Mediterraneo.


Le isole del Mar Egeo

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