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domenica 7 gennaio 2018

Il bucato ai tempi delle nostre nonne

Oggi in ogni casa c'è la lavatrice, in alcune anche l'asciugatrice e i panni si lavano quotidianamente. Un tempo fare il bucato era un vero rito ed era molto faticoso.
Così racconta Ernesto Prudente: "Il bucato era una operazione che in qualsiasi casa si faceva ogni quindici giorni o ogni mese. Essa consisteva nella lavatura della biancheria con acqua bollente, sapone, liscivia ed altri detersivi con rami di piante e radici odorose.
La biancheria per il bucato consisteva nel molteplice degli indumenti intimi e nel complesso dei panni di uso domestico: biancheria da letto: lenzuola e federe; biancheria da tavola:tovaglie e tovaglioli; biancheria da bagno: asciugamani e similari.
Il "cufunature" era il recipiente in muratura a forma tronco-conica con la base in alto. Aveva una altezza superiore al metro e mezzo e con diametro, nella parte alta, di oltre un metro che andava assottigliandosi nella parte inferiore fino a 25 centimetri.
Nella parte inferiore vi era una nicchietta, capace di contenere un secchio, con un piccolo condotto da cui poteva uscire la lisciva che vi era stata immessa.
Il "cufunature" serviva per fare a culate ed il bucato era la lavatura generale di ogni tipo di biancheria. Era un lavoro massacrante, un lavoro di polsi e braccia. Era un continuo salire e scendere dal tetto con il peso di una conca piena di panni bagnati. I panni stesi bisognava capovolgerli per farli asciugare bene e poi intere giornate con il ferro da stiro in mano.
Quando una donna accusava dolori fisici le si diceva: "E' fatte àsteche è lavatore è mò chiagne u cufunature" ( hai fatto tetti e lavatoi ed ora piangi davanti al cufunature). Si voleva far notare che era stata poco attenta alla sua salute."
"...I panni sporchi venivano ammucchiati vicino al lavatoio e si dava inizio al procedimento.
Il panno, lenzuolo o fazzoletto che fosse, veniva immerso nell'acqua e insaponato. Successivamente veniva stropicciato fortemente sul piano inclinato del lavatoio e, spremuto, veniva immesso nell'altra vasca per lo sciacquaggio.
Finito il lavaggio e lo sciacquaggio i panni strizzati venivano "ncufanate", cioè venivano aperti e stesi nel cufunature seguendo un certo ordine. Quelli più delicati venivano posti per ultimi. I panni così sistemati venivano coperti con un panno di juta cennerale, che aveva la funzione di far filtrare la lisciva trattenendo la cenere da cui il nome."
"...Quando si sistemavano i panni nel cufunature l'acqua, nella grossa caldaia di rame, già era in ebollizione. In essa vi si metteva la cenere che si ricavava dalla bruciatura delle foglie secche di agave."
"...A scolatura completa i panni venivano tolti dal cufunature e immersi nuovamente nei lavatoi per lo schiaraggio.
Strizzati venivano stesi al sole ad asciugare. 
Infine, stirati e piegati, venivano riposti negli scaffali. Un mazzetto di "spicandosse", lavanda, per profumarli, non mancava mai in ogni tiretto."



Bucato steso ad asciugare a Le Forna



Bucato steso in via Nuova a Ponza



Panni stesi giù alla Banchina di Fazio

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



Spicandosse (lavanda) per profumare il bucato

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