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giovedì 17 settembre 2015

Partono i bastimenti...

Il problema della migrazione sta esplodendo in tutta Europa in questi ultimi tempi.
E' un vero e proprio esodo.
Scappano dal loro paese perchè c'è la guerra, sono perseguitati, non solo per la povertà.
Anche gli italiani, soprattutto nel primo Novecento, hanno lasciato l'Italia creando un notevole flusso migratorio verso l'America.
Quest'anno, a Ponza, c'è stata proprio una mostra dedicata a questo fenomeno.
Peccato che sia stata poco visitata perchè era davvero interessante.
Forse è stata poco pubblicizzata.
Però sarebbe stato bello se all'interno ci fosse stata una sezione dedicata ai ponzesi emigrati.
Anche da Ponza c'è stato un grande flusso migratorio non solo verso gli Stati Uniti, ma anche verso l'America Latina soprattutto l'Argentina.
Così scrive Ernesto Prudente nel suo libro Miscellanea: "...Ne prese una a caso e se la mise davanti per leggere. "Italiani a New York" era il titolo.
Incominciò a leggere: "Nel 1950 la città più popolata di italiani era New York non Roma, Milano o Napoli, si calcolava che tra "paisani" partiti alla disperata, tra la prima e la seconda guerra mondiale, tra i loro figli e loro nipoti, nati sotto i grattacieli di Manhattan, vivessero circa tre milioni di persone do sangue italiano. La "pipeline" umana di contadini napoletani, siciliani, lucani, calabresi senz'altra dote se non la forza delle braccia e la volontà nel lavoro aprì i suoi rubinetti agli inizi del secolo passato, quando New York chiedeva continuamente manovalanza necessaria per i suoi lavori pubblici e per le costruzioni edili che l'avrebbero ingigantita. Gli italiani accorsero a frotte."
Non ebbe bisogno di leggere l'intera pagina per capire quello che descriveva. Lo prevedeva perchè lo sapeva. Glielo avevano raccontato quei tanti ponzesi che, anche loro, sin dall'inizio del secolo, erano passati in quel tubo arrugginito ed erano ritornati nella loro isola per godersi il meritato riposo dopo anni e anni di lavoro in galleria per estrarre minerali o nello scavamento di terreno per porre le fondamenta di nuovi palazzi. Erano quelli che mettevano la pentola sul fuoco una volta la settimana. Lo aveva sentito dalla viva voce di tanti altri ponzesi, quelli che avevano deciso di continuare a vivere negli Stati Uniti dove avevano trasferito la loro famiglia e che, di tanto in tanto, ritornavano a Ponza. Li aveva visti di persona quando aveva accompagnato, nell'immediato dopoguerra, un cugino in partenza dal porto di Napoli. Salivano la scala dell'Andrea Doria con in mano una valigia di cartone tenuta chiusa dallo spago. Li aveva visti salutare, straziati, dalla ringhiera della passeggiata della nave, i parenti che stavano sulla banchina. La crudeltà del distacco era testimoniata, oltre che dalle lacrime, da quel lento sventolio di fazzoletti che non nascondeva, ne poteva nascondere, la forte e profonda commozione.
Erano troppi sulla loro piccola isola."

Un po' di foto di Marianna Licari.










































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