Molto spesso le nostre isole vengono chiamate Arcipelago Pontino ma non è questa la definizione giusta.
Ernesto Prudente, grande cultore della storia isolana, si arrabbiava molto e spiega bene il perchè della definizione Arcipelago delle isole Ponziane.
Ecco cosa scrive: "A questo arcipelago, sin dall'antichità, per qualificarlo, è stato aggiunto l'aggettivo ponziano, dal nome dell'isola più grande.Basterebbe dare una occhiata agli scrittori classici latini.
Ponza e le altre isole dell'arcipelago non hanno niente da vedere, non hanno nulla in comune, non hanno niente da spàrtere con la parola pontino. "Pontino è un aggettivo (dal latino Pompitinus o Pontinus) relativo o appartenente a una zona del Lazio meridionale che si estende dai Monti Lepini al Tirreno e dai rilievi dei colli Albani e Terracina che va sotto il nome di Regione pontina, Agro pontino, Pludi pontine". Questo è quanto riporta il Vocabolario della lingua italiana edito dalla Treccani."
"...Le isole ponziane non hanno niente in comune con il Lazio e mi meraviglio di chi la pensa diversamente. queste isole furono strappate, sì, c'è state u scippe, dalla Campania e inserite nel Lazio quando Mussolini, nel 1934, fondò la città di Littoria, facendola diventare provincia. Per arricchirla di comuni scipparono la parte nord della Campania, tra cui Formia, Gaeta, i paesi limitrofi e una parte delle isole partenopee, come una volta si usava definire anche le isole ponziane."
"...Gli scrittori latini scrivevano "insulae Pontiae" per rappresentare tutto il gruppo di isole che una parte si trovava a nord e l'altra a sud del golfo di Gaeta. Essi si accaparrarono una precedente denominazione greca. I greci sono stati a Ponza, lasciando orme del loro passaggio, molto prima dei romani. Le isole erano sulla rotta delle loro navi commerciali. La posizione strategica di Ponza nel centro del Tirreno era molto importante per le navi greche che potevano rifugiarsi durante i temporali o potevano rifornirsi di acqua o altro.
Alle isole i greci non potettero non dare un nome, e le chiamarono Pente Nesoi là dove Pente equivaleva a cinque e Nesoi a isole. I successivi invasori, Volsci Olsci e poi i Romani, modificarono il nome che da Pente passò a Pontia, cioè Ponza. Ventotene in quella circostanza fu chiamata Pandataria dal genitivo di Pentas-Pentatos più il suffisso aria, come sostiene il Castricino nel suo "Toponomastica greca delle isole ponziane e delle paludi pontine".
Condivido le parole di Ernesto anche perchè già il Tricoli scrive, nell'Ottocento, Monografia alle isole del Gruppo Ponziano e ancor prima il Dolomieu con Mèmoire sur Les iles Ponces (Memoria sulle Isole Ponziane).
Quindi cerchiamo di non sbagliare più...le nostre isole fanno parte dell'Arcipelago Ponziano.
L'isola di Ponza
L'isola di Palmarola
In lontananza l'isola di Zannone con i colori dell'alba
(Foto di Rossano Di Loreto)
L'isola di Ventotene
(Foto dalla pagina Facebook VentoteneMia)
L'isola di Santo Stefano
(Foto dalla pagina Facebook AmoVentotene)
Pagine
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giovedì 31 maggio 2018
domenica 27 maggio 2018
'A ravoste
'A ravoste è il nome con cui, nel dialetto ponzese, viene chiamata l'aragosta.
Ecco cosa scrive a tal proposito Ernesto Prudente: "E' tra le cose più nobili che possano arricchire la nostra tavola. Ha rappresentato per Ponza, nel passato, l'attività pescatoria più rilevante. Parecchie case sono state costruite con il lavoro degli aragostai.
L'aragosta è un crostaceo che vive da 15 ai 100 metri di profondità, ma può scendere anche a profondità maggiori. Il corpo robusto, di forma cilindrica, e può raggiungere anche i 50 cm. di lunghezza. Le più grosse aragoste pescate dai nostri pescatori hanno avuto un peso oscillante dai 4 ai 5 Kg..."
"...Il suo colore è rosso violetto. Vive nelle zone rocciose. Si nutre di ricci e molluschi.
Nemico acerrimo dell'aragosta è il polipo. Per due persone che si odiano è stato coniato il detto:"Me parene u purpe e a ravoste".Viene attivamente ricercata e pescata per il suo alto prezzo dovuto alla pregiatezza delle sue carni.
La pesca dell'aragosta non si svolgeva globalmente nel mare di Ponza perchè non c'era spazio per tutti e molti pescatori erano costretti a trasferirsi in diverse zone d'Italia per svolgere l'attività.
La Sardegna era il luogo dove confluiva il maggior numero di barche e pescatori ponzesi.
Essi partivano da Ponza nella prima decade di marzo e rientravano a settembre..."
Le barche da pesca, gozzi, con gli equipaggi, in media quattro marinai per barca, venivano trasportate in Sardegna con le "mbrucchièlle" e quando queste non erano ancora pronte venivano caricate sulle navi mercantili che svolgevano regolari servizi tra i porti della Campania e quelli sardi per l'approvvigionamento dell'isola con derrate alimentari di ogni genere, terraglie, stoviglie, ceramiche e tante altre cose. In Sardegna caricavano per il continente formaggio, sughero, bestiame e cozze.
La vita, durante i sei mesi di pesca, si svolgeva sul piccolo gozzo.
Questi pescatori si dedicavano esclusivamente alla pesca delle aragoste. L'attrezzo di pesca era la nassa. La nassa adibita alla pesca delle aragoste era di media grandezza e con maglie non molto spesse..."
"...Le aragoste pescate venivano poste in una nassa particolare, più consistente, "u marruffe" che serviva da deposito e da cui poi venivano prelevate per la vendita ai bastimenti vivai ( mbrucchièlle) che le trasportavano nei porti di mercato: Marsiglia, Genova e Barcellona."
Le aragoste
(Foto di Rossano Di Loreto, maggio 2015)
Benedetto Sandolo mentre realizza una nassa
Una nassa
(Estate 2015)
Ecco cosa scrive a tal proposito Ernesto Prudente: "E' tra le cose più nobili che possano arricchire la nostra tavola. Ha rappresentato per Ponza, nel passato, l'attività pescatoria più rilevante. Parecchie case sono state costruite con il lavoro degli aragostai.
L'aragosta è un crostaceo che vive da 15 ai 100 metri di profondità, ma può scendere anche a profondità maggiori. Il corpo robusto, di forma cilindrica, e può raggiungere anche i 50 cm. di lunghezza. Le più grosse aragoste pescate dai nostri pescatori hanno avuto un peso oscillante dai 4 ai 5 Kg..."
"...Il suo colore è rosso violetto. Vive nelle zone rocciose. Si nutre di ricci e molluschi.
Nemico acerrimo dell'aragosta è il polipo. Per due persone che si odiano è stato coniato il detto:"Me parene u purpe e a ravoste".Viene attivamente ricercata e pescata per il suo alto prezzo dovuto alla pregiatezza delle sue carni.
La pesca dell'aragosta non si svolgeva globalmente nel mare di Ponza perchè non c'era spazio per tutti e molti pescatori erano costretti a trasferirsi in diverse zone d'Italia per svolgere l'attività.
La Sardegna era il luogo dove confluiva il maggior numero di barche e pescatori ponzesi.
Essi partivano da Ponza nella prima decade di marzo e rientravano a settembre..."
Le barche da pesca, gozzi, con gli equipaggi, in media quattro marinai per barca, venivano trasportate in Sardegna con le "mbrucchièlle" e quando queste non erano ancora pronte venivano caricate sulle navi mercantili che svolgevano regolari servizi tra i porti della Campania e quelli sardi per l'approvvigionamento dell'isola con derrate alimentari di ogni genere, terraglie, stoviglie, ceramiche e tante altre cose. In Sardegna caricavano per il continente formaggio, sughero, bestiame e cozze.
La vita, durante i sei mesi di pesca, si svolgeva sul piccolo gozzo.
Questi pescatori si dedicavano esclusivamente alla pesca delle aragoste. L'attrezzo di pesca era la nassa. La nassa adibita alla pesca delle aragoste era di media grandezza e con maglie non molto spesse..."
"...Le aragoste pescate venivano poste in una nassa particolare, più consistente, "u marruffe" che serviva da deposito e da cui poi venivano prelevate per la vendita ai bastimenti vivai ( mbrucchièlle) che le trasportavano nei porti di mercato: Marsiglia, Genova e Barcellona."
Le aragoste
(Foto di Rossano Di Loreto, maggio 2015)
Benedetto Sandolo mentre realizza una nassa
Una nassa
(Estate 2015)
venerdì 25 maggio 2018
'U Casecavallo
Vicino alla Ravia, entrando nel porto di Ponza, c'è uno scoglio dalla forma particolare e, a tal proposito, leggiamo cosa scrive Luigi Sandolo nel libro "Su e giù per Ponza":
"E' uno scoglio che sembra una mano con il dito puntato verso il cielo.
L'erosione ha trasformato questo scoglio il quale ancora nei primi anni di questo secolo veniva indicato con una grossolana qualifica.
Si raccontava che le donne sterili vi andassero in pellegrinaggio di notte considerandolo un talismano. In una notte tempestosa un fulmine, la pioggia torrenziale o le onde del mare ne fecero crollare la sommità mettendo fine alla superstizione.
Chi scrive ricorda che la sommità della scoglio era stagliata a forma di fungo e si bisbigliava il nome di un'anziana sposa resa felice dalla nascita di un figlio dopo un notturno pellegrinaggio al talismano."
Nota:
Luigi Sandolo quando scrive dei primi anni di questo secolo si riferisce al 1900
Qualche foto in cui si vede lo scoglio 'u Casecavallo
Vicino alla Ravia svetta lo scoglio Casecavallo
(Foto di Rossano Di Loreto)
'U Casecavallo con la sua forma caratteristica
In primo piano 'u Casecavallo
(Estate 2014)
'U Casecavallo
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
"E' uno scoglio che sembra una mano con il dito puntato verso il cielo.
L'erosione ha trasformato questo scoglio il quale ancora nei primi anni di questo secolo veniva indicato con una grossolana qualifica.
Si raccontava che le donne sterili vi andassero in pellegrinaggio di notte considerandolo un talismano. In una notte tempestosa un fulmine, la pioggia torrenziale o le onde del mare ne fecero crollare la sommità mettendo fine alla superstizione.
Chi scrive ricorda che la sommità della scoglio era stagliata a forma di fungo e si bisbigliava il nome di un'anziana sposa resa felice dalla nascita di un figlio dopo un notturno pellegrinaggio al talismano."
Nota:
Luigi Sandolo quando scrive dei primi anni di questo secolo si riferisce al 1900
Qualche foto in cui si vede lo scoglio 'u Casecavallo
Vicino alla Ravia svetta lo scoglio Casecavallo
(Foto di Rossano Di Loreto)
'U Casecavallo con la sua forma caratteristica
In primo piano 'u Casecavallo
(Estate 2014)
'U Casecavallo
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
mercoledì 23 maggio 2018
Maria Di Fazio
Maria Di Fazio era una donna che fino a qualche anno fa gestiva un negozio di alimentari sulla Banchina, una vera imprenditrice.
Un pezzo di storia dell'isola di Ponza che purtroppo ci ha lasciato nel novembre 2016.
Chi non la ricorda...
Ha lavorato nel negozio insieme a sua madre Assuntina anche lei una persona dolcissima.
Maria nonostante le traversie della vita aveva sempre il sorriso sulle labbra e due occhi vivaci.
Voglio ricordarla con queste foto che ha scattato mia figlia, Marianna, in occasione della piccola processione che si svolge il 20 luglio con la statua di San Silverio, sono del 2015.
Maria porta la reliquia di San Silverio.
Maria nonostante le traversie della vita aveva sempre il sorriso sulle labbra e due occhi vivaci.
Voglio ricordarla con queste foto che ha scattato mia figlia, Marianna, in occasione della piccola processione che si svolge il 20 luglio con la statua di San Silverio, sono del 2015.
Maria porta la reliquia di San Silverio.
Foto di Marianna Licari, 20 luglio 2015
Maria Di Fazio con la madre Assuntina nel loro negozio
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
domenica 20 maggio 2018
I passarièlli
Il termine passarièlle nel dialetto ponzese significa passero.
Ci descrive i passarièlli Ernesto Prudente così: " Gli alberi della piazza sono il loro albergo.
A sera lasciano la campagna e, a stormi, scendono tra i lecci. Per alcuni minuti c'è un bisbiglio infernale poi, quando calano le tenebre, un silenzio profondo.
Alcuni anni fa potarono i lecci e si ebbe modo di assistere a uno spettacolo incredibile: al rientro serale picchiavano come al solito, e non trovando la chioma degli alberi ripetevano l'operazione più volte fino a rendersi conto che l loro rifugio notturno era sparito e allora si rifugiavano su due alberi che stanno sulla chiesa.
Come fa giorno si alzano in volo e prendono la via della campagna. Tutti meno uno che rimane sempre in piazza perchè sa che trova da mangiare. Gli sminuzzo a spaglio un dolcetto e lui becca."
Tanti anni fa mentre ero a Ponza ho assistito al rientro dei passarièlli che non trovarono più la chioma degli alberi della piazza perchè era stata tagliata.
Mia figlia Marianna era piccola ed insieme a nonno Ciro, mio padre, stava nel balcone di casa ad aspettare il rientro dei passarièlli per vedere cosa combinavano.
Ne ha ancora un vago ricordo...
Isola di Ponza, si vedono gli alberi della piazza dove di sera i passeri vanno a dormire
(Foto di Rossano Di Loreto aprile 2018)
Anche da questa angolazione si vedono gli alberi della piazza
I passarièlli si rifugiarono sugli alberi vicino alla chiesa
(Foto di Rossano Di Loreto, 2015)
U passarièlle
Ci descrive i passarièlli Ernesto Prudente così: " Gli alberi della piazza sono il loro albergo.
A sera lasciano la campagna e, a stormi, scendono tra i lecci. Per alcuni minuti c'è un bisbiglio infernale poi, quando calano le tenebre, un silenzio profondo.
Alcuni anni fa potarono i lecci e si ebbe modo di assistere a uno spettacolo incredibile: al rientro serale picchiavano come al solito, e non trovando la chioma degli alberi ripetevano l'operazione più volte fino a rendersi conto che l loro rifugio notturno era sparito e allora si rifugiavano su due alberi che stanno sulla chiesa.
Come fa giorno si alzano in volo e prendono la via della campagna. Tutti meno uno che rimane sempre in piazza perchè sa che trova da mangiare. Gli sminuzzo a spaglio un dolcetto e lui becca."
Tanti anni fa mentre ero a Ponza ho assistito al rientro dei passarièlli che non trovarono più la chioma degli alberi della piazza perchè era stata tagliata.
Mia figlia Marianna era piccola ed insieme a nonno Ciro, mio padre, stava nel balcone di casa ad aspettare il rientro dei passarièlli per vedere cosa combinavano.
Ne ha ancora un vago ricordo...
Isola di Ponza, si vedono gli alberi della piazza dove di sera i passeri vanno a dormire
(Foto di Rossano Di Loreto aprile 2018)
Anche da questa angolazione si vedono gli alberi della piazza
I passarièlli si rifugiarono sugli alberi vicino alla chiesa
(Foto di Rossano Di Loreto, 2015)
U passarièlle
venerdì 18 maggio 2018
Un antico mestiere: 'u conciatiane
Qualche tempo fa, nella trasmissione preserale L'Eredità, Carlo Conti chiedeva al concorrente che mestiere facesse 'u conciatiane.
Lo racconta bene Luigi Sandolo nel libro Su e giù per Ponza così: "Gli utensili di cucina, che erano quasi tutti di creta, quando avevano una spaccatura erano acconciati da chi esercitava il mestiere di conciatiane il quale con un trapano e filo di ferro le sanava. 'E tiane sono i tegami."
Un tempo si riparava un oggetto oggi si butta tutto.
Quello del conciatiane è un mestiere scomparso.
Ernesto Prudente ricorda bene questa figura che era piccolo di statura, portava un paio di occhialini tenuti da due piccole stanghette di filo di ferro. Girava sempre con una piccola cassetta a tracolla. Conteneva i ferri del mestiere: il trapano, la tenaglia, la pinza, il martello, la lima, il filo di ferro, il gesso e la calce.
Uno dei tanti mestieri di un tempo...
La Ponza di un tempo...Corso Principe di Napoli oggi Corso Carlo Pisacane
Barche ancorate all'isola di Ponza
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
'U tiane (tegame di terracotta) che un tempo veniva riparato da 'u conciatiane
Lo racconta bene Luigi Sandolo nel libro Su e giù per Ponza così: "Gli utensili di cucina, che erano quasi tutti di creta, quando avevano una spaccatura erano acconciati da chi esercitava il mestiere di conciatiane il quale con un trapano e filo di ferro le sanava. 'E tiane sono i tegami."
Un tempo si riparava un oggetto oggi si butta tutto.
Quello del conciatiane è un mestiere scomparso.
Ernesto Prudente ricorda bene questa figura che era piccolo di statura, portava un paio di occhialini tenuti da due piccole stanghette di filo di ferro. Girava sempre con una piccola cassetta a tracolla. Conteneva i ferri del mestiere: il trapano, la tenaglia, la pinza, il martello, la lima, il filo di ferro, il gesso e la calce.
Uno dei tanti mestieri di un tempo...
La Ponza di un tempo...Corso Principe di Napoli oggi Corso Carlo Pisacane
Barche ancorate all'isola di Ponza
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
'U tiane (tegame di terracotta) che un tempo veniva riparato da 'u conciatiane
martedì 15 maggio 2018
Ernesto Prudente un grande personaggio ponzese
Ernesto Prudente potremmo definirlo il Re di Palmarola, isola che amava in modo sviscerato, dove trascorreva lunghi periodi in solitudine però mai in estate.
Ha scritto tanti libri in cui ha raccontato dell'arcipelago Ponziano spaziando in tutti i campi possibili...la storia, le tradizioni, la cucina, gli aneddoti, i proverbi e leggendo quelle pagine sembra di sentire la sua voce.
Così facendo ha cercato di tramandare il suo sapere.
La sua vita lavorativa l'ha trascorsa stando in contatto con i ragazzi perchè era un maestro elementare a cui ha dato molto, oltre al sapere tante perle di saggezza.
Un maestro di scuola e di vita!!!
Anche nella vita isolana è stato un personaggio di spicco...ha dato notevoli contributi in tante vicende...solo per raccontarne una, citata anche nei suoi libri, quella della chiusura della miniera.
Ernesto, distinto signore dagli occhi azzurri ci ha lasciati nel settembre del 2012 ma il suo ricordo è sempre vivo nella comunità ponzese.
Hanno scritto di lui:
Da Nautica, novembre 2001:
"Ponza ed Ernesto Prudente sono un binomio inscindibile. Insegnante sull'isola natia per decenni è la memoria storica dell'arcipelago che comprende anche Palmarola, a cui lo lega un amore viscerale. Qui lui vive per almeno sei mesi l'anno, qui raccoglie minerali e ossidiane, i suoi appunti storici e gli scritti di quanti con l'arcipelago hanno avuto a che fare."
Ed ancora Il Messaggero 15 giugno 2000, Pier Giacomo Sottoriva:
"Ernesto Prudente...E' ormai il deposito della Ponzesità, lo scrigno del Buon Ricordo isolano, il cercatore dell'oro dei detti, motti, saggezze e minuzie, usi racconti e miti, invenzioni e verità. Insomma, di tutto "quanto fa isola".
Così lo descrive Davide Desario in Voglia di mare settembre/ottobre 2000:
"...E' l'unico abitante di Palmarola. Ha settantatre anni e vive in completa solitudine in una piccola casetta su una delle cime più alte dell'isola ponziana. Le sue giornate le trascorre a scrivere libri, a raccogliere asparagi e a parlare con la natura. Si chiama Ernesto Prudente e la sua vita è tutta da raccontare."
Ernesto Prudente
Ernesto Prudente con Giannino Conte in divisa da collegiale, 1941, due pilastri dell'istruzione ponzese
(Dal libro "PONZA il tempo della storia e quello del silenzio" di Ernesto Prudente)
Un giovane maestro Ernesto con una scolaresca
Ernesto con la maestra Giovanna Conte
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Ha scritto tanti libri in cui ha raccontato dell'arcipelago Ponziano spaziando in tutti i campi possibili...la storia, le tradizioni, la cucina, gli aneddoti, i proverbi e leggendo quelle pagine sembra di sentire la sua voce.
Così facendo ha cercato di tramandare il suo sapere.
La sua vita lavorativa l'ha trascorsa stando in contatto con i ragazzi perchè era un maestro elementare a cui ha dato molto, oltre al sapere tante perle di saggezza.
Un maestro di scuola e di vita!!!
Anche nella vita isolana è stato un personaggio di spicco...ha dato notevoli contributi in tante vicende...solo per raccontarne una, citata anche nei suoi libri, quella della chiusura della miniera.
Ernesto, distinto signore dagli occhi azzurri ci ha lasciati nel settembre del 2012 ma il suo ricordo è sempre vivo nella comunità ponzese.
Hanno scritto di lui:
Da Nautica, novembre 2001:
"Ponza ed Ernesto Prudente sono un binomio inscindibile. Insegnante sull'isola natia per decenni è la memoria storica dell'arcipelago che comprende anche Palmarola, a cui lo lega un amore viscerale. Qui lui vive per almeno sei mesi l'anno, qui raccoglie minerali e ossidiane, i suoi appunti storici e gli scritti di quanti con l'arcipelago hanno avuto a che fare."
Ed ancora Il Messaggero 15 giugno 2000, Pier Giacomo Sottoriva:
"Ernesto Prudente...E' ormai il deposito della Ponzesità, lo scrigno del Buon Ricordo isolano, il cercatore dell'oro dei detti, motti, saggezze e minuzie, usi racconti e miti, invenzioni e verità. Insomma, di tutto "quanto fa isola".
Così lo descrive Davide Desario in Voglia di mare settembre/ottobre 2000:
"...E' l'unico abitante di Palmarola. Ha settantatre anni e vive in completa solitudine in una piccola casetta su una delle cime più alte dell'isola ponziana. Le sue giornate le trascorre a scrivere libri, a raccogliere asparagi e a parlare con la natura. Si chiama Ernesto Prudente e la sua vita è tutta da raccontare."
Ernesto Prudente
Ernesto Prudente con Giannino Conte in divisa da collegiale, 1941, due pilastri dell'istruzione ponzese
(Dal libro "PONZA il tempo della storia e quello del silenzio" di Ernesto Prudente)
Un giovane maestro Ernesto con una scolaresca
Ernesto con la maestra Giovanna Conte
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
sabato 12 maggio 2018
La festa della mamma...un pò di storia
Anticamente questa festa era legata al culto di divinità della fertilità dai popoli politeisti e veniva celebrata nel periodo di passaggio della natura dall'inverno all'estate.
In Inghilterra nel diciassettesimo secolo cominciò l'usanza di festeggiare il Mothering Sunday con rose rosse da regalare alle mamme.
Nel primo Novecento arrivò negli Stati Uniti grazie ad Anna M. Jarvis che dopo la morte di sua madre, a cui era particolarmente legata, inviò lettere al Congresso per fare istituire una Festa Nazionale dedicata alle mamme. Nel 1914 il presidente W.Wilson istituì il Mother's Day.
Anna Jarvis propose come simbolo della festa il garofano, fiore preferito da sua madre, rosso per le mamme in vita, bianco per quelle scomparse.
In Italia la mamma fu festeggiata per la prima volta nel 1957 da don Otello Mignosi, nel piccolo borgo di Tordibetto, vicino Assisi. Ogni anno si festeggia la seconda domenica di maggio.
I simboli scelti, di colore rosso, sono il cuore e la rosa, fiore che rappresenta l'amore, la bellezza e l'affetto materno.
Un ricordo personale della festa della mamma che mi riporta all'infanzia...
Eravamo verso la fine degli anni sessanta, si cominciava a festeggiare questa ricorrenza anche a Ponza ed io volevo fare un regalo alla mia mamma. Avevo adocchiato nella vetrina dell'Emporio Musella un qualcosa che, credevo, potesse piacere a mia madre. Quando mi resi conto che anche un'altra bambina lo aveva puntato per fare il regalo a sua madre corsi subito a comprarlo.
Mica mi potevo far soffiare il regalo...
Questa cosa mi è rimasta impressa nella mente...
Auguri a tutte le mamme!!!
Tanti auguri alla mia mamma Elvira che ancora oggi ci regala perle di saggezza!!!
In questa foto io sono la piccolina in braccio a mamma Elvira, accanto mio padre Ciro e mia sorella Olimpia
La madre
La madre è un angelo che ci guarda
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita,
il nostro capo fra le sue ginocchia
la nostra anima nel suo cuore:
ci dà il suo latte quando siamo piccini,
il suo pane quando siamo grandi
e la sua vita sempre.
Victor Hugo
In Inghilterra nel diciassettesimo secolo cominciò l'usanza di festeggiare il Mothering Sunday con rose rosse da regalare alle mamme.
Nel primo Novecento arrivò negli Stati Uniti grazie ad Anna M. Jarvis che dopo la morte di sua madre, a cui era particolarmente legata, inviò lettere al Congresso per fare istituire una Festa Nazionale dedicata alle mamme. Nel 1914 il presidente W.Wilson istituì il Mother's Day.
Anna Jarvis propose come simbolo della festa il garofano, fiore preferito da sua madre, rosso per le mamme in vita, bianco per quelle scomparse.
In Italia la mamma fu festeggiata per la prima volta nel 1957 da don Otello Mignosi, nel piccolo borgo di Tordibetto, vicino Assisi. Ogni anno si festeggia la seconda domenica di maggio.
I simboli scelti, di colore rosso, sono il cuore e la rosa, fiore che rappresenta l'amore, la bellezza e l'affetto materno.
Un ricordo personale della festa della mamma che mi riporta all'infanzia...
Eravamo verso la fine degli anni sessanta, si cominciava a festeggiare questa ricorrenza anche a Ponza ed io volevo fare un regalo alla mia mamma. Avevo adocchiato nella vetrina dell'Emporio Musella un qualcosa che, credevo, potesse piacere a mia madre. Quando mi resi conto che anche un'altra bambina lo aveva puntato per fare il regalo a sua madre corsi subito a comprarlo.
Mica mi potevo far soffiare il regalo...
Questa cosa mi è rimasta impressa nella mente...
Auguri a tutte le mamme!!!
Tanti auguri alla mia mamma Elvira che ancora oggi ci regala perle di saggezza!!!
In questa foto io sono la piccolina in braccio a mamma Elvira, accanto mio padre Ciro e mia sorella Olimpia
La madre
La madre è un angelo che ci guarda
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita,
il nostro capo fra le sue ginocchia
la nostra anima nel suo cuore:
ci dà il suo latte quando siamo piccini,
il suo pane quando siamo grandi
e la sua vita sempre.
Victor Hugo
venerdì 11 maggio 2018
Santa Domitilla a Ponza...tra culto e archeologia
La chiesa di Ponza porto è dedicata non solo a San Silverio ma anche a Santa Domitilla la cui festa ricorre il 12 maggio. La statua della Santa viene portata dalle donne in processione per le strade dell'isola.
Santa Domitilla era una principessa imperiale relegata a Ponza e bruciata viva a Terracina.
Sotto la chiesa c'è una grotta e si ritiene che fosse la cella di Santa Domitilla e così la descrive il Dies in "Ponza perla di Roma": "Sotto il piazzale della chiesa parrocchiale c'è una sequela di grotte. Forse furono antiche cave di tufo da costruzione e poi depositi portuali. Ovunque, tra le rocce franate, si osserva l'opera del piccone romano, contrassegnata in quelle piccole gallerie dal tipico taglio dell'epoca. Nelle vicinanze del porto era la così detta Martiria di Santa Domitilla. La tradizione antichissima s'appoggia a San Girolamo e al commento del Baronio al Martirologio Romano. Infatti ai 12 di Maggio, festa della Santa, il Baronio annota che, in viaggio verso la Palestina, il santo Dottore, in compagnia della matrona Santa Paola e della figlia di questa, santa Eustochio, quando fu in vista di Ponza, fece dirottare la nave verso il nostro porto e si volle fermare qui alcuni giorni, per venerare le celle dei Santi Domitilla, Nereo ed Achilleo."
E poi ancora Dies: " Il Tricoli riporta la tradizione e opina che le celle dei santi Martiri trovavansi tra le così dette grotte di Pilato e l'attuale porto, senza aggiungere altro. Quindici anni fa, per una frana avvenuta nel piazzale della chiesa, restò distrutto un ampio grottone sottostante, ove si raccoglievano le spazzature del paese. Sulla parete di quella grotta, alcuni avevano osservato emblemi di questo genere: palme, lettere greche, segni cristiani, come il RO crociato ecc... tutti scalfiti nel tufo. Sgombrati i rottami e l'immonda congerie, nel fondo della grotta apparve un'altra grotticella molto carezzata da un piccone posteriore a quello romano che, con una finestrella di classico tipo aveva sagomato un bell'arco, dall'aspetto trionfale, che univa i due vani. In questa seconda grotta è visibile un giaciglio di tufo, a sinistra alto dal suolo cm. 40 e ampio m. 2 x o,60. Il secondo piccone sul bell'arco dell'ingresso, aveva sbalzato un medaglione e in esso profondamente graffita una corona a tre punte:l'antica corona imperiale."
Scrive ancora: "In questa grotta, che per la festa del 12 Maggio trasformiamo in una serra di rose e illuminiamo con lampade suggestive, siamo soliti ora trasportare processionalmente la statua della Santa e la piccola reliquia del suo sacro corpo, che vi restano esposte fino a sera, quando recando ciascuno un fiore, risaliamo in chiesa".
Santa Domitilla nella grotta sotto la chiesa
L'interno della grotta di Santa Domitilla
Il giaciglio di tufo di Santa Domitilla
La statua è portata in processione dalle donne
La Santa in processione
(Foto di Giovanni Pacifico anno 2013)
Santa Domitilla era una principessa imperiale relegata a Ponza e bruciata viva a Terracina.
Sotto la chiesa c'è una grotta e si ritiene che fosse la cella di Santa Domitilla e così la descrive il Dies in "Ponza perla di Roma": "Sotto il piazzale della chiesa parrocchiale c'è una sequela di grotte. Forse furono antiche cave di tufo da costruzione e poi depositi portuali. Ovunque, tra le rocce franate, si osserva l'opera del piccone romano, contrassegnata in quelle piccole gallerie dal tipico taglio dell'epoca. Nelle vicinanze del porto era la così detta Martiria di Santa Domitilla. La tradizione antichissima s'appoggia a San Girolamo e al commento del Baronio al Martirologio Romano. Infatti ai 12 di Maggio, festa della Santa, il Baronio annota che, in viaggio verso la Palestina, il santo Dottore, in compagnia della matrona Santa Paola e della figlia di questa, santa Eustochio, quando fu in vista di Ponza, fece dirottare la nave verso il nostro porto e si volle fermare qui alcuni giorni, per venerare le celle dei Santi Domitilla, Nereo ed Achilleo."
E poi ancora Dies: " Il Tricoli riporta la tradizione e opina che le celle dei santi Martiri trovavansi tra le così dette grotte di Pilato e l'attuale porto, senza aggiungere altro. Quindici anni fa, per una frana avvenuta nel piazzale della chiesa, restò distrutto un ampio grottone sottostante, ove si raccoglievano le spazzature del paese. Sulla parete di quella grotta, alcuni avevano osservato emblemi di questo genere: palme, lettere greche, segni cristiani, come il RO crociato ecc... tutti scalfiti nel tufo. Sgombrati i rottami e l'immonda congerie, nel fondo della grotta apparve un'altra grotticella molto carezzata da un piccone posteriore a quello romano che, con una finestrella di classico tipo aveva sagomato un bell'arco, dall'aspetto trionfale, che univa i due vani. In questa seconda grotta è visibile un giaciglio di tufo, a sinistra alto dal suolo cm. 40 e ampio m. 2 x o,60. Il secondo piccone sul bell'arco dell'ingresso, aveva sbalzato un medaglione e in esso profondamente graffita una corona a tre punte:l'antica corona imperiale."
Scrive ancora: "In questa grotta, che per la festa del 12 Maggio trasformiamo in una serra di rose e illuminiamo con lampade suggestive, siamo soliti ora trasportare processionalmente la statua della Santa e la piccola reliquia del suo sacro corpo, che vi restano esposte fino a sera, quando recando ciascuno un fiore, risaliamo in chiesa".
Santa Domitilla nella grotta sotto la chiesa
L'interno della grotta di Santa Domitilla
Il giaciglio di tufo di Santa Domitilla
La statua è portata in processione dalle donne
La Santa in processione
(Foto di Giovanni Pacifico anno 2013)
mercoledì 9 maggio 2018
La lavanda con i fiori
C'è un'antica tradizione, a Ponza, il mattino dell'Ascensione, quella della lavanda con i fiori.
Ne ho già scritto in un altro post, vedi qui.
Due giorni prima della festa dell'Ascensione, giorno in cui si ricorda l'ascesa di Gesù in cielo, si mettono a bagno, in un catino, petali di rose e di ginestre, rametti o foglie di erbe profumate come la salvia, il rosmarino, la citronella ed ancora due o tre spighe di grano.
Il mattino dell'Ascensione ci si bagna il viso con questa acqua profumata e si recitano tre Gloria in onore del Signore.
Mi sembra di ritornare bambina...quanti ricordi...
L'isola di Ponza
Santa Maria, isola di Ponza
Una bella rosa gialla
Ginestre
(Foto di Rossano Di Loreto)
Petali di rose
Spighe di grano
Ne ho già scritto in un altro post, vedi qui.
Due giorni prima della festa dell'Ascensione, giorno in cui si ricorda l'ascesa di Gesù in cielo, si mettono a bagno, in un catino, petali di rose e di ginestre, rametti o foglie di erbe profumate come la salvia, il rosmarino, la citronella ed ancora due o tre spighe di grano.
Il mattino dell'Ascensione ci si bagna il viso con questa acqua profumata e si recitano tre Gloria in onore del Signore.
Mi sembra di ritornare bambina...quanti ricordi...
L'isola di Ponza
Santa Maria, isola di Ponza
Una bella rosa gialla
Ginestre
(Foto di Rossano Di Loreto)
Petali di rose
Spighe di grano
lunedì 7 maggio 2018
'U vòje marine
Un tempo nelle acque dell'isola di Ponza, fino agli anni '40, era di casa la foca monaca.
Nel dialetto ponzese veniva chiamata 'u vòje marine (bue marino) perchè muggiva rumorosamente.
Si rifugiava negli anfratti e nelle grotte dell'isola, anche in quelle sotto la Torre, era però la disperazione dei pescatori perché rubava il pescato e distruggeva le reti.
'U vòje marine era goloso d'uva e la depredava dai vigneti posti vicino a qualche spiaggia o riva.
Un contadino che aveva la vigna vicino alla spiaggia di Frontone aveva notato che qualcuno, ogni notte, gli rubava l'uva.
Una notte si appostò per smascherare il ladruncolo e con stupore scoprì che era ' u vòje marine.
Si racconta anche che un esemplare di vòje marine salendo gli scogli di Punta Rossa giunse fino in Piazza Gaetano Vitiello (Punta Bianca)
Poi anche a Ponza la foca monaca come in altri posti del Mediterraneo è scomparsa.
Solo qualche sporadico avvistamento, l'ultimo a settembre del 2009 nei pressi dell'isolotto di Gavi.
La spiaggia di Frontone dove il contadino aveva la vigna
(Foto di Rossano Di Loreto)
'U vòje marine
L'uva
Da qui 'u vòje marine salì in piazza Gaetano Vitiello
Altra foto delle scalette per salire a piazza Gaetano Vitiello
Grotte sotto la Torre
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
Si rifugiava negli anfratti e nelle grotte dell'isola, anche in quelle sotto la Torre, era però la disperazione dei pescatori perché rubava il pescato e distruggeva le reti.
'U vòje marine era goloso d'uva e la depredava dai vigneti posti vicino a qualche spiaggia o riva.
Un contadino che aveva la vigna vicino alla spiaggia di Frontone aveva notato che qualcuno, ogni notte, gli rubava l'uva.
Una notte si appostò per smascherare il ladruncolo e con stupore scoprì che era ' u vòje marine.
Si racconta anche che un esemplare di vòje marine salendo gli scogli di Punta Rossa giunse fino in Piazza Gaetano Vitiello (Punta Bianca)
Poi anche a Ponza la foca monaca come in altri posti del Mediterraneo è scomparsa.
Solo qualche sporadico avvistamento, l'ultimo a settembre del 2009 nei pressi dell'isolotto di Gavi.
La spiaggia di Frontone dove il contadino aveva la vigna
(Foto di Rossano Di Loreto)
'U vòje marine
L'uva
Da qui 'u vòje marine salì in piazza Gaetano Vitiello
Altra foto delle scalette per salire a piazza Gaetano Vitiello
Grotte sotto la Torre
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
venerdì 4 maggio 2018
Principi e principesse in visita a Ponza...una foto di tanti anni fa
Maria Gabriella di Savoia, in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera, al giornalista che le chiedeva se avesse avuto una love story con Juan Carlos di Borbone, futuro Re di Spagna, racconta così: "...eravamo molto giovani, come due fidanzatini, sempre assieme, mano nella mano...e siamo rimasti molto legati, lui è speciale, ci siamo rivisti di recente:"
In questa foto c'è la famiglia Parisi insieme ad altre persone, con il fazzoletto in testa la principessa Maria Gabriella di Savoia. Vicino a Veruccio mi sembra proprio Juan Carlos.
La foto è stata scattata a Ponza.
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)
In questa foto c'è la famiglia Parisi insieme ad altre persone, con il fazzoletto in testa la principessa Maria Gabriella di Savoia. Vicino a Veruccio mi sembra proprio Juan Carlos.
La foto è stata scattata a Ponza.
(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)